LENTAMENTE ALLA DERIVA, CON I REMI IN BARCA – 17 APRILE 2022
Prendiamo atto del progressivo affievolimento del senso di umanità.
È indifferenza quello che riserviamo ai frequenti gravissimi fatti di diseguaglianza, iniquità sociale ed emarginazione.
Vediamo il mondo andare lentamente alla deriva e continuiamo a tenere i remi in barca, inerti.
Impotenti, ci affidiamo al volere di pochi, a decisioni che sappiamo essere spesso ispirate non al bene comune, ma a logiche di potere e a brama di individuale arricchimento.
Ci si chiede come sia possibile che, nell’era della modernità, ancora attecchiscano regimi dittatoriali. Come sia possibile che uno soltanto riesca a decidere della vita di milioni di persone.
È possibile perché manca il coraggio. E perché, a monte, manca la consapevolezza.
Servono forza e determinazione per imporre modelli di vita differenti. Per uscire dal conforto dell’ovvio. Le missioni più importanti, quelle per le quali vale davvero la pena di adoperarsi, richiedono sacrificio. Vivere richiede sacrificio, perché vuol dire costruire contesti condivisi, e quindi dedicarsi anche all’altro. E, per il sacrificio, non c’è tempo.
Sopravvivere è molto più semplice e meno impegnativo, ma non porta con sé la vera bellezza dell’essere.
Si cede all’approssimazione, e si alimenta un circolo vizioso che dal disagio porta ad altro disagio, passando dagli inutili sentimenti d’odio, rancore e invidia e da piccole e grandi guerre.
Optiamo per le scorciatoie, e favoriamo quell’incompetenza che paghiamo tutti, nel prezzo di gravi disservizi pubblici. Ci lasciamo sopraffare dalla tristezza per piccoli insuccessi e perdiamo di vista quello che conta davvero.
Preferiamo la divisione e ci rendiamo più deboli, relegandoci nel ruolo di spettatori passivi di un film che non ci piace.
Meraviglioso il secondo verso del Tao Te Ching di Lao Tzu, ‘Nutrire la persona’: «Sotto il cielo tutti vedono bello ciò che è bello soltanto perché esiste il brutto. Tutti sanno che il bene è bene soltanto perché esiste il male. Essere e non essere si generano a vicenda. Il difficile e il facile sono complementari. Il lungo e il corto si definiscono reciprocamente, così come l’alto e il basso. Non c’è prima senza dopo e viceversa».
Senza i giusti momenti di riflessione e confronto, non c’è crescita. Sono le differenze che completano l’essere, e, per questo, sono immensa ricchezza. La diversità è il motore di ogni progetto di vero cambiamento.
In un momento difficile come quello che stiamo vivendo, il modello giapponese è quello che offre l’esempio di maggiore virtù. Un Paese relativamente piccolo, con meno di 127 milioni di abitanti, che conta una popolazione non a caso estremamente longeva. Una popolazione che punta sul metodo, sul miglior funzionamento possibile di ogni ramificazione della società. Dalla sanità, alla giustizia, alla ricerca scientifica.
La mediocrità di una comunità basata sulla raccomandazione, sul malaffare, sul nozionismo e non sulla vera Cultura peggiora la qualità della vita dei singoli più di quanto i singoli non possano percepire.
Nella scienza, nell’arte, nella creatività, è la salvezza del mondo.