Le fasi dell’accoglienza
Nessun compromesso sull’integrazione
La previsione di cui all’art. 6 ter, d.l. n. 20 del 2023 (c.d. decreto Cutro) stimola in direzioni opposte l’opinione pubblica.
Si prevede l’eliminazione dei servizi supplementari a beneficio i migranti, tra il quali l’insegnamento della lingua italiana, che non sarà quindi più garantito.
La questione necessita di uno sguardo prospettico.
A monte, i motivi che alimentano i flussi migratori sono diversi: conflitti tra Stati o i conflitti interni ad uno Stato, gravi squilibri economici tra differenti aree geografiche, presenza di sistemi antidemocratici fonte di persecuzioni in spregio dei diritti umani, cambiamenti del clima o del territorio, catastrofi naturali, desiderio di assicurare un’accettabile sopravvivenza a sé e ai propri cari.
Le statistiche del Parlamento europeo aggiornate al luglio del 2023 riferiscono che, in tutto il mondo, il numero di persone in fuga ha raggiunto complessivamente i 108,4 milioni, e i bambini rappresentano il 40% della popolazione mondiale dei rifugiati.
I Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia, Iran, Colombia, Germania e Pakistan, e il 76% della popolazione mondiale di rifugiati è ospitato da Paesi a basso e medio reddito.
In Italia nel 2022 i migranti tracciati sono stati 105.131, nel 2023 157.652, mentre nel 2024, da inizio anno a oggi, sono 4.022.
Le tre principali categorie di centri d’accoglienza oggi in Italia sono: prima accoglienza, CAS (Centri di Accoglienza Straordinari, che dovrebbero essere attivati solo in via straordinaria, ovvero in caso di mancanza di posti negli altri centri governativi) e SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione).
Secondo la normativa entrata in vigore dal marzo 2023, la prima fase dell’accoglienza prevede il soccorso, la prima assistenza e l’identificazione. I cittadini stranieri soccorsi in mare vengono condotti in centri localizzati nei pressi delle aree di sbarco (centri di crisi/hotspot) per la prima assistenza sanitaria, il foto-segnalamento e la pre-identificazione, e nei centri governativi di prima accoglienza ordinari e straordinari, gestiti direttamente dal Ministero dell’Interno.
Qui avviene anche il primo scambio di informazioni sulle procedure per l’asilo o la partecipazione al programma di ricollocazione; devono anche essere accertate condizioni di salute e fragilità, pur con servizi ridottissimi. IL decreto Cutro, s’è detto, ha eliminato dai centri governativi i servizi di assistenza psicologica, i corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Oltre all’accoglienza materiale rimangono attivi solo l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e la mediazione linguistico-culturale.
La seconda fase dell’accoglienza prevede l’inserimento dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale nel sistema SAI, coordinato dal Servizio centrale, organo rappresentativo del Ministero dell’Interno e affidato con convenzione all’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci).
Con l’entrata in vigore del decreto Cutro, i beneficiari del sistema SAI sono per lo più titolari di protezione internazionale o altre forme di protezione e tutti i minori stranieri non accompagnati (MSNA), indipendentemente dallo status di richiedente protezione internazionale, oltre a richiedenti ucraini (secondo le disposizioni speciali previste dalla normativa emergenziale seguita al conflitto in atto) ed afghani che fanno ingresso in Italia in attuazione delle operazioni di evacuazione effettuate dalle autorità italiane.
I titolari di protezione e, tranne qualche eccezione, delle altre tipologie di permesso di soggiorno legati a elementi di vulnerabilità, possono permanere all’interno del progetto SAI per 6 mesi. Solo il Servizio centrale può prorogare la presenza del beneficiario all’interno del progetto.
Un ulteriore supporto a percorsi di integrazione può essere avviato dalle amministrazioni locali al termine del periodo nel Sai con iniziative aventi lo scopo di favorire l’autonomia individuale dei cittadini già beneficiari del Sai, e con particolare riguardo a una maggiore formazione linguistica, all’orientamento lavorativo e ai servizi pubblici essenziali, e alla conoscenza dei diritti e dei doveri fondamentali sanciti dalla costituzione.
Gli stranieri giunti in modo irregolare e che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne hanno i requisiti sono trattenuti, invece, nei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio), istituiti per consentire l’esecuzione del provvedimento di espulsione da parte delle Forze dell’ordine. Il periodo di detenzione può arrivare a 90 giorni, con la possibilità di prorogare di ulteriori 45 giorni.
Il permesso di soggiorno viene rilasciato ai richiedenti protezione internazionale. È un permesso valido sul territorio italiano ed ha validità di 6 mesi, rinnovabile fino alla decisione finale (della Commissione Territoriale o del Tribunale) in merito alla domanda di asilo (art. 4, d.lg. n. 142 del 2015).
Sarà necessario indicare sul modello della richiesta alla Questura, i motivi che hanno portato il richiedente a lasciare il proprio territorio e perché non intende o non può farvi rientro.
