QUANDO LE DIPENDENZE DEI GRANDI TOCCANO I PIU’ PICCOLI
Fragilità nascoste
Quello dei bambini esposti alle dipendenze degli adulti è un problema sottovalutato.
Sempre più frequenti sono i casi riscontrati da medici e personale sanitario (riportati, poi, anche dalle pagine di cronaca) di neonati o bimbi piccolissimi con sindrome feto-alcolica o crisi di astinenza da sostanze stupefacenti, a causa di condotte non responsabili delle madri in gravidanza o dell’ambiente di crescita non sano.
I danni alla salute del neonato o addirittura del feto possono rivelarsi, in molti casi, irreversibili.
La direttrice del Centro alcol, fumo e droghe dell’Istituto Superiore di Sanità, Roberta Pacifici, in un’intervista ha dichiarato che «l’assunzione di droghe, come la marijuana, nei bambini piccoli o piccolissimi, può provocare seri danni neurologici, con perdita di memoria e scarsa concentrazione, e problemi nella crescita». Ha altresì evidenziato l’importanza di «capire se si tratta di un’esposizione accidentale o se il fenomeno è ripetuto nel tempo, a causa di un ambiente circostante contaminato».
La differenza tra le due situazioni è sostanziale, in quanto l’esposizione continua può avere serie conseguenze nel lungo periodo. Si consideri che anche con l’allattamento la madre può trasmettere al figlio le sostanze tossiche assunte.
Negli ultimi tempi, è allarme droghe sintetiche, cocaina e alcol anche nei reparti di terapia intensiva neonatale degli ospedali della capitale. E sempre più spesso il personale sanitario si ritrova a fronteggiare situazioni complesse senza l’ausilio di protocolli collaudati.
Su 1.500 nascite l’anno, sono circa 20 i casi in cui il neonato presenta sintomi riconducibili all’astinenza da sostanze stupefacenti. Il vero problema, però, sono le droghe sintetiche; in molti casi, le donne non sanno esattamente quali molecole hanno assunto ed è difficile fronteggiare le crisi del neonato se non si conosce la sostanza.
Stessa insidia è rappresentata dalla cocaina, che non è tracciabile se la madre ha smesso di assumerla pochi giorni prima del parto.
In forte aumento anche i casi di fetopatia da alcol (secondo il Centro alcologico della Regione Lazio, sono circa 1.250 casi su 25mila nascite annue).
Di più facile monitoraggio risultano, invece, i casi in cui le madri fanno uso di eroina, se seguite dai SerT (Servizi territoriali per le tossicodipendenze) che provvedono a segnalare ai neonatologi.
Per altro verso, però, molte tossicodipendenti sfuggono ai circuiti dell’assistenza sociale e ciò rende difficoltoso delineare un quadro veritiero del problema.
Diversi i progetti posti in essere da Centri di Recupero e Comunità terapeutiche che accolgono madri dipendenti da droga, alcol o altra sostanza. Oltre a un piano terapeutico-riabilitativo per il recupero psico-fisico delle donne, offrono un percorso educativo legato, in particolar modo, alla genitorialità.
Questo il quadro, resta fondamentale potenziare l’organico degli Assistenti Sociali, che hanno un ruolo determinante sui territori, e hanno la possibilità di studiare da vicino il disagio, e curarne la formazione continua per l’acquisizione delle migliori competenze.
Occorrerebbe inoltre:
– promuovere campagne di sensibilizzazione sui danni da esposizione a sostanze tossiche in scuole, centri ricreativi, luoghi frequentati da giovani, studi medici;
– istituire una rete capillare di ‘punti di ascolto’ sui territori comunali, gestiti da professionisti del settore, capaci di dare sostegno immediato a genitori tossicodipendenti che richiedono aiuto;
– incentivare l’istituzione di centri convenzionati con le Asl ai quali le madri tossicodipendenti, più spesso isolate dalle famiglie di origine, possono rivolgersi in anonimato e ricevere sostegno per sé e per i figli;
– adeguare i percorsi formativi degli operatori sociali, mediante la revisione dei programmi di studio in ottica di maggior adeguatezza ai tempi e alla diversità dei ruoli e dei bisogni, in grado di fornire le competenze necessarie, anche in termini di approccio concreto su base esperienziale, per intervenire con adeguatezza in ogni situazione;
– stante la tendenza ‘migratoria’ dei soggetti dipendenti, dovuta anche alla condizione di disagio, implementare i sistemi digitali di comunicazione tra distretti socio-sanitari e connessi servizi affidatari.
FONTI:
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