Pericolo Social network
Alcune proposte di intervento
Il dibattito attorno all’utilizzo dei social network da parte dei minori continua a rimanere acceso.
La tragedia dello scorso mercoledì a Roma, che si è conclusa con la morte di un bambino di 5 anni, vittima della follia di una inutile challange su YouTube, è soltanto l’ultimo esempio delle conseguenze alle quali può, per assurdo, portare la ricerca spasmodica di visibilità.
Una vita persa e una famiglia distrutta per un pugno di like.
I social, pur nella loro innegabile utilità, sono uno strumento pericoloso.
In Italia, il quadro normativo in materia appare ancora piuttosto confuso e risulta comunque inadeguato a dare risposta ai problemi che in concreto è dato riscontrare.
A livello di normazione europea, il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) fissa la soglia d’età minima per l’accesso ai servizi online a 16 anni, lasciando agli Stati membri la possibilità di abbassarla fino ai 13.
L’Italia consente l’accesso ai social network ai ragazzi che abbiano compiuto i quattordici anni, previo consenso dei genitori. Al di sotto di tale soglia, si reputa che i minori non siano consapevoli delle implicazioni relative alla condivisione di immagini ed informazioni personali e non siano, quindi, in grado di fornire un consenso realmente cosciente alla loro raccolta e al loro utilizzo.
Ma la questione non può risolversi davvero in un fatto di tutela dei dati personali. Il problema vero va ben oltre.
È noto che il controllo operato dalle piattaforme social sull’età degli utenti non sia scrupoloso e che tantissimi minori, all’insaputa dei genitori, semplicemente mentendo sulla propria età, creino account e abbiano potenzialmente accesso a qualsiasi tipo di contenuto.
La legge volta al contrasto di fenomeni di cyberbullismo è prevalentemente incentrata sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione dei minori, ma restano le preoccupazioni sulla pericolosa esposizione a contenuti inappropriati, alla quale si aggiungono la pedopornografia e il rischio di adescamento da parte di estranei che cercano di approfittare dei minori, sia per fini sessuali che per trarne profitto.
Lo strumento non va demonizzato, se non altro per gli innegabili vantaggi in termini di inclusione, possibilità di espressione e occasioni procurate di partecipazione democratica, ma, voltando la medaglia nel suo rovescio, i rischi restano tanti e non possono essere ignorati. Anzi, invocano immediato intervento.
Sarebbe opportuno, in linea con i provvedimenti legislativi già assunti in altri Stati membri dell’Unione europea, un innalzamento a 15 anni della soglia minima di età per l’accesso alle piattaforme digitali, e l’introduzione di un meccanismo di controllo, affidato a soggetti terzi, a garanzia della verifica dell’età degli utenti in forma anonima, tramite una certificazione dell’età anagrafica che non disveli i dati di identità dell’utente.
A latere risulta quanto mai opportuno avviare percorsi formativi per istruire i minori ad un uso consapevole della Rete e alla tutela dei propri dati e per far germogliare una cultura digitale che aiuti a creare una rete Internet migliore (con la condivisione di contenuti utili e rispettosi) e a formare adulti consapevoli.