PER LA FASE DUE PRIORITA’ ANCHE AL SETTORE DELLA MODA – COMUNICATO 20.04.20
La “Fase 1” sembrerebbe ormai alle sue battute finali e l’avvio della ripresa sempre più vicino.
Si annuncia la riapertura di molti stabilimenti produttivi.
Alcuni settori non sono in grado, tuttavia, di attendere utilmente i tempi della “Fase 2”, che si prospetta lenta ed incerta nella durata.
Il settore della moda, ad esempio, è uno di quelli in maggior sofferenza. In mancanza di provvedimenti tempestivi e adeguati, rischia un vero e proprio collasso. Con vanificazione dei risultati finora raggiunti, avendo contribuito a fare del Made in Italy motivo d’orgoglio a livello internazionale.
Negozi chiusi, merce stagionale invenduta e giacente, attività ormai al tracollo annunciano i colori di uno scenario oltremodo preoccupante per il futuro prossimo.
Ad essere sotto pressione sono – anche (e forse soprattutto) – i brand del lusso. A causa dell’emergenza sanitaria, le stime di Federazione Moda Italia fanno prevedere un calo di almeno il 50% degli incassi per il 2020. Il fatturato del mese di marzo risulta praticamente azzerato. I provvedimenti adottati nell’ultimo mese per il contenimento del contagio hanno momentaneamente congelato l’industria della moda.
Tutte le aziende hanno dovuto sospendere completamente la loro attività.
Quelle più virtuose hanno preferito riconvertire la produzione a beneficio di ospedali ed enti di soccorso.
Il Decreto ‘Cura Italia’ ha rappresentato un’importante leva per il recupero economico, ma i settori di mercato meriterebbero attenzione diversificata. Perché diverso è stato l’impatto dell’emergenza sulla produttività e diversi saranno gli affanni anche quando la macchina prenderà a ripartire.
La situazione impone di confrontarsi con la delicata opera di bilanciamento tra esigenze di natura economica e produttivistica ed esigenze (sempre prioritarie) di tutela della salute dei lavoratori. Nella direzione di un recupero che sia realmente sostenibile in relazione alle peculiari difficoltà del momento. Senza discriminazione tra aree produttive, è indispensabile favorire sia la riapertura in ogni ambito, che una rivisitazione dell’asset della moda, ovvero clienti, fornitori e persone.
Imprescindibili dovrebbero essere solo i protocolli di sicurezza, da definire con la partecipazione di tecnici tenendo conto delle particolari esigenze di produzione, dei ruoli di intervento operativo riservati ai singoli lavoratori e del particolare contesto ambientale.
Igienizzazione e sanificazione degli ambienti, predisposizione di sistemi che consentano il rispetto delle distanze sociali, dotazione di quantitativi adeguati di mascherine, monitoraggio costante della temperatura all’accesso ai luoghi di lavoro, e, ove possibile, riorganizzazione delle attività in smart working sono soltanto alcune delle misure di indispensabile adozione. La necessità di contenere i rischi di contagio, che, in un circolo vizioso, finirebbero per mortificare le utilità della ripartenza e aggravare la posizione di singoli e imprese, rende essenziale una preliminare ricostruzione del quadro dello stato di salute della popolazione aziendale, con possibilità di estensione dei controlli a familiari e conviventi.
Per altro verso, il recupero è possibile soltanto consentendo maggiore agilità nei pagamenti delle imposizioni fiscali, se del caso con dilazioni programmate, e mediante misure idonee ad ammortizzare le perdite dovute all’annullamento degli ordinativi, anche, se del caso, mediante sospensione del pagamento dell’Iva in dogana.
Meritocrazia Italia auspica l’adozione di politiche di welfare, di gestione della sicurezza dei lavoratori, in ogni settore, e di supporto economico e logistico alle imprese. Auspica, altresì, che l’articolazione di adeguati protocolli di sicurezza si accompagni a meccanismi, altrettanto adeguati, di informazione e formazione, in uno alla celerità ed alla deburocratizzazione delle procedure di ripartenza, perché mentre gli altri Paesi comunitari lasciano operare le proprie attività produttive ed industriali, l’Italia non può permettersi di restare a guardare né di tentennare, per non penalizzare ulteriormente il nostro sistema economico già fragile.