Successivamente si è convocati dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e vengono approfondite, rispetto alla Questura, le motivazioni della richiesta d’asilo, con diverse domande sulla vita personale e familiare, rischi in caso di rientro nel proprio Paese, orientamento religioso e condizioni di vita in Italia.
Per quanto riguarda la presenza di irregolari nel nostro Paese, la Fondazione ISMU ETS (Iniziative e studi sula multietnicità) stima che all’1 gennaio 2023 la componente irregolare si attesti sulle 458mila unità, contro le 506mila dell’anno precedente. Calo dovuto principalmente all’avanzamento delle regolarizzazioni attuate nel 2022 a completamento delle procedure di ‘emersione 2020’.
È possibile che nel passaggio tra le varie fasi dell’accoglienza una percentuale di migranti “si perda”?
Testimonianza dai centri d’accoglienza sembrano confermare il fenomeno, e avvalora il dato anche un rapporto pubblicato dal Ministero del Lavoro sugli MSNA (minori stranieri non accompagnati).
A fine 2014 erano censiti 14.243 MSNA, dei quali 3.707 risultavano però “irreperibili” (il 26%), i quali potevano anche non essere più in Italia. Nel 2015 la percentuale di irreperibili è salita al 38% rispetto agli 8.000 censiti all’ingresso.
Pur non esistendo uno stesso studio per immigrati adulti, il fenomeno potrebbe essere più esteso.
Altro capitolo è poi quello dei reati ascrivibili a stranieri.
Sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia è riportato il dato sul numero di detenuti al 30 giugno 2023: su 42.511 circa 18.000 erano stranieri.
A tal proposito bisogna considerare che le condizioni socio-economiche in cui versano i cittadini stranieri sono mediamente inferiori rispetto quelle degli autoctoni. Il disagio socio-economico è strettamente legato alla criminalità e per chi è irregolare la spinta verso comportamenti illegali e criminalità è ancora maggiore. Si stima che il 41% dei residenti stranieri nell’Unione europea siano esposti a povertà ed esclusione sociale.
Significa che in tantissimi vivono in condizioni di deprivazione materiale, in famiglie con bassa intensità lavorativa o che guadagnano meno del 60% de reddito medio.
In Italia questo dato si attesta attorno al 44,3%.
Questi dati aiutano a comprendere perché l’incidenza di soggetti stranieri colpevoli di reato risulta essere 5 volte più elevata rispetto a quella degli italiani.
Il sistema dell’accoglienza deve essere velocizzato nelle sue fasi e migliorato, perché chi rimane nel nostro Paese abbia reali opportunità di vita dignitosa.
Sarebbe utile velocizzare i rimpatri e investire risorse su chi effettivamente è stato riconosciuto rifugiato ed ha deciso di rimanere in Italia, fornendo i supporti necessari (anche psicologico) e investendo su capacità personali, formazione professionale, strumenti quindi che mettano in condizione la persona di essere cittadino e contrastino la spinta verso la criminalità.
Risorse potrebbero essere investite per implementare l’organico destinato all’istruttoria delle singole pratiche e pervenire celermente alla selezione di coloro che hanno diritto di restare da coloro che invece devono essere espulsi.
Per i c.dd. migranti economici, è fondamentare aprire e lavorare al dialogo tra gli Stati, uscendo dalla logica coloniale che ha caratterizzato uno scambio tutt’altro che equo per troppo tempo.
Troppi coloro che vedono nei Paesi europei la ‘terra promessa’ ed arrivano carichi di speranze e di illusioni, per poi non trovare nessun miglioramento delle proprie condizioni. Giovani, anche laureati o professionalmente qualificati, che si ritrovano, lontano dagli affetti, a vivere di stenti divenendo facili prede per la criminalità.
Sarebbe forse utile uno studio fattivo delle figure professionali necessarie nei Paesi di origine, sviluppando progetti di cooperazione per una formazione specifica.
Investire in cultura è essenziale, non mettendo in disparte lo studio della lingua italiana, presupposto evidente per ogni processo di integrazione.
FONTI
https://www.openpolis.it/parole/come-funziona-laccoglienza-dei-migranti-in-italia/
https://www.europarl.europa.eu/topics/it/article/20170629STO78630/statistiche-su-asilo-e-immigrazione#:~:text=In%20tutto%20il%20mondo%2C%20il,%2C%20Colombia%2C%20Germania%20e%20Pakistan.
https://www.savethechildren.it/blog-notizie/migrazioni-i-principali-fattori-di-spinta-e-la-situazione-ad-oggi
https://www.ilbalzo.com/2023/07/28/liter-di-accoglienza-dei-migranti-in-italia/
https://temi.camera.it/leg19/post/l-accoglienza-dei-richiedenti-asilo.html#_ftn2
https://www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/sistema-accoglienza-sul-territorio/centri-limmigrazione
https://centriditalia.it/home
https://www.ismu.org/dati-sulle-migrazioni/
https://pagellapolitica.it/articoli/dove-vanno-a-finire-gli-immigrati-che-sbarcano-in-italia-fatti-fonti-e-luoghi-comuni
https://www.openpolis.it/la-criminalita-tra-gli-stranieri-un-fenomeno-spesso-strumentalizzato/