LA PUGLIA E I NEET
Rilevare, includere, riattivare
Nella sociologia del lavoro, NEET sta ad indicare individui giovani che non sono impegnati nel ricevere un’istruzione o una formazione, non hanno un impiego né lo cercano, e non sono impegnati in altre attività simili.
Si tratta di giovani che vivono ai margini della società, quella società che dovrebbe offrire loro stimoli e opportunità per promuovere progetti di vita per il futuro.
Sono tante e diversificate le origini del fenomeno: fragilità personali, criticità familiari, abbandono scolastico, mancato raccordo tra scuola e mondo del lavoro, modelli offerti dai media, la mancanza di centri di orientamento allo studio ed al lavoro. Tutto questo porta a sviluppare conseguenze importanti: mancanza di fiducia in se stessi e nel mondo esterno, con conseguente atteggiamento di chiusura che limita la loro partecipazione ed integrazione attiva nella vita di comunità, restando in un limbo indefinito e pericoloso.
Si tratta di una severa condizione di malessere per i giovani che ne sono vittima ed un rischio sociale crescente per la comunità che fa sempre più fatica a recuperare e reintegrare questi ragazzi.
L’ISTAT nella sua ultima rilevazione, come mostrato nel grafico in alto, segnala che nel nostro Paese il 22,2% dei giovani tra 15 e 29 anni non lavora e non studia. Si tratta di due milioni di ragazzi, un primato all’interno dell’Unione Europea, con un valore percentuale di circa 10 punti superiore alla media del Continente (12,5%) e decisamente più distante dai valori degli altri grandi Paesi europei.
Sale al 24% la misura del fenomeno NEET al femminile, determinato più che dall’abbandono scolastico, dove tuttavia resta ancora insufficiente la presenza femminile nelle aree tecnico-scientifiche, soprattutto dal rapporto con il mercato del lavoro, dove scontano ancora importanti condizioni di svantaggio.
In Puglia, la percentuale di NEET sul totale dei giovani di età compresa fra 15 e 29 anni è maggiore della media nazionale di oltre 9 punti percentuali. Il divario di genere è meno pronunciato rispetto al resto del paese: la percentuale di giovani donne NEET in Puglia (34,4%) è di soli 2 punti percentuali superiore a quella dei giovani uomini
L’evoluzione del fenomeno negli ultimi 10 anni evidenzia una netta diminuzione del divario di genere, principalmente dovuto al forte aumento della percentuale di NEET tra i giovani uomini pugliesi, che passa dal 22,7% del 2007 al 32,3% del 2017, contro una percentuale di giovani donne che oscilla tra il 30% e il 34%
Analizzando la situazione del mercato del lavoro, in Puglia il tasso di disoccupazione giovanile è nettamente superiore rispetto alla media italiana per tutte le coorti di età considerate. Nella fascia 15-29 è di 9,1 p.p. superiore alla media italiana, nella fascia 15-24 di 11,4 p.p. mentre nella fascia 20-24 di 10,8 p.p.
La Regione Puglia ha inserito Garanzia Giovani all’interno di una più ampia strategia complessiva, caratterizzata da una particolare concentrazione sulle fasce più marginali dei NEET e sulla valorizzazione del ruolo dei giovani, non solamente in quanto destinatari di misure, ma come soggetti attivi capaci di creare dinamiche di cambiamento nel territorio.
Quali le possibili soluzioni per far fronte a un fenomeno che rischia di far pagare un conto ancora più salato alle nostre giovani donne, limitandone l’esercizio di cittadinanza attiva?
Ogni soluzione possibile deve porsi l’obiettivo di conoscere le persone coinvolte, includere, attraverso percorsi di recupero e miglioramento, e riattivare le giovani donne coinvolte, rigenerando la fiducia in se stesse e nella comunità.
E’ indispensabile affrontare il problema con la determinazione necessaria, ritagliando quote adeguate di risorse anche del PNRR (che si caratterizza per le sue tre priorità trasversali: parità di genere, giovani e Sud e riequilibrio territoriale perseguite, attraverso un approccio integrato ed orizzontale – in tutte le missioni che compongono il Piano) per sviluppare utili azioni in favore dei giovani.
Tra le altre,
– consolidare un sistema di mappatura del fenomeno ed attrazione delle persone, per la individuazione dei bisogni specifici, anche attraverso l’utilizzo dei social;
– intensificare interventi di potenziamento della personalità e dell’orientamento allo studio ed al lavoro nelle scuole superiori e nell’Università, per prevenire disagio ed abbandono;
– incrementare gli interventi di formazione orientati a sviluppare il self empawerment (riconquista della consapevolezza);
– incrementare gli interventi di formazione in materia di finanza, impresa e digital trasformation, per agevolare l’inserimento nel mercato del lavoro ed uno sviluppo di carriera compatibile con un adeguato work life balance (equilibrio tra la vita privata ed il lavoro);
– incrementare tutte le agevolazioni alle imprese che assumono giovani e in particolare personale femminile;
– individuare e valorizzare le buone prassi pubbliche e private, funzionali alla riduzione del fenomeno.
Inoltre, così come enunciato da Meritocrazia Italia nel suo Piano Nazionale per la Resilienza pubblicato lo scorso dicembre, sarebbe opportuno dare risalto al potenziamento dei percorsi formativi professionalizzanti, anche alternativi ai corsi universitari, realizzati secondo il modello organizzativo delle Fondazioni di partecipazione (ITS) in collaborazione con le imprese, università/centri di ricerca scientifica e tecnologica, enti locali e sistema scolastico formativo. Gli ITS infatti, offrono numerosi corsi relativi a sei Aree Tecnologiche e specifici ambiti per la formazione in armonia con le aspirazioni dei ragazzi e con le esigenze produttive nazionali e regionali (Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove Tecnologie della vita, Nuove Tecnologie per il Made in Italy, Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo; Tecnologie della informazione e della Comunicazione).
L’auspicio è che il problema venga messo al centro dell’agenda da parte del Governo di prossima formazione, al fine di evitare l’ulteriore aggravarsi dello stesso, e permettere a questi giovani di partecipare attivamente alla vita del Paese.