LA VERA EMERGENZA SI CHIAMA LAVORO – COMUNICATO 16.06.2020
La crisi sanitaria prodotta dal COVID-19 mostrerà, nel nostro Paese, il suo volto peggiore proprio in relazione alla generata crisi occupazionale.
Dalle prime stime effettuate emerge che il disavanzo INPS per il 2020 potrebbe aggirarsi, escludendo le prestazioni temporanee che dovranno essere ripianate con trasferimenti dallo Stato, tra 41 e 49 miliardi, mentre ancor più preoccupante appare il dato connesso alla perdita occupazionale, stimata in oltre mezzo milione di posti di lavoro.
Il Governo, in sede di presentazione del decreto Cura Italia, ha promesso che “… nessuno perderà il lavoro per il coronavirus ..” con la specifica ulteriore che “.. il sostegno al reddito dei lavoratori (dalla cassa integrazione al bonus per autonomi e professionisti, ndr.) sarà erogato finché ce ne sarà bisogno…”.
Eppure nello stesso Def (documento di economia e finanza) l’esecutivo ha stimato che quest’anno gli occupati caleranno del 2,1%, il che significa che si perderanno quasi mezzo milione di posti, calcolandoli sulla rilevazione delle forze di lavoro.
Purtroppo, siamo sempre stati il Paese con più Neet (Not in Education, Employment, Training), con meno donne al lavoro, con più inattivi e, dunque, paghiamo i danni di una politica che ha sostenuto un mercato del lavoro asfittico, debole e precario, visto che la crisi del coronavirus colpirà l’occupazione più che proporzionalmente rispetto a quanto non impatterà sul Pil, almeno rispetto agli altri Paesi.
La priorità assoluta è, dunque, quella di proteggere l’occupazione e rilanciare la produzione e l’impresa per far ripartire il Paese, ed in questo contesto di politica pandemica del lavoro diventa essenziale comprendere quali misure adottare per fronteggiare al meglio questa sfida epocale
Appare allora improcrastinabile agire con celerità e visione d’insieme a lunga gittata, mediante la combinazione di interventi immediati con finalità tampone e proposte di riforma strutturale che incidano in maniera sostanziale sul trend produttivo/occupazionale e sul sistema di welfare e di sostegno sociale nostrano.
Meritocrazia Italia auspica, dunque, che gli interventi in materia già illustrati in seno al Progetto Italia, già da tempo posto all’attenzione del Governo e delle forze Parlamentari, possano trovare condivisione ed accoglimento e, dunque:
• che si intervenga immediatamente con l’estensione della CIG (anche straordinaria ed in deroga) sino a tutto il 2020, profittando dei venti miliardi di euro previsti dal fondo europeo «Sure» come preannunciato dal Presidente del Consiglio, con il contestuale mantenimento del blocco dei licenziamenti per g.m.o per un eguale periodo;
• che si orienti la politica monetaria e fiscale per favorire l’occupazione di massa a tempo indeterminato, mediante meccanismi ridistributivi delle possibilità di lavoro e della percettività salariale, con indubbi effetti benefici sull’economia di spesa collettiva che, a sua volta, alimenta essa stessa la domanda di lavoro;
• che si ripensino ed attualizzino i sistemi di ammortizzatori sociali ed a sostegno del reddito, in uno anche al potenziamento delle disposizioni relative agli strumenti posti a tutela del lavoratore in costanza di rapporto di lavoro (integrazioni salariali ordinaria e straordinaria e fondi di solidarietà);
• che si Incentivi il ricorso a forme di welfare aziendale e di diffusione di meccanismi di azionariato dei lavoratori, mediante l’elaborazione di piani di incentivi e di remunerazione, che consentono alle società di superare eventuali ‘vincoli di liquidità’ stabilendo per amministratori, dipendenti e collaboratori compensi sotto forma di partecipazioni al capitale o di Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP) a fronte delle proprie prestazioni e dei propri servizi;
• che si introducano e foraggino meccanismi incentivanti e di premialità, rivolti non solo alla componente salariale ma anche alle virtuose condotte datoriali, sotto forma di detassazione dei premi di produzione;
• che si ripensi ad un sistema formativo e selettivo del personale, specie in relazione al trend di sviluppo produttivo in termini di robotizzazione e meccanizzazione imperante e alle nuove frontiere del mondo del lavoro, scongiurando il rischio che l’automazione venga utilizzata più per risparmiare sul costo del lavoro che non, invece, per valorizzare il contributo e il ruolo delle persone, mentre invece si dovrebbe puntare ora alla valorizzazione del capitale umano e sulla tutela dell’occupabilità delle persone ;
• che si estenda l’applicazione della contrattazione collettiva a tutti i settori del lavoro, se pur attraverso una razionalizzazione e sintesi dei contratti collettivi, legati ad effettivi meccanismi di rappresentatività;
• che si ridisegnino ed attualizzino i sistemi di politiche attive del lavoro e di quelli volte all’occupabilità del capitale umano, anche mediante la creazione di un sistema informatizzato nazionale di matching domanda/offerta, snellendo altresì la burocratizzazione della cosiddetta economia on demand.
E’ necessario, allora prendere subito le decisioni giuste per fronteggiare ed orientare questa crisi che, se non adeguatamente affrontata sin da ora con competenza e lungimiranza, non solo avrà effetti dirompenti sul sistema di welfare e sostegno sociale nostrano, ma funzionerà come una grande macchina del tempo, riportando il Paese indietro di decenni, all’epoca in cui il lavoro era riservato a pochi privilegiati.