LE CONVENIENZE DI SISTEMA

LE CONVENIENZE DI SISTEMA

Oltre logiche di emergenza

Complessa è la relazione tra legalità e lavoro.
Ha a che fare con rapporti di impiego irregolari, sostegno al reddito e gestione del mercato del lavoro.

La recente crisi emergenziale ha dato enfasi a limiti e convenienze di sistema ampiamente conosciute, descritte in letteratura e acclarate dalla statistica.
In Italia, da quanto emerge dal report Istat del 15 ottobre 2019, l’economia non osservata, ovvero quella che sfugge alla statistica diretta, vale circa 211 miliardi di euro; l’economia sommersa, quella relativa ad attività volontariamente celate alle autorità fiscali, ammonta a circa 192 miliardi; l’economia strettamente illegale, che ha ad oggetto beni e servizi illegali, vale circa 19 miliardi.

Questione strettamente correlata è quella del difetto di adeguati livelli di protezione dei lavoratori, che interessa intere filiere.
La ‘variante pandemica’ ha imposto un cambio di metodo di lavoro; la legislazione emergenziale (segnatamente il d.l. n. 18 del 2020, convertito in l. n. 27 del 2020, seguito dal d.l. n. 34 del 2020, convertito in l. n. 77 del 2020) ha fornito una soluzione parziale e temporanea, per vero contraddittoria per quanto riguarda i lavoratori stranieri non regolarmente soggiornanti. Un mero soccorso alimentare, finanziato secondo le linee del d.P.C.M. del 28 marzo 2020. È stato introdotto un istituto speciale di sostegno del reddito per chi ne è privo e che non può essere titolare dell’intervento dell’integrazione salariale: il c.d. reddito di emergenza (Rem). Una strada traversa per dar sostegno economico agli irregolari in condizioni di difficoltà economica. Il dato dell’irregolarità della posizione lavorativa viene semplicemente ignorata.
Il numero di domande d’accesso al beneficio è al di sotto delle attese, anche a causa delle complessità procedurali.

Stessa sorte pare riservata anche alla procedura di emersione di rapporti di lavoro sommerso.
Sono previsti tre diversi modelli di procedura amministrativa che consentono la regolarizzazione dello status giuridico e/o lavorativo di stranieri in Italia e/o di convertire il proprio permesso in un ‘permesso di soggiorno per attesa occupazione o per motivo di lavoro subordinato’. Nella prima ipotesi, si conclude un contratto di lavoro completamente nuovo in alcuni settori; la seconda è relativa all’emersione di un rapporto di lavoro irregolare in corso. La terza riguarda la richiesta da parte di cittadini stranieri di un permesso di soggiorno temporaneo della durata di sei mesi dalla presentazione dell’istanza.

Riflettendo su politiche e strategie di contrasto al lavoro sommerso, l’attenzione va a d.l. n. 34 del 2020, d’‘approccio strategico residuale’, e alla precedente l. n. 199 del 2016 («Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro e di riallineamento retributivo nel settore agricolo»).
Il provvedimento più recente, pure utile, lascia irrisolta una questione rilevante: hanno davvero un peso determinante le norme penali per la ristrutturazione del mercato del lavoro?

Le particolari modalità di intermediazione e organizzazione della manodopera sono estremamente radicate nel sistema di produzione e per questo sembra piuttosto necessario uno sforzo tutto politico per costruire alternative praticabili.

Si rifletta sugli esiti delle due procedure attivate: assegnazione del Rem ed emersione dei rapporti di lavoro. Numeri decisamente al di sotto delle aspettative. Secondo una ricerca Censis-Confcooperative, sono oltre un milione le famiglie che vivono di solo lavoro irregolare, con un reddito ridotto a ragione del recente lockdown.

La ragione del fallimento dell’intervento è da ricondurre non all’assenza di bisogno, ma, s’è detto, alla gravosità delle procedure.
Anche con riguardo alle domande di regolarizzazione, il basso tasso di domande non può collegarsi alla mancanza di persone da regolarizzare presenti nel Paese, quanto alla limitazione dei settori produttivi e ai requisiti sostanziali necessari per accedere alla procedura.
È proprio la vicenda dell’impiego dei lavoratori migranti in agricoltura durante la pandemia che rende evidenti alcuni fenomeni che meritano di essere attentamente analizzati al fine di costruire strategie e interventi normativi efficaci.

La gestione dell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro agricolo passa tutt’ora da enti bilaterali e/o da associazioni dei datori di lavoro, con esclusione delle strutture pubbliche di riferimento, quali agenzie e centri per l’impiego, che hanno abdicato alla funzione di intermediazione nel mercato del lavoro agricolo. Il caporalato opera laddove non opera né il pubblico né il privato accreditato.
L’attivazione autonoma di ‘corridoi verdi’ da parte di singoli e/o di associazioni datoriali per far fronte alla carenza di manodopera merita un ripensamento.
Il corridoio verde è un palliativo. Superata l’emergenza il problema si riproporrà, anche perché le quote annuali previste per il lavoro subordinato, anche stagionale, non sono sufficienti a garantire la copertura regolare della domanda da parte delle imprese. Il lavoro irregolare dipende anche dal sistema di regole per l’accesso regolare.
Il quadro offerto è vario e complesso, e difficilmente una procedura di regolarizzazione di per sé può essere in grado di risolvere tutte le criticità.

È essenziale superare la logica emergenziale che accompagna ormai ogni decisione sul lavoro illegale, fermo lo sguardo alla tutela dei diritti umani e all’interesse per il sistema produttivo, secondo una policy che non sia soltanto sanzionatoria. Occorre prestare attenzione alle fragilità delle persone che lavorano in condizioni di irregolarità, riproponendo il c.d. labour rights approach.



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