Per il rilancio delle imprese italiane, sia incentivato il reshoring
Il rientro in patria di attività produttive in precedenza spostate all’estero è diventata, per le nostre imprese, una scelta obbligata per potersi nuovamente approvvigionare dai fornitori interni e limitare il rischio di dipendere esclusivamente da produttori e fornitori localizzati fuori dall’Unione. Sono molte le aziende europee che hanno deciso di riportare la produzione di beni o servizi all’interno dei propri confini nazionali.
Per poter effettuare il reshoring è necessario riattivare, o costruire, gli stabilimenti di produzione. Molte aziende hanno dismesso nel tempo gli stabilimenti produttivi e, anche ove ancora esistenti, può essere necessario il riammodernamento degli impianti adottando, con ricorso a nuove tecnologie e nuovi macchinari. L’operazione costa.
Oltre a limitare la dipendenza da Paesi stranieri, spesso meno affidabili, il reshoring oggi trova anche altre importanti motivazioni economiche, tra le quali l’aumento dei costi di produzione nei Paesi che una volta erano considerati a più basso costo, dove negli ultimi anni, il costo del lavoro e di altri fattori di produzione è aumentato significativamente, rendendo meno conveniente la delocalizzazione rispetto al passato.
Si aggiunge l’interruzione della catena di approvvigionamento dovuta alla pandemia, che ha evidenziato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali, spingendo le aziende a riconsiderare la delocalizzazione per ridurre i rischi.
Un evento che ha posto seri dubbi sulle dipendenze da Paesi extra Unione Europea è stato poi il caso della nave portacontainer Ever Given, lunga 400 metri e con a bordo 18.000 container, che il 23 marzo 2021 si è incagliata nel Canale di Suez, bloccando il traffico marittimo in entrambe le direzioni per sei giorni, provocando ripercussioni notevoli sulla catena produttiva delle industrie europee. Oggi gli stessi problemi sorgono a causa delle tensioni scatenate dagli Houthi che hanno intensificato gli attacchi contro le navi nel Mar Rosso, minacciando la navigazione marittima e il commercio globale.
Il reshoring rappresenta insomma un’opportunità per le aziende produttrici, per avere un maggiore controllo sulla qualità dei prodotti e dei processi produttivi, ridurre i costi e i tempi di trasporto per essere più rapidi a rispondere alle esigenze dei clienti nazionali.
Il tema è stato affrontato dal Governo, che ha messo in atto diverse misure per incentivare il rientro delle imprese, come la l. n. 178 del 2020, che prevede crediti d’imposta e altre agevolazioni per le aziende che decidono di riportare la produzione in Italia.
C’è ancora da fare.
Meritocrazia Italia chiede che siano riconosciuti reali vantaggi fiscali, incentivi economici e altri tipi di sostegno alle aziende che decidono di riportare la produzione in patria. Chiede anche incentivi fiscali duraturi nel tempo per le imprese che assumono nuovo personale o investono in ricerca e sviluppo; le difficoltà che incontrano le aziende italiane nel reperire manodopera qualificata, in alcuni settori, stanno già rallentando (o bloccando) le decisioni di reshoring in Italia di alcune aziende. Si investa nella qualificazione dei giovani e nel sostegno alle aziende che vogliano adottare sistemi di automazione di fabbrica, per sopperire e superare il problema della carenza di manodopera.
Questo avrebbe importanti utilità anche in punto di crescita occupazionale, con riqualificazione e valorizzazione di quelle competenze che oggi vengono più apprezzate all’estero. Troverebbero riduzione anche il deficit commerciale del nostro Paese e la dipendenza dalle importazioni di prodotti stranieri.
Stop war.