Nuova regolazione sulla deforestazione

Nuova regolazione sulla deforestazione

Un punto di partenza

L’Unione europea si appresta a varare la nuova regolazione contro deforestazione e perdita della biodiversità.

Si ha deforestazione quando il disboscamento eccede il tasso di ricrescita della vegetazione arborea. In pratica quando l’abbattimento di alberi è tanto massiccio da determinare la distruzione di un certo habitat. Tra il 1990 e il 2020 questo fenomeno ha interessato un’area più grande dell’intera Europa e i consumi del continente sono stati responsabili del 10% delle perdite.

L’attuale superficie forestale del Pianeta è pari a 4 miliardi di ettari, ma ogni anno nel mondo se ne perdono 4,7 milioni. Solo in Africa in dieci anni se ne sono distrutti 3,9 milioni.
Vengono meno enormi polmoni verdi.
Per questo, la deforestazione è considerata un acceleratore della crisi climatica.

Le cause principali vanno individuate nella
– necessità di fare spazio a nuove aree coltivabili; l’agricoltura resta la prima causa di deforestazione sul Pianeta, attività che impatta ancora di più se consideriamo che alla perdita dei terreni forestali si accompagnano altre pratiche nocive come la costruzione di reti stradali necessarie al trasporto merci. Si aggiungono terreni usati a scopi minerari ed edilizi, o acquistati dai grandi speculatori per le monocolture;
– esigenza di procurare legname come combustibile (ancora un terzo della popolazione mondiale necessita del legno per poter riscaldare le proprie abitazioni);
– esistenza e diffusione di particolari industrie interessate alla materia prima che arriva dalle foreste e dall’abbattimento degli alberi: colossi della cosmetica, come i grandi produttori di olio di palma

La conseguenza principale della deforestazione è legata alla capacità delle foreste di assorbire CO2 e alla loro funzione mitigatrice sui cambiamenti climatici. Meno alberi ci sono e meno CO2 viene catturata; aumentano i gas serra in atmosfera, causa dei drastici cambiamenti climatici. A ciò si aggiunga il contributo che la fitta vegetazione fornisce nel regolare anche la temperatura locale, attraverso la capacità di riflettere la luce solare e le proprietà di evapo-traspirazione (il passaggio di vapore acqueo all’aria attraverso le piante e dal terreno).
Si innesca, insomma, un circolo vizioso che non lascia scampo: l’aumento delle temperature a sua volta determina un au-mento dell’intensità dei fenomeni estremi, come le ondate di calore, e con un clima più caldo si moltiplicano gli incendi che generano grossi danni al patrimonio forestale.

Oltre alle conseguenze legate al degrado ambientale, al disboscamento è legata anche una serie di conseguenze che impattano in maniera più o meno diretta sulla salute umana. Distrutti i cuscinetti naturali che separano le nostre comunità dagli animali selvatici aumenta il rischio di spillover, per cui i virus passano più facilmente dagli animali all’uomo.
La perdita di biodiversità determina la impossibilità di ricercare e sintetizzare nuovi farmaci basati su principi attivi di piante o ispirati alle modalità di funzionamento di altri organismi.
In più, la deforestazione mette a rischio il nostro stesso sistema alimentare.

Le foreste generano piogge, raffreddano la Terra, assorbono gas serra, immagazzinano carbonio, custodiscono una biodiversità fondamentale per la tenuta degli ecosistemi, contrastano la desertificazione, producono acqua, cibo e medicine. Ed in alcune parti del mondo ancora custodiscono comunità indigene, che proteggono molte aree di queste foreste, come ad esempio quella amazzonica.

Nonostante la portata del fenomeno e il suo impatto, la lotta contro la deforestazione nel mondo era fino ad oggi ferma all’unica intesa raggiunta nel corso del COP 26 a Glasgow nel 2021, in occasione del quale i 110 Paesi partecipanti si sono impegnati a fermare la distruzione delle foreste entro il 2030.
Un accordo che appare subito fragile, generico, e soprattutto sprovvisto di sanzioni per chi non lo rispetta.

Va, dunque, accolta con favore la nuova regolazione europea, che consente alle aziende di vendere nell’Unione solo i prodotti il cui fornitore abbia rilasciato una dichiarazione di «diligenza dovuta», che attesti che il prodotto non proviene da terreni deforestati e non ha contribuito al degrado di foreste, comprese le foreste primarie insostituibili, dopo il 31 dicembre 2020.

I prodotti interessati dalla norma sono però solo alcuni (soia, manzo, olio di palma, legno, gomma, cacao e caffè e alcuni prodotti derivati come pelle, cioccolato e mobili).
E lascia perplessi che si sia deciso di difendere solo le foreste, mentre sono state lasciate senza tutela altre aree naturali assai sensibili come savane e torbiere, così come i diritti umani delle popolazioni indigene appaiono tutelati in maniera ancora troppo debole.
Così come non soddisfa pienamente che, per le pressioni del settore forestale europeo e del governo canadese, i governi dell’Unione abbiano optato per una definizione poco rigorosa di ‘degrado forestale’, che rischia di diventare una scappatoia proprio per chi intende continuare a tagliare legname in modo insostenibile.

Certamente un utile punto di partenza, ma non un approdo.
Che da subito e per gli anni a venire, l’Unione europea alzi il livello della propria attenzione per proteggere non solo le foreste, ma la natura nel suo complesso, e impedire alle imprese non responsabili non solo di accedere al mercato, ma anche di ottenere prestiti dalle banche europee.

Il fenomeno della deforestazione ha senza dubbio una dimensione globale, ma non avanza dappertutto allo stesso modo, e ci sono Paesi più colpiti di altri. Ad esempio, se negli ultimi dieci anni in Asia ed Europa è aumentata la copertura forestale, questa si è ridotta, e di parecchio, in Africa e nel Sud America. E ciò che preoccupa di più è che stia crescendo proprio in quelle aree che posseggono un alto tasso di biodiversità e che, tra l’altro, ospitano alcune tra le comunità umane più vulne-rabili al mondo.
Questo rende evidente che nella gestione di una crisi fuori controllo, come è quella legata alla deforestazione, così come in generale nella battaglia per il clima, e per la salvaguardia della natura e delle condizioni di vita della specie umana, gli inter-venti da mettere in atto e le decisioni da assumere devono collocarsi su di un doppio livello, uno sovranazionale e l’altro locale. Occorrono senza dubbio scelte politiche di portata globale, come quelle che concernono i finanziamenti che servono a combattere il fenomeno.
In tutto il mondo quindi le politiche internazionali, affiancate da una cultura diffusa e consapevole dell’ambiente, devono oggi intervenire per invertire un trend di consumo del pianeta inaccettabile. La strada da intraprendere resta ancora una sola: lotta decisa e ferma ai cambiamenti climatici e a uno sfruttamento sconsiderato del territorio e delle risorse, ed investimenti mirati per il ripristino forestale delle aree colpite.



<p style="color:#fff; font-weight:normal; line-height:12px; margin-bottom:10px;">Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso consulta la nostra Privacy Policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.</p> Leggi la nostra cookie policy

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi