La politica della Cultura
Si parla tanto di guerra perché fa parte dell’attualità. Ma certamente non è un elemento di novità portato dai tempi moderni.
È nella natura dell’uomo la tensione al dominio e al controllo. Da qui le grandi missioni di conquista che, nella Storia, hanno favorito la civilizzazione e il progresso economico e culturale di terre remote, e comunque la definizione di equilibri più o meno stabili e di demarcazione dei confini per come oggi li conosciamo.
Non è mai stata contemplata l’idea di puntare alla coesione e alla salvaguardia dell’unione dei popoli. Al più, sono state create alleanze, sempre per scopi di migliore affermazione del potere. Di solito a discapito delle popolazioni già in debolezza.
Giordania, Palestina, Israele, Ucraina. Paesi martoriati da decenni. Focolai alle origini di lontana memoria anche in Jugoslavia, Grecia, Turchia, Kosovo, Balcani, fino a Bielorussia e Mar Nero.
Battaglie alle quali il mondo assiste come se fosse un videogame.
La decisione di pochi potenti incide sulla vita di migliaia di persone. Causa di fame, malattie, carestie.
È difficile comprendere davvero la portata del dramma. Eppure i Paesi del G7, che dovrebbero lottare fortemente per la pace e per la democrazia, oggi spingono per nuovi investimenti in armi. Una corsa al rafforzamento militare, in disparte quello culturale.
Questo deve far pensare. E invece restiamo spettatori indifferenti, incapaci di reagire, o anche solo di indignarci.
L’impressione è che il mondo si prepari alla più grande delle guerre, alla sopravvivenza. Ed effettivamente è vicino il tempo in cui si porrà il problema della scarsità cronica di risorse come il petrolio, il gas, il carbone, i minerali preziosi.
In questo scenario, è centrale il ruolo di movimenti associativi culturali, che dovrebbero assumere forza trainante e saper condizionare le dinamiche di relazione, anche internazionali, facendo comprendere che, se un armamento oggi ci deve essere, deve essere quello del dialogo, dell’accordo.
L’intesa è sempre l’opzione migliore per salvare vite umane, per una politica degna di una civiltà progredita. Ma quello che si sta affermando è un gioco di alleanze che serve a far fronte a un sostanziale duopolio: Russia e Cina.
Di questo bisogna essere consapevoli. È una verità che si può trascurare.
Con il bagaglio difensivo di ogni Stato, oggi investire ancora in armi e non nell’integrazione tra popoli non ha senso. Serve una poderosa opera culturale, che coinvolga le ideologie, le religioni. Non è semplice. Ma è fondamentale per un domani diverso, per evitare questa guerra fratricida che si para all’orizzonte.
Si combatta una battaglia comune, che è quella della salvaguardia del nostro Pianeta. Il destino dipende da questo. Dalla volontà dei cittadini, dal contributo che ciascuno saprà apportare alla causa comune. Dalla consapevolezza di sé e dell’importanza del proprio apporto da parte dei singoli.
Tra una settimana Meritocrazia si riunirà a Vicenza per discutere di autonomia differenziata, per dimostrare che non è importante tanto capire se governare insieme o frazionati, quanto governare secondo competenza e con visione. Uno dei mali che affliggono la politica di oggi è la forte prevalenza dell’ego di alcuni; il potere affascina e cattura, e a volte altera le personalità e inquina i fini più nobili. La capacità di proteggersi e mantenersi fedeli ai propositi giusti si chiama cultura.