‘Quote azzurre’ nei concorsi dei dirigenti scolastici. MI: si lavori più efficacemente sull’equa distribuzione delle opportunità

‘Quote azzurre’ nei concorsi dei dirigenti scolastici. MI: si lavori più efficacemente sull’equa distribuzione delle opportunità

Il bando di concorso per Dirigenti scolastici prevede, all’art. 10, che, all’esito della procedura concorsuale, a parità di punteggio complessivo, il titolo di preferenza sia in favore del genere maschile.

Si tratta dell’applicazione di una norma già contenuta nel regolamento sull’accesso agli impieghi in tutte le pp.aa. (d.P.R. n. 487 del 1994, mod. d.P.R. n. 82 del 2023), che stabilisce che nei bandi di concorso sia indicata, per la qualifica interessata, la percentuale di rappresentatività dei generi calcolata al 31 dicembre dell’anno precedente. Qualora il differenziale fra i generi sia superiore al 30%, nello scorrimento della graduatoria per le assunzioni, a parità di titoli e merito, si applica la preferenza a favore del candidato appartenente al genere meno rappresentato.

In Italia, nelle posizioni apicali del settore scuola, il genere femminile rappresenta oltre il 70%. Da qui la preferenza, a parità di titoli, per il genere maschile. Con l’eccezione della Sardegna, dove le percentuali sono inverse.

La femminilizzazione dell’universo scuola è un fatto noto. Secondo i dati del MIUR, per l’a.s. 21/22, in Italia le docenti di ruolo in cattedra sono state l’83% del totale. Si rileva una stragrande maggioranza di donne impiegate nei servizi di assistenza all’infanzia e nelle primarie, con percentuali comprese tra il 96% ed il 99%, percentuale che scende intorno al 78% alle scuole secondarie di primo grado e al 66% per la scuola secondaria di secondo. Le cose cambiano però all’Università, dove le donne sono solo il 41,1% tra i ricercatori, e il 26% tra i professori ordinari.

Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sullo stato dell’istruzione nei Paesi più industrializzati, il fenomeno sarebbe dovuto a due fattori: lo stereotipo che lega le donne ai lavori di cura e la bassa retribuzione dei docenti. Non si può trascurare la circostanza che la assunzione in ruolo per un docente italiano richiede lunghi anni di precariato che, a fronte di una insicurezza economica e professionale, induce spesso i giovani laureati a scegliere percorsi lavorativi diversi. Ancora, in Italia, più che in altri Paesi europei, serve una notevole anzianità di servizio per una progressione di carriera e stipendiale. I dati emergenti dal rapporto OCSE 2023 rivelano, infine, che l’Italia investe il 4,2% del pil nell’istruzione dal livello primario a quello terziario, con un dato inferiore alla media OCSE, pari al 5,1%.

Appare evidente che la predominante presenza delle donne in una scuola strutturata come settore lavorativo con un’età media piuttosto alta, con condizioni di lavoro non particolarmente favorevoli e retribuzioni evidentemente non congrue, esprime non solo l’idea di scuola in cui il ruolo del docente non è istituzionalmente valorizzato, ma è anche lo specchio di un gender gap che l’Italia fatica a superare.

Da sempre Meritocrazia Italia invita a ragionevolezza e sensibilità nell’affrontare un problema che non può essere risolto sulla base di meri equilibri numerici. La frequente previsione di ‘quote rosa’, che pure non risolve la questione, nasce dall’esigenza porre rimedio a un disagio avvertito, crescente e indiscusso; l’idea di una ‘quota azzurra’ sembrerebbe mirata invece soltanto a stabilire un’equivalenza quantitativa che, in sé, non risponde a nessuna esigenza. Non sia questione mai di quote e numeri, ma si lavori per l’equa distribuzione delle opportunità in base ad aspirazioni e desideri, restituendo a un tempo dignità a ruolo d’insegnante, nella sua fondamentale funzione sociale ed educativa. Incarichi così importanti e delicati siano assegnati sempre in base a competenza, professionalità, attitudine, passione e inclinazione. Il parametro di selezione sia sempre il Merito.

Stop war.



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