PRIMA DEL ‘DOPO DI NOI’, ‘DURANTE E INSIEME A NOI’
Per un nuovo approccio partecipativo
Il recente evento emergenziale ha confermato la necessità, già da tempo invocata, di un ripensamento integrale dei modelli di assistenza delle persone in condizione di maggiore fragilità. Anziani e disAbili tra tutti.
La l. 22 giugno 2016, n. 112 (recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», nota come legge ‘Dopo di noi’) gioca un ruolo chiave, per quanto meriti rivisitazione in diversi passaggi e comunque migliore attuazione.
A gennaio dello scorso anno, è stata trasmessa alle Camere la seconda Relazione sullo stato di attuazione, con ricognizione degli interventi territoriali. Il quadro non è confortante; basti pensare che soltanto dodici regioni sono state in grado di fornire dati esaustivi.
In più, dalla data d’entrata in vigore del provvedimento a oggi, il piano sociale è mutato e, di riflesso, lo sono anche le esigenze. Occorre un aggiornamento degli indirizzi di programmazione, verso soluzioni di maggiore attualità e concretamente realizzabili. Per questo, un’attenta rilevazione sullo stato dell’arte a livello locale è fondamentale. Tracciare sperimentazioni, interventi attivi e iniziative di prossima realizzazione serve anche per colmare ingiusti divari e migliorare qualitativamente l’offerta.
Meritano per certo apprezzamento i maggiori investimenti spiegati per il triennio 2021-2023, con la legge di Bilancio 2021, che assegna al ‘Dopo di Noi’ 20 milioni in più per ciascun anno, garantendo un totale di 76 milioni per ognuno dei tre anni, come Fondo al quale attingere per assistere le persone con disAbilità grave prive del sostegno familiare.
Ma resta che l’applicazione della legge è ancora a macchia di leopardo.
Contribuisce all’inefficacia la scarsa conoscenza da parte degli interessati e delle famiglie delle possibilità che la legge offre sotto il profilo della de-istituzionalizzazione, dei percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine, fino alla realizzazione di piccoli nuclei abitativi utili a ripristinare, nel possibile, le condizioni di vita familiare.
Fermo un dovuto miglior coordinamento normativo a livello territoriale, cioè, perché nessuno resti indietro e nessuna dignità sia calpestata, è necessario anzitutto favorire un nuovo approccio di partecipazione, che consenta all’esigenza dei singoli di tradursi in pensiero, studio, progettazione e azione della collettività. Per poter garantire a tutti pari opportunità, serve superare logiche puramente assistenzialistiche e dare concretezza alle idee.
Non è possibile pensare al ‘Dopo di noi’ senza pensare al ‘durante e insieme a Noi’!
Utile sarebbe promuovere il ricorso effettivo al Fondo istituendo, in primis, uno sportello dedicato, che si occupi della corretta mappatura, in ogni zona d’Italia, dei beneficiari. Bisogna attivarsi in ogni Comune e istituire, compilare costantemente e rendere funzionale il database anagrafico, conservandone l’aggiornamento con le informazioni necessarie a individuare, anche e sempre più in modo anticipato, le esigenze di supporto alle disAbilità.
Individuare e condividere la realtà tra le Istituzioni aiuta a definire i bisogni e di conseguenza a programmare azioni concrete: fare rete è fondamentale per avere sempre, in ogni momento e contesto di vita, una più globale visione della realtà. Il database, dunque, dovrebbe essere ad agevole fruibilità di tutte le istituzioni sociali e sanitarie che devono collaborare con obiettivo il benessere personale.
Ancora, a ogni persona con disAbilità deve poter essere garantita la definizione di un Progetto individuale, che preveda azioni reali e quotidiane, in accompagnamento nello sviluppo di abilità alternative. La misura va cucita sulla misura delle personali esigenze, con soluzioni adatte a soddisfare il diritto ad un quotidiano vivere sereno e dignitoso. Per rendere ciò fattibile bisogna costantemente sensibilizzare la Società tutta sull’importanza della presa in carico precoce e abbattere le barriere note che ostacolano diagnosi ed ammissione spontanea di esigenze speciali.
Il ‘modello di vita indipendente’ proposto dalla legge ‘Dopo di noi’ va supportato, insomma, con forti e solide strutture socio sanitarie territoriali unitamente a un modello di welfare di prossimità, come da indicazione cardine della l. n. 112 del 2016.
Nella nuova programmazione di interventi, sarà essenziale puntare sul risveglio delle coscienze e su decisi piani informativi, educativi e di sensibilizzazione, per favorire la connessione di interessi, sentimenti, pensieri comuni e diritti, senza distinzione di genere o abilità.
Non secondo, importante anche sollecitare la possibilità di attuare progetti con compartecipazione economica pubblica in modo continuativo, in tempi rapidi, con modalità snella e in base alle reali esigenze, non solo in occasione di Bandi; garantire continuità alle iniziative attivate e attivabili, affinché la motivazione di tutti i partecipanti coinvolti resti sempre massima; promuovere nuovi progetti eludendo, di partenza, la standardizzazione dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) affinché, ad ogni esigenza rilevata, scaturisca un’azione concreta e condivisa in modalità trasversale nell’intera Società, in modo da garantire anche qualità.
È fondamentale far transitare il problema da una dimensione individuale ad una dimensione collettiva, consentendo a tutti di cogliere le opportunità nascoste nel misurarsi con le preziose diseguaglianze umane e di assicurare a tutti la libertà di essere autonomi e di fare progetti di vita, autodeterminandosi in modo responsabile e consapevole.
Fonti:
www.camera.it – www.disabili.com – www.vita.it – www.welforum.it