MI: sì alla modifica della durata delle intercettazioni

MI: sì alla modifica della durata delle intercettazioni

È in discussione alla Camera la proposta di legge su “Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione”, già approvata in Senato.

Il disegno si compone di un solo articolo, sulle modifiche alla durata delle intercettazioni. Si aggiunge il seguente periodo al comma comma 3 dell’art. 267 c.p.p.: «Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni, salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione». Tale limite non troverebbe applicazione per i procedimenti che rientrano nell’ambito operativo dell’art. 13, d.l. n. 152 del 1992 (conv. in l. n. 203 del 1991), quelli relativi ai delitti di criminalità organizzata e di terrorismo.

La fissazione di un termine massimo per le intercettazioni è certamente condivisibile. Rende ossequio al principio di certezza del diritto e del giusto processo. La logica è consentire e autorizzare la prosecuzione delle intercettazioni solo a condizione che queste siano giustificate e siano emersi ulteriori elementi.

È un fatto che negli ultimi anni si sia riscontrato un uso eccessivo delle intercettazioni. A volte un vero e proprio abuso.
Sebbene, infatti, la normativa oggi in vigore imponga una congrua motivazione a giustificazione della proroga dei termini massimi, spesso questa proroga avveniva per relationem. Dunque, in mancanza dei presupposti previsti dalla legge.

L’utilizzo dello strumento processuale delle intercettazioni spesso incide in maniera consistente sulla privacy delle persone coinvolte, per mesi e, in alcuni casi, per anni. Senza contare che la circolazione incontrollata delle risultanze, anche per le vie degli organi di stampa, presta il fianco a processi mediatici che inquinano la giustizia e distruggono vite di indagati prima di una eventuale condanna.

La proposta di legge in discussione può consentire di raggiungere un punto di equilibrio tra la salvaguardia delle esigenze investigative e la prassi, ormai consolidata, delle c.dd. intercettazioni esplorative. La riforma non elimina le proroghe, ma le irrobustisce con requisiti propri e uno stringente onere di motivazione doveroso ai fini della responsabilizzazione degli inquirenti.

Meritocrazia Italia chiede che ogni riforma sia mirata a dare contemperamento ai diversi interessi in gioco: da un lato l’esigenza di individuare i responsabili dei reati e quindi comminare la giusta pena, dall’altra quella di garantire la tutela della riservatezza evitando che ci sia un affievolimento del diritto.
Insiste dunque sulla necessità di
– vietare le intercettazioni telefoniche e/o ambientali relative a conversazioni o comunicazioni riservate tra difensori e con le persone assistite e la trascrizione dell’esito delle stesse nei provvedimenti giudiziari;
– introdurre una nuova più rigorosa regolazione della modalità di informazione ai cittadini, con obbligo di dare medesima evidenza sia alla misura cautelare che alla evoluzione processuale;
– disporre il trasferimento dei contenuti delle intercettazioni esclusivamente in archivio digitale
– migliore garanzia di corrispondenza tra quanto intercettato, registrato e trasmesso, e disattivazione del trojan horse al termine delle operazioni, al fine di renderlo inidoneo a successivi utilizzi;
– limitare l’acquisizione ai soli dati rilevanti, con espresso divieto di sequestro esplorativo;
– introdurre una responsabilità penale del personale di cancelleria per i casi di fuga di notizie relative all’andamento delle inda-gini:
– vietare la pubblicazione di notizie relative alla indagine almeno fino alla sentenza di primo grado.

Stop war



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