L’autonomia differenziata va rivisitata per essere realmente utile al nostro Paese
L’Italia non merita scelte ideologiche, tarate sui sondaggi quotidiani, soprattutto quando si affrontano temi così delicati come quello dell’autonomia differenziata.
Non è intenzione criticare scelte di prospettiva. Meritocrazia apprezza la voglia di realizzare un cambiamento capace di portare efficacia e nuova linfa organizzativa, ma va impressa una visione che contempli le problematiche reali del Paese, con l’intento di creare una crescita omogenea del tessuto socio-economico dell’intero territorio.
Non sarebbe apprezzabile il potenziamento di Regioni a scapito di altre condizionato da scelte discriminatorie che nulla hanno a che fare con principi di merito e competenza.
Il provvedimento prevede infatti che 23 materie fino a oggi disciplinate in modo esclusivo da parte dello Stato o in modalità concorrente tra Stato e Regioni possano essere riferite alla sola competenza regionale, con conseguente allocazione presso l’ente territoriale delle risorse necessarie.
In concreto, le Regioni potrebbero ottenere, se il Governo di turno fosse favorevole, un’autonomia amministrativa e normativa, con conseguente diversificazione per area territoriale della gestione di ambiti rilevanti quali alimentazione, protezione civile, navigazione, sport, previdenza complementare, commercio, lavoro, istruzione, ricerca, ambiente, energia e sanità
Oltre alle criticità naturalmente connesse a una regolamentazione frammentata e disarticolata, il problema è innanzitutto di tipo economico, ma anche di conformazione ed intensità dei territori.
Le Regioni avrebbero infatti la facoltà di trattenere il gettito fiscale, non più redistribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive. Si calcola che verrebbero a mancare ogni anno nelle casse dello Stato circa 200 miliardi di euro, sottratti a politiche redistributive, dalle quali non si può prescindere nel riequilibrio doveroso delle forti disuguaglianze sociali esistenti. Oggi più che mai occorre tener fermo quel principio di solidarietà economica e sociale al quale è ispirato l’intero impianto costituzionale.
La questione è delicata e merita di essere affrontata all’esito di un dibattito articolato che tenga conto di tutte le posizioni e di un dialogo serio con i territori. In questo meriterebbe di essere meglio valorizzato il ruolo del Parlamento, la cui marginalizzazione, alla quale contribuisce l’ultima riforma del taglio dei parlamentari, incompleta e deleteria anche per l’assenza di una revisione del sistema elettorale, è un grave vulnus alla democrazia e non consente di adottare soluzione davvero in linea con le istanze di sovranità popolare.
Il rischio di incidere in negativo sugli equilibri del Paese, acuendo le distanze tra Nord e Sud anche dell’effettività dei diritti sociali, esiste e preoccupa. Si pensi anche solo al pericolo di disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche (come i trasporti, la distribuzione dell’energia, la sanità o l’istruzione), che non possono non avere una struttura unitaria e una dimensione nazionale.
Non è detto che la frammentazione delle competenze possa davvero portare all’efficienza dei servizi. Il funzionamento del sistema sanitario, fra tanti altri esempi, non conforta in questo senso. Per altro verso, è un errore credere che l’isolamento di zone ‘più arretrate’ possa giovare ad altre, che oggi si sentono zavorrate; lasciare indietro alcune Regioni vuol dire rallentare la crescita dell’intero Paese.
Insomma, in un contesto nazionale che già viaggia a velocità diverse, occorre prestare attenzione a ogni intervento che possa interferire con le istanze di uniformità e uguaglianza.
Per queste ragioni, Meritocrazia Italia chiede un ripensamento o una revisione meglio organizzata dell’opzione dell’autonomia differenzia, con una più seria analisi delle ricadute socio-economiche, anche in considerazione della necessità di evitare che siano sottratte risorse alle politiche redistributive e soprattutto predistributive volte alla rimozione delle iniquità sociali.
Un eventuale regionalismo differenziato dovrebbe essere congegnato nel verso di ridurre e non aggravare i divari di cittadinanza, secondo il principio di coesione sociale, economica e territoriale.
Meritocrazia suggerisce in tal senso un preventivo screening sui servizi erogati dalle Regioni nelle materie coinvolte dall’autonomia differenziata, sollecitando anche un sondaggio tra i cittadini, che potrebbe evidenziare criticità che vanno ben oltre la gestione non diligente e da equilibrare con seri e consistenti investimenti, sia in materiale umano che infrastrutturale.
Optare per una divisione ulteriore tra premialità e penalità di territori a vocazione differenti creerebbe solo nuovi disagi che comporterebbero, in prospettiva, la necessità di un nuovo intervento dello Stato oltre che mire secessioniste che andrebbero evitate.
Stop war.