MERITO E DIGNITÀ ALLA DANZA ITALIANA
Una disciplina dimenticata
In uno dei Paesi più conosciuti al mondo per la bellezza dei suoi monumenti, il canto lirico, la pittura e l’estro artistico, da oltre un trentennio resta al margine una delle arti più amate dall’immaginario comune: la danza.
Ed è proprio dall’immaginario comune che occorre partire per comprendere la portata del fenomeno.
Spesso, nelle famiglie con bambini, quando occorre scegliere un’attività extrascolastica da svolgere, si pensa alla danza. Ma il punto è proprio questo: una disciplina ricca di tradizione diventa sempre mera attività ludica o di svago, diversamente da quanto accade per tante altre attività, per le quali si è più facilmente invogliati a intraprendere un impegno professionale.
La danza resta un gioco, e come tale non è fatta oggetto delle attenzioni che meriterebbe.
Invece è una forma d’arte nobile. Per tanti è anche una professione; come tutte le professioni, è regolata dal Contratto di Lavoro Collettivo.
Sulla carta.
Nella realtà non sembra essere così.
L’Italia, sede dei Teatri più prestigiosi e belli del mondo, ha visto sciogliersi in un trentennio tutti i propri più promettenti Corpi di Ballo, messi al margine dal mancato riassetto organizzativo e, peggio ancora, da tagli dell’organico sempre più frequenti e ridotti ‘goccia a goccia’ sul Fus.
Se c’è una sezione da sacrificare in ogni Ente lirico, è sempre il ballo, con stagioni quasi inesistenti o mai avviate.
È strano, considerato che i più importanti ballerini italiani erano, nel lontano 800, i primi interpreti scelti per coreografie e da compositori di primo rilievo. Senza contare che la grande scuola italiana del Ballo è stata modello per tante scuole straniere.
Ciò che però è ancora più strano è che, in astratto, la normativa vigente prevede, oltre agli apporti privati, un intervento dello Stato a favore delle c.dd. ‘stagioni d’opera e di balletto’, mentre, in concreto, in ogni Fondazione italiana si ritrovano circa 6/7 titoli d’opera contro 3 o 4 titoli di balletto. Sempre per le Fondazioni a oggi aventi dei Corpi di Ballo (4 attualmente); diversamente, si riducono a 1 o 2 titoli e con una sola recita per ciascun titolo.
Dove finisce la parte di risorse destinata al balletto nelle Fondazioni?
Non è dato neppure riscontrare attività di controllo da parte degli organi deputati (revisori dei conti interne delle Fondazioni) a verificare l’equa ripartizione dei fondi a disposizione.
Si aggiunge l’assenza quasi totale della danza di grande livello anche dalla TV (chiuso infatti da oltre 30 anni il Corpo di Ballo della Rai) e dagli eventi di punta italiani. Questo contribuisce alla diffusione di un progressivo disinteresse nel pubblico italiano.
È necessaria una riforma normativa, perché possano riaprire i corpi di Ballo in tutti i teatri e si possa risvegliare l’interesse in quest’arte e restituire alla disciplina la dignità e la credibilità che merita.
Serve un bilanciamento vero tra le programmazioni operistiche, sinfoniche e di balletto e un sicuro rimaneggiamento del contratto collettivo del lavoro, che ponga in maggior tutela il lavoratore artistico, fornendogli strumenti adeguati di effettiva tutela e la garanzia di una copertura pensionistica adeguata al vivere odierno.
Gli obiettivi da raggiungere dovrebbero essere, dunque,
– la riapertura dei Corpi di Ballo chiusi, teatrali e televisivi, con conseguente nuova regolamentazione sulla assunzione delle masse tersicoree;
– un chiaro bilanciamento delle stagioni teatrali delle Fondazioni;
– garanzia di maggiore spazio alle Compagnie di Danza Italiane nel territorio rispetto a quelle straniere;
– un ampliamento dei Festival estivi di danza e balletto, in corso e di nuova istituzione, mediante sovvenzionamenti pubblici.