PUNTARE SULLE COMPETENZE PER CREARE REALI OPPORTUNITA’

PUNTARE SULLE COMPETENZE PER CREARE REALI OPPORTUNITA’

Quando si parla di politiche del lavoro al femminile la prima cosa che bisognerebbe fare è chiedersi quanto abbia a incidere il retaggio culturale prodotto nei secoli che voleva la Donna madre, non adatta ai lavori pesanti e predisposta alla crescita dei figli.
Sarebbe un excursus storico interessante, come sarebbe da ripercorrere in fase di analisi l’evoluzione che la società civile, attraverso i cambiamenti dei quadri nomativi, molte volte effettuati con colpevoli ritardi, degli usi e dei costumi, ha avuto.

Partendo da qui, vale dare uno sguardo alla situazione in Campania, che, già nel 2018, col suo 30% di forza lavoro al femminile occupata era tra le Regioni italiane con performance peggiori con un delta abissale rispetto ad altre zone della nostra nazione ed ai paesi europei.

«Le giovani donne meridionali subiscono una triplice ingiustizia – spiegano dalla Svimez – a causa della disuguaglianza sociale, sotto forma di divario territoriale, generazionale e di genere. Vivono il paradosso di essere le punte più avanzate della “modernizzazione” del Sud (persino sul piano civile), perché hanno investito in un percorso di formazione e conoscenza che le rende depositarie di quel “capitale umano” che serve per competere nel mondo di oggi, ma sono insieme vittime designate di una società più immobile che altrove e dunque più ingiusta, che finisce per sottoutilizzare, rendere marginali o espellere le sue energie migliori».

Era il 2018 e durante il periodo pandemico il dato peggiora con particolare riguardo all’impiego di giovani Donne e con un ampliamento di Neet al femminile che in prospettiva non potrà, se non si attuano immediati ed improcrastinabili correttivi, che confermare tale trend.

Ogni parametro frutto dell’analisi evidenzia come vi sia un divario enorme con altre realtà nazionali e come la carenza di una visione prospettica abbia fortemente penalizzato l’universo femminile campano senza reputare lo stesso come patrimonio fondamentale su cui basare un rilancio economico Regionale.
Solo il 67,3 delle Donne laureate, infatti, ha un’occupazione, molto spesso non qualificante e che non rispecchia le ambizioni legate al titolo di studio.
La maggior parte dei lavori effettuati sono dequalificanti e la retribuzione mensile pro capite è bassa e molto al di sotto di quella al maschile.
Si registrano, inoltre, frequenti fenomeni di mobbing, con la marginalizzazione delle stesse sui posti di lavoro ed in aumento i casi di “violenze” nelle varie declinazioni.

Retaggio culturale, certo, ma anche una vera e propria carenza di opportunità di lavoro con discriminazioni che vogliono la Donna praticare lavori più umili e senza reali prospettive di crescita.

La Regione Campania ha posto in essere nel tempo svariate iniziative atte a invertire la rotta con vari tavoli sulle pari opportunità che hanno prodotto azioni a sostegno del mercato del lavoro femminile tra le quali:

voucher per la partecipazione a percorsi formativi destinati alle donne in età lavorativa, con rimborso totale o parziale delle spese di iscrizione al corso, destinando al finanziamento dell’iniziativa risorse per un milione di euro;

– accordi territoriali di Genere, intesi come strumento innovativo per la programmazione di servizi ed interventi miranti alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Si prevede la presentazione di “Programmi di intervento per l’Accordo territoriale di genere” da parte di reti territoriali al fine di attivare servizi ed interventi sperimentali, con un contributo massimo di € 200.000,00 euro per ogni progetto

Svariate, inoltre, sono state le iniziative per il rilancio dell’imprenditoria femminile con sgravi fiscali e contributi a progetto.

Visti i risultati ed il grande gap di partenza, peggiorato col trascorrere degli anni, si può dire che quanto messo in campo non sia ancora sufficiente e, sebbene qualche intuizione, potesse andare verso la giusta direzione, la stessa è stata sottodimensionata e non ha avuto la capacità di diventare sistema.

E’ necessario non scaricare il problema solo su carenza culturali e di opportunità, ma occorre rilevare che il maggior tasso di occupazione al femminile si ha dove c’è un welfare più funzionale, in grado di porre la Donna in una condizione di parità attraverso un sostegno che doni equità nelle possibilità di esprimersi attraverso il lavoro.

La Donna madre, dunque, assistente delle persone anziane, degli invalidi, la Donna ammortizzatore sociale deve recuperare tempo e funzioni per poter esprimere il suo potenziale sul campo delle “competenze” e delle “professionalità”.

Servono, dunque, investimenti importanti in tal senso per garantire anche al genere femminile piena libertà di espressione.

Contratti di lavoro flessibili, dunque, ma anche asili funzionali, ampliamento del terzo settore e politiche atte ad una visione diversa del mercato del lavoro: un mercato che deve considerare uomini e donne sullo stesso piano di azione e che deve poter premiare le reali performance, ponendo, attraverso un sistema equo, tutti allo stesso livello di opportunità.

Al contempo serve agire sui retaggi culturali che, in una società arretrata e ancora ancorata a stereotipi del passato, zavorrano una reale integrazione di genere.
Per farlo bisogna partire dal mondo scolastico, puntando su materie come l’educazione civica moderna, in grado di scardinare vecchie logiche di pensiero e che siano in grado di porre il PIU (prodotto interno umano) al centro della formazione delle generazioni future.

La strada è lunga, ma deve essere affrontata con forza e determinazione e merita la massima attenzione perché sembra che da quall’8 Marzo in poi, in Campania, la storia si sia cristallizzata o poco meno. Fenomeni distorsivi culturali ed economici, inoltre, provocano eccessi che molto spesso, troppo spesso assurgono ai “disonori” della cronaca.

Maggior tutela, dunque, per un Universo, che deve, purtroppo, essere ancora tutelato attraverso norme a difesa delle pari opportunità, con norme più stringenti a garanzia della parità di genere.

L’evoluzione che si saprà avviare dovrà muovere verso politiche sociali e del mondo del lavoro in grado di disegnare un mondo che vada oltre le c.dd. quote rosa e sia in grado di esaltare e dar valore alle differenze, a tutte, anche a quelle di genere.



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