LA POVERTA’ ENERGETICA IN ITALIA

LA POVERTA’ ENERGETICA IN ITALIA

Una presa di coscienza

Se prendere coscienza dei problemi è certamente un primo passo per arrivare a risolverli, mettere mano alla normativa e trasformare le possibili soluzioni in provvedimenti legislativi costituisce il vero fattore di successo.

Nel caso della riqualificazione energetica degli edifici, questo assioma è facilmente dimostrabile, perlomeno in Italia.

Nonostante se ne parlasse da tempo, infatti, il concetto è divenuto tangibile quando, nella Finanziaria 2007, venne introdotta la possibilità di ottenere detrazioni fiscali per migliorare le performance energetiche degli edifici.
La stessa cosa vale per la povertà energetica: apparentemente un argomento nuovo, ma in realtà noto da almeno trent’anni nell’ambito della ricerca, e purtroppo da ancora più tempo a chi ne subisce gli effetti anche sul piano economico.

Nel 2018 l’Unione Europea ha introdotto la energy poverty nei propri provvedimenti e da lì in poi il concetto di povertà energetica è stato inserito in tutta la normativa di riferimento, incluso lo European Green Deal, il Climate&Energy Pack, la 2050 long-term strategy, e i provvedimenti previsti dalla Direttiva 844/2020 sulla prestazione energetica nell’edilizia e l’efficienza energetica.

L’Osservatorio europeo sulla povertà energetica ha stimato che, nei Paesi dell’Unione europea, circa 50 milioni di famiglie sono in condizioni di povertà energetica: concretamente, vuol dire che non possono permettersi di riscaldare la casa d’inverno o di rinfrescarla d’estate in maniera adeguata, o ancora che spendono più del 10% del loro reddito per pagare i servizi energetici.
Secondo i dati resi noti poche settimane fa dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), in base agli studi dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica (OIPE), più di 2,3 milioni di famiglie italiane vivrebbero in povertà energetica, circa l’8,8 per cento del totale nazionale.
La condizione di povertà energetica è determinata da una combinazione di molti fattori collegati tra loro, come il basso reddito, gli alti costi energetici e le strutture abitative non efficienti, per esempio con impianti obsoleti. Ci sono però molte altre variabili, che sono state approfondite e descritte nel secondo rapporto sulla povertà energetica in Italia, pubblicato di recente dall’OIPE.
L’OIPE ha svolto un’analisi di 140 edifici tipo distribuiti su tutto il territorio italiano, classificati per zona climatica, periodo di costruzione e tipologia di abitazione (monofamiliare, villetta a schiera, condominio di dimensioni medie o grande condominio). I ricercatori hanno poi tenuto conto di diversi altri parametri, come la dimensione delle unità abitative e il numero, l’età e il sesso dei componenti del nucleo familiare.

In generale, le regioni più interessate dalla povertà energetica nel Paese sono quelle del Sud Italia, in particolare Molise, Campania, Calabria, Basilicata e Sicilia. In queste regioni la frequenza del fenomeno supera il 24%. Questo dipende in parte dal clima, e in parte dalla situazione economica delle famiglie, come suggeriscono anche gli indici di povertà dell’Istat.

Secondo lo studio di OIPE, l’indice di povertà energetica è più elevato nelle aree scarsamente popolate (14,4%) rispetto a quelle densamente popolate (5,2%) e nei nuclei familiari in cui i capifamiglia hanno bassi titoli di studio, nazionalità extra-UE o tipologie di reddito diverse dal lavoro dipendente. I nuclei familiari più esposti al fenomeno sono quelli con 5 o più componenti e quelli col capofamiglia – inteso come la persona intestataria della scheda anagrafica familiare – sotto ai 35 anni e le donne soffrono una condizione di maggiore vulnerabilità rispetto agli uomini nella maggior parte delle famiglie considerate.
Il 41,6% delle famiglie italiane che vive in condizione di povertà energetica abita in meno di 70 metri quadri.
Come evidenzia il Rapporto annuale sull’efficienza energetica di ENEA dell’anno 2020, relativo al periodo dal 2014 al 2018, la percentuale delle famiglie in povertà energetica è stata in costante crescita, con un aumento dello 0,1% circa all’anno (ovvero circa 40.000 famiglie). Secondo un’indagine realizzata dall’Istituto di ricerche Demopolis, nei primi tre mesi del 2020 tre cittadini italiani su dieci hanno avuto problemi nel pagare le bollette e quasi lo stesso numero ha detto di essere poco soddisfatto o insoddisfatto del livello di riscaldamento della loro casa. Parlando dei sistemi di raffrescamento della loro casa nei mesi estivi, il 35 per cento degli intervistati ha detto di trovarli del tutto inadeguati.
D’altra parte, nonostante nel 2020 ci sia stato un calo dei consumi e dei prezzi dell’energia per ragioni legate alla pandemia, secondo quanto si legge nel primo rapporto sulla povertà energetica in Italia di OIPE (del 2019), tra il 2007 e il 2017 i prezzi dell’elettricità sono aumentati del 35 per cento e quelli per il gas del 23 per cento: nello stesso periodo l’incidenza della spesa energetica sul bilancio delle famiglie è aumentata dal 4,7 per cento al 5,1 per cento.
A questa tendenza, secondo l’OIPE, bisogna anche aggiungere che la pandemia da coronavirus ha avuto un grosso impatto sull’impoverimento della popolazione e che allo stesso tempo nei prossimi anni si prevede un ulteriore peggioramento della situazione. In primo luogo, perché le conseguenze dei cambiamenti climatici influenzeranno sempre di più la domanda di energia, per esempio facendo aumentare la domanda di raffrescamento in estate, ha spiegato l’OIPE; secondariamente, perché, con le politiche di transizione energetica verso fonti di energia meno inquinanti, si prevede che i prezzi dell’energia aumenteranno: attualmente i combustibili fossili, le fonti di energia da cui derivano le emissioni di gas serra responsabili del riscaldamento globale, sono il modo più economico per produrre elettricità e riscaldare.

