LE BATTAGLIE PER LA LIBERTÀ NON SONO MAI INDIVIDUALI – 23 MAGGIO 2021
Ogni epoca storica è fase di transizione. Porta con sé il destino degli uomini, idee di cambiamento, emozioni, voglia di riscatto e libertà.
Quella attuale è segnata da pericolose incertezze sul concetto di felicità.
La ricchezza patrimoniale è scambiata per benessere, pur essendo fonte di divisioni e squilibrio, e segnando un divario che appare incolmabile tra fortunati e meno fortunati.
Assuefatti alle ingiustizie sociali, dimentichiamo il valore delle diversità e l’importanza dell’inclusione. Ci lasciamo toccare dalla tragedia delle morti in mare di immigrati che non siamo disposti ad accogliere in terra. Costringiamo alla povertà culturale e all’isolamento persone che, come ciascuno di noi, sono portatrici di storia e sentimenti. Aprendo all’antistato del domani.
Ci lasciamo convincere che l’Italia sarebbe nulla fuori da un’Europa che si regge su valori diversi da quelli che ne hanno sollecitato la creazione. Ma l’Inghilterra ha dimostrato che si può avere il coraggio di resistere, e di riuscire.
Siamo tutti persuasi che la missione prima di un Capo di Governo sia il controllo dello spead, ma non consideriamo che lo spread dipende dalla capacità di garantire crescita costante al Prodotto Interno Lordo e da politiche sociali e finanziarie virtuose. E non ci accorgiamo della responsabilità con la quale Paesi ad alto indebitamento conservano lo spread a livelli di stabilità.
Siamo abituati alla precarietà ambientale.
Assuefatti alle false verità.
A questo bisogna reagire.
Ma ogni reazione ha un costo. Richiede tempo. Fiducia. E sacrificio. Soprattutto richiede altruismo e capacità di mettere in discussione le proprie certezze, di gestire la propria emotività, di conferire le abilità individuali nel lavoro sinergico di squadra. Il Noi oltre l’Io.
Tutte le volte in cui si dismette la responsabilità per dar carico dell’impegno all’altro, ci si allontana di un passo dall’obiettivo.
La vera reazione è nel coraggio di vivere la libertà partecipativa. I sentimenti sono corruttibili e il pensiero condizionabile; ciò che rende inattaccabili è la cultura costruita sul confronto. Quella popolare del passato, fatta di conoscenza diretta della realtà e di vissuto condiviso, resta granitica nella storia, inespugnabile nella sua verità, insensibile al passare del tempo.
Nel 1948, Alcide De Gasperi, nel tentativo di risolvere i dubbi della figlia sull’opportunità di assecondare una crisi di Governo, diceva che è difficile giudicare davvero la scelta di dimettersi e lasciare ad altri campo libero. Perché, raccontava, la democrazia ha le sue leggi. «No, certo. Se leggerai attentamente questo rapporto di un osservatore diretto, resterai sorpresa come lo sono stato io nel sentire che tutto viene preparato secondo una tecnica abile e dai risultati sicuri. Quello che mi ha meravigliato di più è stata la velocità, la tranquillità delle operazioni. C’è gente che decide immediatamente cosa bisogna fare e poi la realizza subito, senza avere ostacoli, come se appartenesse a un mondo differente rispetto al sacrificio che ognuno di noi deve compiere per raggiungere un risultato». Alla domanda, «c’è chi crede, papà, che tu veda ovunque il pericolo comunista. Tu esageri, forse per ottenere maggiori voti nelle elezioni. Oppure perché ne hai veramente paura?», rispondeva «È vero, cara. Ho paura. Vedo questa minaccia allargarsi per ogni dove, accanto a noi. I comunisti sono ai nostri confini e, poiché li ho conosciuti bene per averli avuti anche al Governo, so che non esiste possibile colloquio con loro. Parliamo due lingue incomprensibili, uno all’altro. Ma non credo che questo potrebbe mai accadere in Italia. Noi amiamo troppo la nostra libertà. Se non quella con la ‘l’ maiuscola, almeno quella individuale. E non potremmo mai sopportare una dittatura che chieda troppi sacrifici. In fin dei conti, se io non riesco a farmi capire nemmeno dai miei figli, come posso sperare negli altri? Ma non vedi tu stessa che stai denunciando la piaga maggiore? L’amore eccessivo delle piccole libertà porta alla mancanza di resistenza di fronte a una imposizione. Si chiama comunista, si chiama altra imposizione, ma l’effetto è sempre lo stesso. Esse ci rendono passivi, uccidono la vera libertà. Se io smettessi di ricordare agli altri quella che tu chiami la mia opera del comunismo, fra qualche anno ci troveremmo nella stessa situazione della Cecoslovacchia e tutti quegli altri popoli che non hanno saputo difendersi con le armi della democrazia».
Non importa chi sia il nemico. Le vere battaglie, quelle per la libertà con la ‘l’ maiuscola, non sono mai battaglie individuali. Abbracciano sentimenti comuni, scopi condivisi, e impongono di mettere da parte le proprie sensibilità, per comprendere quelle altrui.