LE OPPORTUNITA’ DELLA MEDIAZIONE

LE OPPORTUNITA’ DELLA MEDIAZIONE

Tra prospettive di crescita ed esigenze di riforma

In periodo di decisioni sul piano dei prossimi investimenti, emerge tutta la precarietà dello stato della Giustizia italiana.

In punto di risorse destinate ai tribunali, il Paese è secondo in Europa soltanto alla Germania, con una ideale corresponsione annua per il settore Giustizia di circa 100 euro a carico di ogni cittadino.
Eppure, a fronte di tanto, la situazione reale restituisce un sistema giudiziario che, già bisognevole di concreti e puntuali interventi di consolidamento e riorganizzazione adeguata e strutturata, è divenuto ormai inaffidabile nel fornire risposte tempestive ed efficaci al richiedente giustizia in fase d’emergenza.

Da ultimo, l’Italia ha adeguato il proprio ordinamento giuridico alle prescrizioni comunitarie (direttiva 2008/52/CE) introducendo, con d.lg. n. 28 del 2010, il procedimento di mediazione come sistema di risoluzione alternativa delle controversie e ponendo il vincolo della obbligatorietà per determinate materie. I dati statistici, a distanza di dieci anni dall’introduzione del sistema conciliativo, dimostrano che la scelta ha portato delle utilità.

L’Italia è l’unico Paese dell’Unione europea ad aver adottato un modello di mediazione richiesta con facile opt-out (mediazione obbligatoria), arrivando a coprire una percentuale considerevole del contenzioso civile e commerciale. Non così è avvenuto in altri Paese della UE laddove si è preferito un sistema opt-in (mediazione volontaria) o con semplice previsione di incentivi fiscali e dove ancora la mediazione stenta a trovare il suo giusto riconoscimento.

Non sono mancati ostacoli e contraccolpi.
A pochi anni dalla sua entrata in vigore, il d.lg. n. 28 del 2010 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2012, salvo, poi, veder reintrodotto lo stesso sistema, con alcuni correttivi, alcuni mesi dopo con il c.d. decreto del Fare (n. 69 del 2013).
Non sono mancate e non mancano serie critiche al sistema da parte della dottrina.

Ma oggi l’esperienza denota un sensibile mutamento, quantitativo e qualitativo, nell’approccio all’istituto, per il quale si opta anche fuori dei casi nei quali è obbligatorio.
Probabilmente le ragioni di tale mutato atteggiamento sono da rinvenirsi nel senso di sfiducia che, ormai, il cittadino ripone in una macchina giudiziaria lenta, appesantita da un carico giudiziario, arretrato e sopravveniente, di difficile gestione, con rinvii ad anni, carente di personale, amministrativo e giudiziario.

Se questa è l’attuale condizione, non vi è chi non veda come sia giunto il momento di strutturare un organico progetto di riforma delle procedure di risoluzione alternativa delle liti (non solo mediazione ma anche negoziazione assistita e arbitrato), che consenta ai cittadini di ottenere una pronta tutela dei propri diritti e ai tribunali nostrani di smaltire il carico arretrato e rendersi maggiormente operativi con l’attuazione delle auspicabili riforme di settore da tempo invocate. Occorre, peraltro, un cambiamento nell’approccio al conflitto. La soluzione vera passa, in concreto, non dalla logica del win/lose, tipica del procedimento giurisdizionale, ma dal principio del win/win, che permette a tutti i contendenti di ottenere dalla lite qualcosa che altrimenti ed in diversa sede non riuscirebbero ad ottenere.

Ciò si dice nella consapevolezza che la composizione di strumenti di risoluzione alternativi non può rappresentare la soluzione ai mali che affliggono la Giustizia italiana, né un mezzo utile per aggirare l’ostacolo. Tanto deve farsi per il miglioramento del sistema giudiziario.
Perché la mediazione funziona se accessoria a una giustizia ben funzionante.

Manca ancora molto affinché possano seriamente iniziare a definirsi e intravedersi i contorni di quella Rivoluzione culturale tanto auspicata per contribuire a creare nel nostro ordinamento giuridico una seria e duratura prospettiva di alternativa alla giustizia e non solo di giustizia alternativa.

Servono interventi correttivi che rendano meglio percorribile la strada delle ADR rispetto a quello del contenzioso giudiziario.

Alcune proposte di riforma potrebbero andare nel verso

– della riorganizzazione organica in un Testo Unico delle norme in materia di Mediazione, Arbitrato e Negoziazione assistita;

– della rivisitazione delle materie di cui all’art. 5 del d.lg. n. 28 del 2010 di mediazione obbligatoria;

– della intensificazione delle sanzioni per chi ingiustificatamente non partecipa al tentativo di mediazione;

– dell’ampliamento dei benefici fiscali connessi all’instaurazione delle procedure di mediazione;

– di maggiori incentivi alla c.d. mediazione demandata ad opera dei Giudici;

– dell’adeguamento della normativa del gratuito patrocinio alle ipotesi di ricorso alle procedure di risoluzione alternativa delle liti;

– della promozione di progetti pilota presso le sedi di Tribunale volti alla individuazione dei fascicoli ‘mediabili’ e alla rimessione in mediazione, secondo il progetto “Giustizia Semplice” avviato con successo presso il tribunale di Firenze;

– all’inserimento nei piani accademici delle università italiane di corsi e piani di studio in materia di negoziazione e comunicazione in mediazione.

Tali correttivi servirebbero non solo a potenziare l’istituto della mediazione ma a dare un contributo per la ricostruzione di una Giustizia efficiente, volano attrattivo per quei capitali stranieri oggi frenati da un sistema giudiziario ingolfato e farraginoso.



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