L’evoluzione del sistema scolastico italiano
Non ci sia spazio per il separatismo nel tempo dell’inclusione
Nel tempo, il modello pedagogico della scuola italiana è stato rivisto da una serie di normative, decreti, circolari e direttive ministeriali, finalizzate a dare precise indicazioni a tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado del territorio nazionale su strumenti operativi, strategie e metodologie didattiche da adottare per l’inclusione.
Un quadro normativo che nello spazio di circa cinquanta anni ha portato il sistema scolastico dall’inserimento degli alunni diversamente abili nelle classi speciali alla scuola dell’inclusione.
Dal punto di vista cronologico, si sono succeduti i seguenti provvedimenti normativi:
• l. n. 118 del 1971, in cui l’art. 28 disponeva che l’istruzione dell’obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica;
• l. n. 517 del 1977, che sancisce il diritto alla frequenza scolastica di tutti i portatori di handicap; che la classe in cui viene inserito non deve contare più di 20 alunni e che deve essere assicurata la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio- psico-pedagogico e forme particolari di sostegno.
• l. quadro n. 104 del 1992, che riconosce il diritto all’educazione, all’istruzione e all’integrazione scolastica, per cui gli strumenti devono essere messi a disposizione da asl, ee.ll. e istituzione scolastica in modo coordinato nei glis – gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica;
• d.P.R. del 24 febbraio 2004, relativo all’individuazione degli strumenti e delle strategie per il successo formativo, che introduce e perfeziona strumenti quali diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale, pei;
• Linee guida del 4 agosto 2009 per l’integrazione scolastica degli alunni con disAbilità, che introducono il concetto di dimensione inclusiva della scuola;
• d.lg. n. 66 del 2017, recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (seguito poi dal d.lg. n. 96 del 2019 che ha inserito poi una serie di correttivi per gli aspetti più squisitamente gestionali e organizzativi).
Questo lo stato dell’arte sul piano positivo e legislativo che oggi, si scontra con neonate ideologie separatiste che in modo aperto e dichiarato invertono la rotta, addirittura lanciando l’idea che le classi differenziate in fondo non siano così male e che forse varrebbe la pena ripensarci. Non è insolito imbattersi in articoli di stampa che riportano l’iniziativa di quel dirigente scolastico o le dichiarazioni di quel politico che strizzano l’occhio al concetto del separatismo nella scuola dell’inclusione.
E se il Codacons insorge in 104 Procure d’Italia prospettando il reato di istigazione e propaganda di natura discriminatoria di cui all’art. 604 bis c.p., in una scuola piemontese si selezionano gli studenti ammessi alla gita didattica sulla base dei voti e della media scolastica, proprio con la fredda analisi che ci si aspetterebbe da un software di AI e non da un gruppo di educatori/formatori che, al di là del voto, dovrebbero valorizzare il concetto di merito, più ampio e complesso di una sterile quantificazione aritmetica (soprattutto se si considera che la scure della selezione, nel caso specifico, vedrebbe certamente esclusi i ragazzi disabili o con disturbi specifici dell’apprendimento che invece paradossalmente, partendo da una posizione naturale di svantaggio, dovrebbero essere maggiormente incoraggiati per la valorizzazione dei loro sforzi).
La Convenzione sui Diritti delle persone con Disabilità (firmata a New York nel 2006, ratificata dal Parlamento della Repubblica italiana il 24 febbraio 2009, data dalla quale essa diventa legge dello Stato, e infine ratificata dall’Unione europea il 23 dicembre 2010) stabilisce i requisiti di base per i diritti delle persone con disAbilità e ha un carattere giuridicamente vincolante: il suo scopo è di promuovere, proteggere e garantire il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.
Insomma, la legislazione, nazionale e sovranazionale, ha sempre distinto l’handicap legato alle condizioni di minorazione psico-fisica-sensoriale della persona dagli altri tipi di handicap legati a cause di svantaggio sociale, culturale, economico, in quanto negli ultimi anni i nuovi fenomeni sociali quali i flussi migratori, le nuove povertà, il disorientamento dei genitori riguardo al compito educativo delle famiglie assegnano una nuova attualità al tema dell’inclusione in ambito educativo.
In questo nuovo scenario, la scuola deve essere in grado di rispondere ai bisogni di tutti per non incorrere nel paradosso di trovarci di fronte a istituti appena imbiancati, supertecnologici – anche con ricorso al finanziamento privato – collocati a distanza siderale tra le risorse e il nucleo originario dell’educazione per la crescita dell’individuo: la tanto auspicata e certamente doverosa caratura istituzionale della scuola oggi sotto più aspetti delegittimata non potrà mai concretamente realizzarsi finché cederà all’autosabotaggio tradendo se stessa e la sua funzione.