La riforma del sistema carcerario sia finalmente una priorità. MI: sulla dignità umana non si accettino compromessi
L’ultimo rapporto Antigone riaccende l’attenzione sulla condizione delle carceri italiane, mettendo in luce le problematiche di sempre legate a sovraffollamento, suicidi, atti di autolesionismo e abuso di psicofarmaci e alla carenza cronica di educatori e di sbocchi lavorativi. Le condizioni carcerarie sono ormai oltre il limite del sopportabile: celle anguste condivise con troppe persone, spazi ridottissimi, inadeguate condizioni igieniche, schermature alle finestre che impediscono l’ingresso di luce naturale, assenza o ridotti spazi esterni e aree verdi sono soltanto alcune delle criticità da affrontare.
Numeri e percentuali sono allarmanti e ancora più allarmante è il fatto che il problema resti ignorato da così tanto tempo. Un immobilismo inaccettabile. La politica del “carcere a ogni costo” e del “tutti dentro” ha già rivelato la sua inadeguatezza rispetto alla finalità rieducativa e di recupero della pena.
Da sempre a difesa della dignità della persona, Meritocrazia Italia insiste fortemente sulla necessità di una riforma del sistema penitenziario e di un processo di reale ‘umanizzazione’ del carcere. Investire nella ristrutturazione delle carceri esistenti, potenziare le infrastrutture tecnologiche, prevedere ipotesi aggiuntive di didattica a distanza, assicurare la formazione professionale anche da remoto, consentire un maggior numero di incontri con il mondo del volontariato ed aumentare le possibilità di video-colloqui con familiari e le persone care sono solo alcuni obiettivi accessibili e doverosi da realizzare.
In questo senso, Meritocrazia reputa indispensabile almeno:
– garantire migliore supporto psicologico individuale e di gruppo sia a tutti i detenuti sia al personale addetto alla sorveglianza e alla sicurezza, che con i detenuti condivide una realtà difficile;
– introdurre trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza e favorire un maggiore impegno nella diffusione più capillare sul territorio nazionale di case famiglie protette, con oneri a carico delle Istituzioni centrali e migliore collaborazione con gli enti locali, che si attivino per individuare strutture disponibili, e con la società civile, che si renda pronta a maggiore solidarietà e favorisca il reinserimento delle madri pronte nelle comunità per un percorso di riabilitazione, e dei bambini;
– assicurare maggiore possibilità di contatti visivi e telefonici con i familiari, per alleggerire il senso di abbandono e solitudine che l’isolamento forzato porta inevitabilmente con sé;
– incentivare progetti che valorizzino le c.dd. soft skill di ogni individuo, per favorire il reinserimento nella società;
– stipulare accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e dell’industria per favorire inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale;
– incentivare i progetti rieducativi e sociali capaci di ridurre i rischi della devianza, valorizzando esperienze virtuose già in essere;
– programmare un piano di ristrutturazione delle carceri esistenti, che preveda la modernizzazione di aule scolastiche, biblioteche, spazi comuni, attrezzature sportive, strutture per lavoro infra murario e strutture sanitarie interne, anche con il recupero e la riconversione di edifici dismessi;
– investire nell’implementazione di personale, in primis medico, con formazione più qualificante;
– attuare una reale ‘sorveglianza dinamica’, consistente non nel semplice controllo statico dei detenuti da parte della Polizia penitenziaria, bensì incentrato sulla conoscenza e sull’osservazione della persona;
– intervenire in maniera incisiva sulle misure alternative alla detenzione, ampliandone l’ambito di applicazione e rafforzando le strutture territoriali di sostegno e controllo, dagli Uffici Esecuzioni Penali distrettuali, ai Servizi Sociali, alle Forze dell’Ordine;
– ridurre il ricorso all’isolamento e totale eliminazione delle ‘celle di punizione’.
Stop war.