L’autunno dell’età contemporanea
Nel corso di questa settimana, mi sono imbattuto in uno scritto bellissimo sull’autunno del Rinascimento.
Uno strano accostamento. Un periodo storico tanto importante per l’arte e la cultura veniva affiancato all’immagine della stagione della caduta delle foglie, e non, come sembrerebbe più logico, alla primavera, ai mesi della ripartenza e del verde più rigoglioso.
In passato, gli attori e le attrici di teatro non godevano di grande considerazione da parte della società. Erano un modello di immoralità, da non seguire. Anzi, lo stesso teatro non era considerato affatto come luogo di cultura, ma come germe di perdizione. La commedia era lo specchio delle assurdità, e come tale da evitare.
Oggi sappiamo che invece è fonte di sapere, arte e cultura. Il teatro riprende, a volte caricandoli di spettacolarità, i costumi sociali per darvi un senso o metterne a nudo le contraddizioni. Uno stimolo per la crescita delle comunità.
Passando attraverso alterne vicende, dall’antica Grecia all’impero romano, fino all’illuminismo, al decadentismo, al rinascimento e alla prima industrializzazione, oggi il teatro è fondamentale punto di riferimento.
Ma, tornando a noi, perché proprio l’autunno?
Tantissimi di quei cliché, nella scelta dei personaggi, che sono rimasti identici per secoli, oggi si vanno sgretolando. Scompaiono per la nascita di nuove figure. Anzi, il teatro stesso cambia forma e diventa sempre più virtuale.
La stagione autunnale è quella che vive oggi quest’arte. Siamo tutti attori e attrici, vogliamo la scena senza preoccuparci del messaggio da condividere. Ci interessa occupare il palco e vogliamo la platea più ampia, ma non sappiamo più farci portatori di cultura. Non portiamo nessuna utilità alla società. Mero edonismo. Mera ego-proiezione.
È un fatto preoccupante, specie in un’epoca nella quale il livello culturale si abbassa drasticamente, e si sottovaluta l’importanza della formazione. Eppure siamo in un tempo in cui è tanto più facile acquisire informazioni e sapere.
Dipendiamo da un display, che vanifica anche gli sforzi e le migliori intenzioni di tanti insegnanti e oscura gli esempi virtuosi. Così ci alieniamo e non facciamo che amplificare le nostre fragilità.
Nell’autunno dell’età contemporanea, ben diverso da quello rinascimentale, ciò che serve è una nuova primavera.
Non è teoria. Al contrario, per il cambiamento serve soprattutto azione.
Se Meritocrazia riuscisse a ottenere il blocco dell’accesso ai social per i ragazzi di età inferiore ai 16 anni, si farebbe già un passo avanti importante.
Se Meritocrazia riuscisse a incidere in qualche misura sulla leggerezza e sulla superficialità del momento, la salvezza sarebbe molto più vicina.
È una missione nella quale intendiamo perseverare, con fiducia e costanza, perché, senza l’impegno di tutti, la vita di tutti i giorni sarà sempre più complicata. La sub-cultura innesca reazioni violente. Basti guardare agli scontri in corso tra studenti che si dicono di destra o di sinistra, nelle Università. Non è più un problema di fascismo o di comunismo, ideologie per le quali un tempo forse si combatteva davvero. È soltanto un pretesto per sfogare una rabbia latente.
Meritocrazia esiste perché dopo l’autunno e l’inverno vengono la primavera e l’estate, ma questa evoluzione è possibile soltanto grazie alla passione e alla dedizione di chi sa rinunciare a un po’ di tempo per se stesso per donarlo agli altri, a progetti rivolti al bene comune.