Nel dicembre del 2020 l’Unione Europea ha presentato a nome degli Stati membri un piano che prevede l’obiettivo aggiornato e rafforzato di ridurre almeno del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il programma è strettamente collegato all’accordo sul clima di Parigi del 2015, che ha l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature sotto ai 2 gradi e di arrivare a emissioni nette pari a zero entro il 2050.

L’Italia ha recepito le direttive dell’Unione Europea attraverso il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), che prevede investimenti per circa 1.200 miliardi di euro indirizzati alla riduzione dei consumi di energia primaria del 43 per cento entro il 2030. Buona parte di questi investimenti riguarda il settore residenziale e prevede tra le altre cose interventi per valorizzare la «sostenibilità ambientale, sociale ed economica» della transizione energetica.

Un portavoce di ENEA ha spiegato che il fenomeno della povertà energetica è difficile da descrivere in maniera precisa perché manca un approccio standard per misurarlo, e quindi i dati ottenuti dalle ricerche sono indicativi, ma potrebbero essere ulteriormente approfonditi. Quest’ambiguità è il motivo per cui attualmente il contrasto alla povertà energetica avviene principalmente attraverso misure legate al sostegno economico delle famiglie in generale, o all’efficientamento energetico degli immobili, e non a interventi più specifici. Per individuarli e proporli al governo e agli enti centrali bisognerebbe circoscrivere ancora meglio il fenomeno e conoscere meglio chi riguarda.

Ma quindi, cosa fare per affrontare questa criticità?

Il primo passo è stato certamente la presa di coscienza del problema: di povertà energetica si parla nel PNIEC e, grazie al recepimento della direttiva n. 844/2018, il concetto è presente nella legislazione italiana. In particolare, il d.lg. n. 192 del 2005 e s.m.i., all’art. 3 bis, punto 2, prevede che siano attivate politiche per alleviare la povertà energetica; il d.lg. n. 102 del 2014 e s.m.i., all’art. 5, statuisce il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione con l’obiettivo di ridurre la povertà energetica, mentre all’art. 7 che gli obiettivi obbligatori di efficienza energetica tengano conto della povertà energetica.

Gli immobili della pubblica amministrazione, in particolare l’Edilizia Residenziale Pubblica, rappresentano circa il 4% dell’intero patrimonio edilizio italiano e già si rivolgono a famiglie in condizione di disagio o difficoltà economica.

Dal punto di vista tecnico, poi, le soluzioni per la riqualificazione energetica sono diverse, note e consolidate.

Inoltre, per l’Edilizia Residenziale Pubblica, la Cassa Depositi e Prestiti ha attivato i Bonus Edilizi per sostenere la riqualificazione energetica mediante la Cessione del Credito di Imposta o ‘Anticipo di liquidità’ per le imprese e ‘Prestito Edilizio’ per gli enti pubblici. Lo strumento è nuovo e promette di essere una opportunità per la pubblica amministrazione.

Le strategie per risolvere il problema interessano diversi settori, le politiche abitative (inclusa l’edilizia residenziale) e il regime tariffario.

A tal proposito ARERA già prevede da tempo i bonus gas o altre soluzioni per ridurre o annullare i costi energetici delle famiglie a basso reddito, o intervenendo sulla riqualificazione del patrimonio edilizio.

Ma vale proporre, anche in vista della liberalizzazione del 1 gennaio 2023, una preventiva a tale data rinnovata politica di defiscalizzazione (si ricorda che, ad esempio, il valore delle accise sul gas oggi sono maggiori della componente materia prima del gas metano stesso definita da ARERA). E’ sempre di competenza ARERA prevedere, ad esempio a salvaguardia di quelle attività chiuse per covid o per reali problemi di mercato, che quando non viene utilizzato un locale e quindi non vi sono consumi attivi, non debbano essere richieste dalle società di distribuzione i costi fissi di mensili.

Si deve continuare a intervenire attraverso politiche che aiutino a migliorare l’efficienza energetica degli immobili, come il Superbonus 110%, che è stato istituito nell’ambito del decreto Rilancio lo scorso anno e prevede un’agevolazione fiscale per interventi come l’installazione di pannelli fotovoltaici o pompe di calore. Dall’altro, si dovrebbe lavorare ancora di più su campagne informative che valorizzino i comportamenti virtuosi.

E’ venuto il momento di cogliere le opportunità delle innovazioni delle Transizione Ecologica ed Energetica, e valorizzare anche ai fini dell’eliminazione della povertà energetica la costituzione e lo sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili. Si propongono, per questo, step ulteriori agli incentivi già previsti per l’energia autoprodotta dalle CER, ovvero degli investimenti a fondo perduto per creare un ecosistema di CER, quali occasioni di abbattimento della povertà energetica e di rigenerazione dei territori disagiati.

Perché debellare la povertà energetica significa aver preso coscienza e vittoria nei confronti della Lotta alla Povertà.



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