L’INCAPACITÀ NELLA STORIA
Il male di ogni tempo
La Storia è costellata di episodi drammatici, spesso riconducibili alla cronica incapacità di dialogare, di capire le ragioni altrui, di accettare una sconfitta, di saper vincere senza avvertire l’esigenza di umiliare gli avversari sconfitti.
Si pensi al complicato processo che ha portato l’Italia al passaggio dalla Neutralità all’Intervento.
Di là dalle complesse relazioni, nazionali e internazionali, tra interventisti e neutralisti, si pensi anche soltanto all’episodio della fucilazione di Cesare Battisti. In quella occasione, l’impero Austriaco, nel voler pubblicamente umiliare quello che considerava un traditore, dimostrò la propria incapacità di valutare con ragione le conseguenze delle proprie azioni: le fotografie dell’esecuzione di Cesare Battisti e di Fabio Filzi, nelle quali si vedono il boia e i suoi aiutanti sorridere soddisfatti accanto ai cadaveri, sbeffeggiandoli, furono benzina sul fuoco dell’irredentismo. Tanto che Karl Krause scrisse, «È un regalo inaspettato per la propaganda italiana, francese, inglese alla quale offriamo il documento della barbarie austriaca, con la firma ed il sigillo dei barbari Medesimi!!!». E così, pure per questo, anche l’Alto Adige e la Venezia Giulia, si incendiarono di potente passione irredentista, e i giovani altoatesini si arruolano in massa nell’esercito italiano.
Ritornano alla memoria anche le umiliazioni subite a Versailles dalla Germania sconfitta, schiacciata da pesanti sanzioni che ebbero l’unico effetto di determinare il crollo della neonata Repubblica di Weimar, spianando la strada all’ascesa al potere di Adolf Hitler.
Durante la seconda guerra mondiale, nonostante il nemico comune, l’Umanità dimostrò più volte la propria incapacità di rimanere fedele a se stessa, tollerando eccidi, bombardando la popolazione inerme e, da ultimo, sviluppando e utilizzando le armi atomiche. Soltanto dopo il massacro, sembrò aver capito la lezione e tratto giovamento dagli errori: la Germania e l’Italia sconfitte non vennero umiliate, ma aiutate nel processo di ricostruzione e di ripresa attraverso contributi a fondo perduto e ingenti aiuti (il c.d. ‘piano Marshall’) e con la trasformazione della ‘Società delle Nazioni’ nell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
Purtroppo, da una parte l’incapacità di mettere da parte l’egoismo individuale e dall’altra il desiderio di prevalere tornarono a serpeggiare tra le Nazioni dando vita a quell’oscuro periodo noto come di ‘guerra fredda’. Anche qui l’incapacità ebbe un ruolo fondamentale, ma, paradossalmente, l’incapacità di garantirsi una vittoria sull’avversario impedì lo scoppio di una guerra calda tra USA e URSS.
Per anni oriente ed occidente si fronteggiarono a distanza, fomentando conflitti e rivoluzioni ‘per procura’, finché, nei primi anni ’90, la caduta dell’Unione Sovietica, schiacciata dalla sua inabilità di far fronte alle istanze di libertà dei Paesi satelliti, fornì l’occasione di una svolta epocale. La Russia si avvicinò all’Europa e un periodo di pace sembrò quasi a portata di mano. Ma, una volta di più, la mancanza di determinazione e coraggio nella vittoria come lo si fu nella lotta giocarono un ruolo fondamentale: la Russia venne nuovamente spinta all’angolo, mentre nuove superpotenze avanzavano le proprie pretese.
E oggi, a poco più di 100 anni da quello che fu per certo un ‘inutile massacro’, ci si ritrova nuovamente di fronte allo spettro di una guerra mondiale, con la consapevolezza dell’incapacità, da parte di una diplomazia fatta di ‘Io’, di porre basi solide per la pace tra le Nazioni.
Occorre vincere, oggi più che in passato, la patologica incapacità di vedere i bisogni dell’altro, calpestandone timori ed esigenze, nel vano tentativo di raggiungere una prevalenza e un benessere che, in assenza di giustizia ed equità, non potrà mai essere stabile e duraturo, auspicando che, nelle relazioni internazionali, il ‘Noi’ dell’Umanità prenda il posto dell’‘Io’ dei nazionalismi.
Affinché l’unica incapacità che rimanga sia quella di vedere l’altro come nemico da annientare.