LA VIOLENZA NON HA GENERE
Problemi sommersi
La cronaca continua a riportare notizie di donne violentate, aggredite, perseguitate e uccise.
Un fenomeno contro il quale occorre una reazione forte e determinata e tante sono le meritevoli battaglie in atto.
Accade, però, sia pure con meno frequenza, che anche gli uomini restino vittime di abusi da parte di donne.
La questione preoccupa meno e fa meno rumore, ma non va taciuta o sottovalutata. Non bisogna dimenticare che la violenza non ha genere, così come non ha origini etniche o religione.
La Persona deve essere messa al centro di ogni tutela in quanto tale.
I primi dati Istat che fotografano la violenza sul mondo maschile risalgono purtroppo solo a un’indagine del 2015-2016, pubblicata poi nel 2018, dalla quale risulta che 3.574.000 uomini hanno subito abusi sessuali almeno una volta nella vita (1.274.000 tra il 2015 e il 2016), sottolineando che prima della maggiore età sono stati 435.000, pari al 2,2%.
È stato rilevato che l’8,2% degli uomini ha subito molestie verbali, il 6,8% è stato pedinato, il 3,6% ha subito contatto fisico indesiderato e che nel 85,4% dei casi gli autori di molestie sono altri uomini.
I numeri sono inferiori a quelli relativi alle vittime femminili, ma non certificano in assoluto che ci siano meno casi di violenza sugli uomini, perché mancano del tutto indagini ufficiali e largamente condivise. Senza contare che non è detto che i dati conosciuti rispecchino del tutto la realtà: la maggior parte delle vittime uomini non denuncia, un po’ a causa dello stereotipo di forza e virilità che ancora è difeso e un po’ per il timore di non essere creduti.
Secondo l’Istat, la forma di violenza più diffusa sugli uomini è quella verbale, seguita da pedinamenti e infine da molestie fisiche. Sembra che gli uomini sfoghino più facilmente la loro rabbia fisicamente, mentre le donne tendano ad agire sulla psiche dell’uomo, con un’azione indiretta volta spesso a creare ad esempio isolamento sociale.
Il luogo in cui si consuma la maggior parte dei casi è, una volta di più, l’ambiente domestico, per cui diventa ancora più difficile tracciare il fenomeno.
Un’altra forma di violenza a danno degli uomini riguarda i figli. È un fenomeno noto come ‘alienazione parentale’, ossia l’atteggiamento della madre teso a mettere in cattiva luce il padre agli occhi dei figli. Alcuni uomini, oltre a subire denigrazioni sulle proprie capacità familiari ed economiche, si vedono poi privati dei loro bambini, a volte con false denunce di abuso nei loro confronti o con false denunce di stalking, mirate ad averne la custodia esclusiva nelle cause di separazioni conflittuali.
Non mancano casi di violenza fisica che a volte si traduce in omicidi: nel 2017, escludendo i delitti in ambito criminale, i maschicidi sono stati più dei femminicidi, 133 contro 128. In ambito familiare e di coppia gli omicidi-suicidi sono stati ben 30 (28 uomini e 2 donne), mentre i suicidi noti, con causa legata alla fine di una relazione, sono 39 (32 uomini e 7 donne).
La violenza sugli uomini è molto più diffusa di quanto si possa immaginare.
Chi subisce un abuso vive ansie, paure e traumi a prescindere dal sesso.
In un’ottica di effettiva parità di genere, è certo che, pur prestando attenzione alla diversità delle situazioni, specie con riferimento ai presupposti culturali che ne sono alla base, i problemi vadano affrontati secondo la loro reale portata e risolti, senza alcun pregiudizio ideologico che alteri la percezione collettiva della realtà.
Allo scopo, sarebbe molto utile procedere
– a indagini bilaterali con studi ufficiali specifici anche distinguendo tra violenza di genere e violenza domestica, con inclusione dei dati relativi agli abusi perpetrati a danno degli uomini;
– all’istituzione di una ‘Giornata contro la violenza’, senza alcuna distinzione di genere;
– a una maggiore diffusione di centri di ascolto antiviolenza, garantendo l’accesso agli stessi anche agli uomini e prevedendo percorsi a supporto psicologico;
– a una migliore organizzazione e operatività dei consultori familiari a supporto del territorio, con interventi volti a mediare situazioni di conflitto e prevenire gesti estremi;
– a un’indagine statistica volta ad individuare e censire l’effettivo numero dei suicidi legati alle separazioni ed all’allontanamento dai figli;
– all’introduzione di misure più serie ed efficaci volte a impedire ogni possibile ostacolo all’effettiva frequentazione del genitore non convivente con i figli;
– a un’azione più attenta di sorveglianza del territorio attraverso i servizi sociali
FONTI
www4.istat.it “Il numero delle vittime e la forma della violenza” Anno 2014
www.senato.it “Violenze in famiglia: quello che l’Istat non dice”