Made in Italy, marchio di ‘saper fare’
PNRR e prospettive future
Karl Marx scriveva nel Libro I de ‘Il Capitale’, circa 150 anni fa, che la merce è qualcosa di «sensibilmente sovrasensibile, una cosa quasi teologica». Si riferiva alla merce di moda, a certi oggetti per la casa, a tutte le cose meravigliose create quasi dal nulla che portavano gli operai delle fabbriche e delle miniere a rovinarsi l’esistenza per preodurle e, poi, per poterle sognare e, forse, avere un giorno.
Il Made in Italy rientra oggi in quel settore che all’Europa piace chiamare ‘Industrie Culturali e Creative,’ perché i fattori chiave della sua capacità di creare valore sono proprio la cultura e la creatività, integrate in chiave produttiva e organizzata. È un ambito in continuo cambiamento, caratterizzato da una velocità di azione unica nell’orizzonte dell’industria. Ricorre a processi e soluzioni che devono essere pronti e collaudati.
Il Made in Italy esiste se esiste una domanda di alta qualità, che sa riconoscerla e che può permettersi di pagarla.
Disegno, stile, cultura, design, sensibilità, arti, messa in scena, fotografia, immagine, audiovisivo, spettacolo, integrazione con i valori del territorio.
Lavoro specializzato, di alta qualificazione e di difficile riproducibilità.
Questo è il Made in Italy, uno dei primi brand conosciuti e apprezzati al mondo. Il marchio di un saper fare che distingue l’Italia tra gli altri: creatività, qualità, italian life style che si esprimono principalmente nelle aree dell’abbigliamento, arredamento, automazione meccanica, agroalimentare.
La punta di diamante è il ‘bello e ben fatto’.
Nonostante l’enorme potenziale, il nuovo contesto geopolitico ha enfatizzato l’enorme vulnerabilità delle filiere di fornitura e dell’autonomia strategica dell’Italia e dell’Europa.
Il sistema italiano di imprese soffre di limiti noti. Tra questi, un rapporto poco maturo con il mercato dei capitali, modelli di governance che faticano a distaccarsi dall’impostazione familiare, una produttività dei fattori stagnante. Su tutti, però, pesa molto il sottodimensionamento – patrimoniale, organizzativo, tecnologico, di capitale umano – rispetto alle esigenze dei mercati internazionali.
Proprio l’internazionalizzazione è un tema che permea buona parte del PNRR, che pone una specifica attenzione alla questione dell’internazionalizzazione delle PMI.
Tra gli obiettivi del PNRR c’è, infatti, anche quello di stimolare la promozione del Made in Italy e, in questa prospettiva, grande importanza è dedicata, una volta di più ai temi della sostenibilità e della digitalizzazione.
È nella prima delle sei missioni del PNRR.
Per comprendere la natura degli interventi è necessario scorrere la lettura fino alla Componente 2, quella riferita alla “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”. All’interno di questa sezione, la voce “Investimento 5” analizza nel dettaglio le misure previste dal Governo italiano per stimolare l’import/export del Paese.
All’interno dell’“Investimento 5” è possibile poi trovare due misure finalizzate alla promozione dell’internalizzazione.
La prima è rappresentata dal rifinanziamento del fondo SIMEST (Società Italiane per le Imprese Miste all’Estero), la finanziaria creata nel 1991 per assistere gli imprenditori nella loro attività presso i mercati esteri. Questo intervento prevede di finanziare le PMI votate al mercato estero, facilitando il loro ingresso sui mercati internazionali e aumentando la loro competitività. Nel dettaglio sarà possibile chiedere finanziamenti a tasso agevolato (con Fondo Perduto fino al 25% e fino al 40% per le aziende con sede nel Sud Italia da almeno 6 mesi) per attivare processi di internalizzazione e di transizione ecologica e digitale.
La seconda misura prevede, invece, un potenziamento del Contratto di Sviluppo, il programma che sostiene gli investimenti di grandi dimensioni nel settore industriale.
Questo intervento si rende necessario in relazione allo status quo delle aziende italiane, sottodimensionate rispetto alla concorrenza estera. Aumentando la dimensione delle PMI, crescono le possibilità di innovazione e di capacità concorrenziale sui mercati internazionali.
Le misure sono rivolte alle sole PMI italiane e si palesano, nello specifico, attraverso tre diversi strumenti:
a) transizione digitale ed ecologica delle PMI con vocazione internazionale: questo è senza dubbio lo strumento più interessante per le aziende e offre loro la possibilità di ottenere finanziamenti fino a 300 mila euro;
b) partecipazione di PMI a fiere e mostre internazionali, anche in Italia, e missioni di sistema: si ritiene che la partecipazione di PMI italiane innovative a mostre, fiere e missioni di sistema sia necessaria per la promozione sulla scena internazionale;
c) sviluppo del commercio elettronico delle PMI in Paesi esteri: questo obiettivo pone l’accento sulla necessità di dotare le aziende di piattaforme eCommerce performanti per commercializzare i propri prodotti sui mercati esteri, sia di proprietà che di terzi (i cosiddetti marketplace).
In questo contesto, è ancora decisivo il potenziamento del fondo SIMEST, che ora permette di ottenere finanziamenti fino a 300.000 euro per una piattaforma di proprietà e fino a 200.000 euro per una piattaforma di terzi.
Al netto degli interventi previsti dal Recovery, sarebbe auspicabile una maggiore coerenza tra promozione nazionale e promozione regionale-territoriale, evitando iniziative che trasmettono all’estero una sovrapposizione confusa di immagini del Made in Italy.
Congiuntamente con le Regioni, la rete delle Camere di commercio (che in Paesi come la Germania e simili di cultura anglosassone esercita una forte rappresentanza delle imprese nazionali sui mercati esteri), potrebbe promuovere e agevolare l’incontro diretto fra gli operatori, nonché contribuire all’attrazione degli investimenti diretti in Italia, ma sempre con attenzione verso le maggiori iniziative promosse dal governo nazionale.
Anche la selezione e formazione del personale dirigente, in particolare quando viene assegnato alle sedi estere, è di cruciale importanza per rispondere efficacemente ai bisogni delle imprese e valorizzare al massimo la complementarietà col personale diplomatico. Andrebbero riconosciuti meccanismi di premialità basati sul merito, avvalendosi anche di sondaggi di valutazione delle imprese che si sono rivolte ai servizi di Ice e ambasciate.