Per combattere la devianza giovanile non si intervenga con la scure della repressione

Per combattere la devianza giovanile non si intervenga con la scure della repressione

Annunciata è la presentazione di una proposta di legge con la quale si disporrebbe la revoca del reddito di cittadinanza alle famiglie di minori violenti, autori d’atti di bullismo o appartenenti a baby gang.

Il fine, di puntare sulla deterrenza, è condivisibile. Lo strumento utilizzato del tutto inadeguato.
Di là dall’erroneo postulato secondo il quale la devianza giovanile sarebbe connessa a condizioni di difficoltà economiche familiari, che ignora l’amplissima diffusione del fenomeno anche tra ragazzi provenienti da contesti sociali agiati, inaccettabile è che si tenti di porre rimedio a un problema, quello della violenza giovanile, aggravandone un altro, quello del disagio socia-le dovuto ad affanni economici e scarsa inclusione lavorativa.
E quasi che l’attenzione dei genitori nella cura dei figli possa essere sollecitata da benefici di tipo economico.

Il provvedimento sarebbe non solo inutile, ma anche dannoso. La misura non avrebbe portata deterrente e contribuirebbe all’emarginazione sociale di chi invece avrebbe diritto al sostegno economico, con inevitabili ripercussioni proprio su quei giovani che andrebbero aiutati e non ulteriormente mortificati nelle opportunità di recupero.
Sono proprio le famiglie che vivono in uno stato di disagio a dover ricevere maggior supporto e a non poter essere abban-donate.

Da sempre Meritocrazia Italia chiede che il reddito di cittadinanza sia mutato in reddito di inclusione, in una misura realmen-te utile al reinserimento lavorativo, avanzando proposte di riforma di immediata fattibilità. In questa rinnovata formulazione, lo strumento dovrebbe essere usato non come arma di ricatto o misura sanzionatoria, ma a supporto di chiunque viva il dramma dell’esclusione.
Lo Stato faccia la sua parte in maniera seria e responsabile, rimuovendo piaghe sociali come quella della delinquenza giovani-le non con la scure della punizione, ma con adeguati meccanismi di prevenzione, di educazione al rispetto, alla legalità e alla diversità, e con percorsi di rieducazione, sia per i figli che per quei genitori che si siano mostrati poco accorti, con piani di avvicinamento alla logica della comprensione, del dialogo e dell’ascolto, aiutandoli a riscoprire l’importanza e la bellezza dell’essere guida.
Fondamentale anche una riforma dei piani formativi scolastici, con rimodulazione di tutte le fasi dello sviluppo, volti ad ac-compagnare l’adolescente verso una maggiore consapevolezza di sé e del ruolo nella Società, e si punti alla rimozione degli ostacoli di natura economica, sociale e culturale alla piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori.
Per altro verso, andrebbero rafforzati i piani di rieducazione, recupero sociale e di reinserimento per quei giovani che si sono resi artefici di fatti di illegalità, al fine di dare effettività al principio di rieducazione della pena che, deve avere ancor più pre-gnanza nei confronti di soggetti più fragili e disorientati.

Ai giovani non servono provvedimenti demagogici e slogan politici, ma comprensione e supporto.

Stop war.



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