La Rivoluzione è sempre riscatto sociale
Può capitare di prendere un abbaglio e di non riuscire più a vedere bene il percorso. Ma prendere un abbaglio può consentire anche di cogliere le avvisaglie di una distrazione più grande e prevenire distrazioni, cali di attenzione ed errori non riparabili.
Alla fine, tutto quello che accade porta, insieme, rischi e vantaggi per qualcuno.
Al 1860 si riferisce una tra le più grandi rivoluzioni del Risorgimento italiano, la costituzione del primo regno d’Italia.
Con soli mille uomini Garibaldi sbarcò in Sicilia e riuscì a conquistare il Mezzogiorno.
Ma la vittoria non fu dei mille. Fu del popolo, che li aspettava, dava loro protezione e ammirava e sosteneva il loro coraggio, nel desiderio comune di libertà.
Altra epoca.
Era il tempo in cui anche i più giovani accettavano il rischio di perdere la vita in battaglie in nome della libertà.
Perché si abbia tanta voglia di ottenere qualcosa, serve, prima, però, che se ne avverta la mancanza.
E oggi a mancare è la vera libertà. Solo che non ce ne rendiamo conto, perché forse che cosa sia davvero la libertà non lo sappiamo neppure.
La libertà è fatta di diritti. Ma è fatta anche di doveri. È fatta anche di rispetto degli spazi altrui.
Se si ottiene un posto di lavoro solo con sotterfugi e raccomandazioni, si sta calpestando il merito di altri. E ad altri, semmai più competenti, si stanno sottraendo opportunità di realizzazione personale.
I cittadini hanno ancora, inconsapevolmente, bisogno di un esercito che li liberi dalle loro schiavitù. Che ridisegni il concetto di libertà.
Possiamo farci portatori di un pensiero differente. Possiamo farla noi quella rivoluzione che ancora si attende.
Abbiamo a disposizione più strumenti di quanti non ne avesse chi ci ha preceduto oltre un secolo e mezzo fa. La tecnologia, se utilizzata con criterio, può essere dalla nostra parte e può aiutarci a raggiungere milioni di persone con le nostre idee di merito, equità sociale, competenza e responsabilità. Di doveri, prima che di diritti.
Orwell descriveva il totalitarismo come il peggiore dei mali, sancendo l’assoluta omologazione delle menti. Va invece riaffermato il socialismo, quello in grado di creare un’onda nuova di consapevolezza.
Chi più ha più metta a disposizione degli altri, perché tutti possiamo godere una vita libera e dignitosa.
Questo senso di collaborazione e solidarietà segna le cifre di un popolo capace di vivere in maniera democratica e costruire la comunità attorno al fulcro dei doveri.
La rivoluzione non va vissuta come momento di rivalsa individuale, ma come strumento di riscatto sociale.
Per questo la prossima direzione nazionale aprirà la riflessione anche ai rapporti internazionali. Il mondo è uno soltanto. Non c’è cambiamento capace di essere contenuto entro i confini territoriali di un solo Stato.