Nucleare e gas naturale
Alla ricerca del vero green
Dopo mesi di battaglie e veti incrociati, seguiti da protratto silenzio, si torna a parlare di nucleare, perché, insieme al gas naturale, è entrato nella Tassonomia delle attività sostenibili (EU Taxonomy for Sustainable Activities), un documento ufficiale che definisce un sistema di classificazione delle attività che aiutano alla decarbonizzazione utile per tutti i Paesi membri.
Ad aprile 2021 l’Unione europea, però, aveva chiuso i lavori di composizione senza includere il nucleare.
La Francia guida una decina di Stati, soprattutto dell’est Europa, favorevoli all’inclusione del nucleare tra le fonti di energia verdi e all’inserimento nei piani e nei finanziamenti per la decarbonizzazione del 2050.
La Germania, invece, guida il fronte che spinge verso il metano.
Altri Paesi del nord promuovono maggiormente l’idrogeno, che però a oggi viene prodotto con grande dispendio di energia.
È certo che, dietro ogni ‘opzione ambientalista’, si celino grossi interessi economici connessi anche a scelte pregresse.
E così oggi, oltre alle classiche rinnovabili (solare, eolico, geotermico, mareomotrice, forse veramente ‘verdi’, in quanto dopo un primo impatto ambientale nella loro realizzazione, poi producono energia senza rifiuti pericolosi da smaltire o emissioni di CO2), si trovano anche nuove fonti diventare green per imposizione normativa.
E l’Italia cosa fa per la sua autonomia energetica?
Si torna a ragionare sull’opportunità di investire in nucleare e rigassificatori.
Vero è che la ricerca ha fatto passi da gigante sui reattori nucleari e la ricerca italiana partecipa alla creazione dei famosi reattori di quarta generazione, che utilizzano il piombo come refrigerante anziché acqua o sodio e il torio come combustibile.
Questa nuova tecnologia porta grandi vantaggi, riducendo drasticamente il volume dei rifiuti radioattivi prodotti, ed eliminando la necessità di un deposito geologico per gli elementi transuranici. Ha un uso molto più efficace del combustibile esistente all’uranio, mentre si procede verso la valorizzazione del torio naturale. Soprattutto aiuta ad evitare gravi incidenti nucleari, poiché il nocciolo del reattore rimane sempre subcritico e la cascata nucleare può essere interrotta istantaneamente spegnendo l’acceleratore.
Tuttavia, alle criticità in termini di tempi di realizzazione e costi (il primo prototipo dovrebbe arrivare tra 5 anni e a 30 sono previsti realizzo e messa in sicurezza), si aggiungono quelle, già drammaticamente sperimentate, connesse alla mancanza di una cultura delle manutenzioni, e alle potentissime ecomafie. Non si è data prova di adeguata capacità di gestione nel caso dell’inceneritore di Acerra, diventato radiativo. Le regole cambiano velocemente, per comporre un quadro frammentato e incerto, che non sempre segue logiche di garanzia di sicurezza ed efficienza.
È indispensabile tornare a pianificare una strategia energetica a lungo termine.
L’Italia non possiede giacimenti significativi di gas naturale o di uranio, ma si può giovare una utile posizione geografica e di una morfologia che permette di utilizzare tutte le fonti green sopra richiamate.
Con una progettazione sistemica per il posizionamento strategico di micro-centrali e una adeguata legislazione che avvantaggi i piccoli produttori, si potrebbe ottenere una significativa autonomia energetica.
Anche l’idroelettrico è da ripensare, soprattutto a fronte dell’aumento della scarsità di precipitazioni che stanno impoverendo le montagne e le falde acquifere.
FONTI
https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/banking-and-finance/sustainable-finance/eu-taxonomy-sustainable-activities_en
https://insideevs.it/news/530222/newcleo-energia-nucleare-torino/
https://rienergia.staffettaonline.com/articolo/33117/Tecnologia:+dalle+mega+centrali+idroelettriche+al+mini+e+micro+idro/Quaranta
https://www.energyup.tech/sostenibilita/impianto-mini-eolico-cose-quanto-costa-quando-conviene-installarlo/