OBIETTIVI PNRR
Riprogrammazione e immediate misure di correzione
Il termine del 2026 per l’attuazione del PNRR potrebbe essere non essere obiettivo realizzabile.
Dalla pianificazione, il quadro economico e politico ha trovato nuovi assetti. Gli equilibri sono mutati. Non erano state considerate variabili esogene come guerra in Ucraina, crisi energetica, impennata dei costi delle materie prime. Senza omettere di considerare che a gennaio l’inflazione arrivata ha raggiunto il +4,8%; alcuni progetti risultano già in ritardo sulla tabella di marcia e non mancano le criticità dovute alla necessità di dotare i Comuni di risorse professionali esterne per aiutare la macchina amministrativa a partecipare ai bandi indetti in attuazione del Recovery.
Con l’aumento dei prezzi, per realizzare tutti i progetti previsti dal PNRR servirebbero circa 10 miliardi in più: la somma di 191 miliardi originariamente prevista per l’Italia è stata calcolata ai prezzi di fine 2020 e oggi non è più sufficiente per realizzare tutti i lavori.
Una proposta di modifica dell’impianto e, soprattutto, delle scadenze previste nel PNRR comincia a farsi strada a voce sommessa, anche se da più parti si conviene che una proposta emendativa sarebbe in questo particolare momento storico anacronistica e, di certo, andrebbe incontro a un fermo rifiuto delle Istituzioni europee.
Per mitigare i ritardi già registrati e creare le condizioni per una prosecuzione dei lavori, alcuni interventi correttivi sono stati introdotti con il decreto Sostegni ter, che ha rivisitato il meccanismo regolato dal Codice dei contratti pubblici per l’adeguamento dei prezzi di aggiudicazione ai costi dei materiali e per la determinazione dei prezzi posti a base degli appalti, in riferimento al settore dei trasporti e delle infrastrutture.
Il provvedimento ha introdotto modifiche alla disciplina riguardante i corrispettivi da riconoscere alle imprese che si aggiudicano contratti pubblici, anche alla luce dell’andamento eccezionale dei costi dei principali materiali da costruzione: si tratta di risorse che dovrebbero assicurare la continuità dei servizi aggiuntivi nel trasporto pubblico locale e sostenere i settori del trasporto in difficoltà per il calo dei ricavi conseguente alle limitazioni imposte dalla pandemia. Il decreto ha altresì demandato al MIMS la definizione degli standard da utilizzare per definire i prezzari regionali utilizzati dalle stazioni appaltanti come base di riferimento per i valori degli appalti pubblici e il calcolo, su base semestrale, delle variazioni dei prezzi dei materiali più rilevanti per l’esecuzione delle opere pubbliche, le quali verranno recepite dal MIMS come riferimento comune per le diverse stazioni appaltanti.
Degna di nota è la modifica introdotta al meccanismo di ripartizione dei benefici e degli oneri derivanti da aumenti dei prezzi dei materiali che intervengono dopo l’aggiudicazione dell’appalto, assicurando una più equilibrata ripartizione del rischio tra le parti. In particolare, in presenza di variazioni annuali dei costi dei materiali superiori al 5% e non più del 10%, la parte eccedente tale percentuale verrà assorbita per l’80% (e non più per il 50%) dalle stazioni appaltanti.
È stato, inoltre, fatto obbligo alle stazioni appaltanti di inserire nei documenti di gara la clausola di revisione dei prezzi, finora facoltativa, e 80 milioni di euro sono stati stanziati a favore delle Regioni e delle Province autonome per garantire la messa a disposizione dei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e il potenziamento dei controlli a bordo nel primo trimestre 2022.
Le previsioni introdotte con il decreto Sostegni ter paiono riferirsi però solo ai nuovi contratti.
Sono esclusi dal meccanismo di revisione prezzi obbligatoria tutti i contratti già sottoscritti; a essi continuerà ad applicarsi il regime di cui agli artt. 133, d.lg. n. 163 del 2006 oppure l’art 106, d.lg. n. 50 del 2016, a seconda della normativa vigente ratione temporis; mentre, per i contratti che non prevedevano clausole di revisione, nessun sostegno è stato previsto per i lavori effettuati dopo il 2021.
In altri termini, la misura della compensazione post 2021 non è più generalizzata, ma è diretta a favorire solo i contratti che verranno stipulati.
Così facendo, il nuovo decreto ha sottratto alla tutela derivante dalla compensazione sia i contratti sottoscritti a valle di procedure di gara indette prima del 27 gennaio 2022, sia tutti i lavori eseguiti e contabilizzati nel 2022 nel caso in cui l’offerta sia stata formulata nel corso dell’anno.
Detto meglio, non possono accedere ai nuovi criteri di compensazione quei contratti che maggiormente hanno subito l’influenza negativa dell’aumento dei prezzi. Inoltre la nuova norma lega l’istanza di compensazione ai lavori eseguiti «nel rispetto dei termini indicati nel cronoprogramma dei lavori», negando di fatto la compensazione per qualsiasi mancato rispetto del cronoprogramma dei lavori, anche se tale circostanza potrebbe dipendere da cause non imputabili all’appaltatore.
In definitiva, la diversità di trattamento che il decreto Sostegni ter introduce nel settore non pare coerente con il principio di parità di trattamento, e probabilmente sottende un favor legis per gli operatori da individuare nelle gare che stanno per essere indette con fondi PNRR che sovverte la logica dei sostegni alle imprese come conseguenze degli impatti negativi del Covid.
Meglio sarebbe stato probabilmente introdurre l’obbligo per tutti i contratti di riconoscere la revisione prezzi, con regole univoche e a parità di condizioni per gli operatori del settore, eliminando il riferimento al rispetto del cronoprogramma e oneri eccessivi e irragionevoli a carico delle imprese.
Nell’incertezza, il rischio di gare deserte e lavori lasciati incompiuti resta alto.