PER CONCORSI SECONDO EQUITA’, MERITO E COMPETENZA
E’ noto che alla base dei rallentamenti della macchina pubblica vi sia un sistema eccessivamente burocratizzato. Ed è altrettanto condivisa l’esigenza di intervenire presto per consentire una maggiore efficacia ed efficienza del servizi a favore dei cittadini.
In fase di analisi, si scopre che la p.a. italiana offre una disponibilità di servizi online superiore alla media europea, ma è comunque terzultima nel loro utilizzo per molteplici fattori. Su tutti, disabitudine all’utilizzo e scarsa cultura digitale.
Il disagio procurato dai disservizi espone la p.a. a critiche feroci e ne fa oggetto di propositi di riforma, pure continuamente rinviati e mai attuati.
Se, da un lato, si continua a invocare una semplificazione dei processi attraverso una massiva digitalizzazione, dall’altro non si può prescindere dal puntare su una reale sinergia tra componente tecnologica, organizzativa e umana. Il percorso di cambiamento, infatti, dovrebbe essere tale da consentire che all’ammodernamento delle tecnologie informatiche corrisponda una rivisitazione dei modelli organizzativi e dei processi in chiave digitale, senza sottovalutare il fattore umano, il più importante.
Servono, per questo, ringiovanire la platea dei dipendenti pubblici, oggi in sotto-organico, con l’accortezza di acquisire risorse dotate di nuove e maggiori competenze rispetto a quelle attuali.
Per iniziare a risolvere i problemi legati a una p.a. inefficiente, occorre concentrare l’attenzione su due aspetti: le modalità delle nuove assunzioni e le competenze dei dirigenti della p.a.
Relativamente alla prima questione, l’azione di Governo è volta alla digitalizzazione delle procedure per i concorsi pubblici e celere assunzione.
Le nuove modalità di concorso prevedono prove decentrate, in modalità telematica, e test di accesso più rapidi, con uno schema di bando-tipo, al fine di uniformare le modalità di reclutamento su tutto il territorio nazionale.
A riguardo, il d.l. n. 44 del 2021 (c.d. d.l. Covid) prevede la possibilità di velocizzare i concorsi pubblici, in particolare quelli nella p.a., con l’obiettivo di concludere ogni concorso in circa 3 mesi (a fronte dell’attuale media temporale di ben 4 anni).
I punti cardine della riforma sono:
– eliminazione della prova preselettiva tradizionale;
– nuova preselezione per titoli e/o esperienza professionale, escludendo dal punteggio stage e tirocini professionalizzanti ed includendo solo i contratti a tempo determinato o indeterminato;
– digitalizzazione dei concorsi.
Se l’ultimo punto è auspicabile sia per i concorsi che per gli esami di Stato professionalizzanti, i primi due punti aprono a diverse riflessioni sul merito della procedura e sui possibili destinatari.
Se si analizza, infatti, in particolare il bando dell’ultimo concorso per l’assunzione veloce in 100 giorni di 2800 tecnici al Sud, emerge che la riforma sostituisce la prova di preselezione, precedentemente svolta con un test scritto, con una selezione basata su titoli “legalmente riconosciuti” ed esperienze pregresse.
Tale sistema, sebbene teso a velocizzare le assunzioni, potrebbe comportare, in punto di fatto, discriminazioni con l’esclusione del 90% dei giovani candidati neolaureati, con un vero e proprio sbarramento all’accesso.
Non è difficile, infatti, calcolare il punteggio che può raggiungere un neo laureato che ha ottenuto il massimo dei voti, 0,60/10, di gran lunga inferiore ai 6/10 punti di cui può beneficiare, con tale sistema, chi ha già lavorato nella p.a., favorendo quest’ultimo con un punto per ogni anno di lavoro svolto.
Diviene ovvio lo sconforto dei giovani neolaureati, senza un master, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, considerati da tutti i principali destinatari di tale riforma, ma che, di fatto, ne restano penalizzati in quanto rischiano di non raggiungere il punteggio minimo necessario a superare la preselezione e ciò in spregio del principio basato sul favor partecipationis.
Sebbene sia stata chiarita l’eccezionalità della misura, a immediato supporto delle amministrazioni in sofferenza, le perplessità e i dubbi restano.
Tale strumento, infatti, sembra violare il principio meritocratico e favorisce le discriminazioni in base all’età e di carattere economico, premiando chi ha potuto permettersi di frequentare corsi postlaurea e master.
La paura, inoltre, che questa prassi possa trasformarsi da temporanea in definitiva resta elevata.
Vale nutrire, insomma, qualche perplessità.
Anche perché resta alto il rischio che tale impostazione possa generare una notevole quantità di ricorsi dinanzi ai Tar, come successo più volte in passato per concorsi poi dichiarati iniqui e sproporzionati.
Va sottolineato, infine, che l’età media nella p.a. italiana è tra le più alte in Europa e che tale logica, premiale verso persone con maggiori esperienze ed età, non porterà benefici reali in tal senso.
Viste le lacune del decreto, non va trascurato, poi, il pericolo di concorsi ad personam, ossia con bandi confezionati su misura, e ciò specie negli enti locali più piccoli, bastando, in tal senso, tenere conto dei requisiti specifici di alcuni candidati piuttosto che di altri.
Altre perplessità anche sullo strumento del Multiple Choice Question (Test a risposta multipla) per la scelta del professionista da reclutare. Questo tipo di verifica è oggi molto utilizzata per test di ammissione a concorsi, prove di autovalutazione intercorso, progress test, prova di ammissione alle scuole di specializzazione. Esso, correttamente allestito, può consentire la verifica di alcune tipologie di competenze, anche se non si presta per la valutazione di tutte le tipologie di apprendimento, quali ad esempio le cosiddette competenze trasversali. Se tale tipologia di test, infatti, può essere considerata efficace per scopi formativi, diventa più discutibile in un processo di assunzione e ancor di più se tale processo viene realizzato online. Tra i vantaggi vi è, di sicuro, la rapidità di esecuzione e l’oggettività delle domande ma andrebbe anche considerato che, in alcuni ambiti specifici, gli argomenti possono assumere livelli di complessità elevati, tali da richiedere l’utilizzo di domande con valenza interpretativa e non solo conoscitiva.
Se, quindi, tale tipologia di valutazione può essere utile per sfoltire notevolmente la rosa di candidati in un test di preselezione, portando con sé i vantaggi di trasparenza ed imparzialità, attendibilità ed efficienza, dovuta alla velocità di correzione, va valutata con attenzione la sua validità per una prova di concorso volto ad una assunzione di nuove competenze a cui affidare il nostro presente ed il prossimo futuro.
Si propone, piuttosto, di:
– realizzare un sistema misto, basato su titoli e competenze, ripristinando un’equa prova preselettiva;
– rivedere il sistema di punteggi dei titoli, stabilendo una valutazione secondo equità a favore dei giovani neo laureati;
– inserire nella valutazione dei titoli anche gli stage e tirocini, per i quali si è già investito con un percorso di formazione negli enti, dedicando un punteggio adeguato o una riserva;
– precisare in modo più chiaro la temporaneità della tipologia di concorso, vista l’eccezionalità del periodo attuale, e comunque di fissare già da adesso i criteri di un futuro concorso per trasformare contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, al fine di non generare nuovo precariato e non promuovere un’assunzione automatica al termine del periodo contrattuale.