REALTÀ ZES
Analisi e prospettive
In Italia, l’attenzione per le ZES ha iniziato a svilupparsi negli anni successivi all’esplosione della crisi economica del 2008, quando la costante rilevazione del dato per cui sul territorio nazionale sono considerate meno sviluppate le aree con un pil pro capite inferiore al 75% della media europea ha fatto emergere, in modo evidente, la necessità di ricercare nuovi strumenti per il rilancio del Mezzogiorno, ed in particolare per le regioni Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania.
Introdotte nell’ordinamento giuridico statale dal d.l. n. 91 del 20 giugno 2017, recante disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno e comunemente noto come ‘decreto Mezzogiorno’, ad oggi le Zone Economiche Speciali attivate in Italia sono quattro: la ZES Calabria, la ZES Campania, la ZES Interregionale Ionica Puglia-Basilicata e la ZES Interregionale Adriatica Puglia-Molise.
La ZES Calabria e la ZES Campania figurano tra le prime Zone Economiche Speciali ad essere state istituite in Italia con il D.P.C.M. dell’11 Maggio 2018.
La perimetrazione della ZES Calabria è inclusiva del Macronodo di Gioia Tauro per circa 400 ha e tributaria dei Porti di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Crotone, Vibo Valentia e Corigliano Calabro, oltre agli aeroporti di Lamezia Terme, Reggio Calabria, Crotone e delle relative Aree retroportuali di carattere produttivo.
La scelta delle zone ricomprese risulta indirizzata verso collegamenti tra aree a vocazione industriale e le grandi infrastrutture di trasporto, in primis il MEDcenter Container Terminal di Gioia Tauro.
Nonostante tale Porto rappresenti il più importante hub d’Italia, mancano tuttavia programmi riguardo il suo potenziamento e la sua riproposizione in un quadro di interventi volti a renderlo più competitivo a livello mondiale, come invece è previsto per i porti di Genova, Trieste, Ancona, Napoli e Civitavecchia, ognuno per la sua specializzazione. A ciò si somma l’assenza di proposte per l’area industriale e la logistica integrata.
Una vera opportunità di sviluppo potrebbe quindi essere rappresentata da un progetto che vada a coniugare il Porto alla ZES, sia a livello locale che in un orizzonte nazionale, mediante la costruzione di una “comunità portuale”: questo consentirebbe infatti di aumentare ulteriormente le dinamiche di sviluppo di tutto il comprensorio, a beneficio non di una sola porzione del territorio regionale, ma dell’intera Calabria e delle altre regioni limitrofe.
La ZES Campania presenta una struttura non improntata ad un criterio di continuità territoriale, sviluppandosi nell’ambito di un preciso tessuto industriale tributario dei Porti di Napoli, Castellammare di Stabia e Salerno, amministrati dall’AdSP del Mar Tirreno Centrale, degli aeroporti di Napoli Capodichino e Salerno Costa d’Amalfi, nonché degli Interporti Campano e Sud Europa Marcianise/Maddaloni.
L’inclusività di aree industriali e logistiche (400 ha circa) e agglomerati industriali (4700 ha circa) non interconnessi espone indubbiamente il relativo Piano strategico, fondato sull’interscambio commerciale a mezzo container, all’esigenza di una revisione, soprattutto a seguito delle ricadute avute dal dilagare della pandemia da Covid 19 sui prezzi e sui movimenti del trasporto container. Per sopperire a tale necessità, tenuto anche conto che la superficie massima assegnata alla Regione Campania per l’istituzione della ZES è di 5.467 ettari, di cui soltanto 5.144,22 sono stati attualmente coperti, si dovrebbe celermente procedere in una duplice direzione: colmare i 300 ettari ancora disponibili con l’individuazione di aree che, per ubicazione territoriale e produttività, possano favorire il rilancio finanziario ed industriale del tessuto economico campano e rendere l’operatività dei Porti di Napoli e di Salerno (i quali movimentano il 40% delle merci dell’intero comparto marittimo nazionale) fattore di una collaborazione sinergica favorita dagli interventi previsti dal PNRR nell’ambito della intermodalità e della logistica integrata. Questo porterebbe alla realizzazione di un sistema portuale competitivo in grado di ambire a divenire, per la sua strategica posizione geografica nel corridoio scandinavo-mediterraneo, la “porta del Mediterraneo”.
La ZES Interregionale Ionica e la ZES Interregionale Adriatica hanno visto luce un anno dopo, essendo state istituite rispettivamente nei mesi di luglio e settembre 2019 nell’ottica di un laboratorio sperimentale per una diversa forma applicativa della misura.
La ZES Interregionale Ionica Puglia-Basilicata comprende le aree di Taranto, Grottaglie, Melfi, Ferrandina e Galdo di Lauria, basandosi principalmente sulla piastra logistica portuale di Taranto, inclusiva della Zona Franca Doganale (istituita il 28 aprile 2020), dell’Aeroporto di Grottaglie e del Centro Intermodale di Francavilla Fontana.
Congegnata a “macchia di leopardo”, presenta all’interno la mancanza di un’infrastruttura strategica che possa mettere in collegamento la zona logistica intermodale e retroportuale della ValBasento con le diverse aree industriali del territorio rientranti nella ZES.
Occorre pertanto progettare interventi mirati sia ad adeguare e a potenziare le arterie stradali già esistenti, al fine di rendere più agevoli i collegamenti su gomma, sia rivolti alla tratta ferroviaria strategica Taranto-Potenza-Ferrandina, fondamentale per mettere la Basilicata in linea con le direttrici nazionali, anche in riferimento alla cd. Diagonale del Mediterraneo, rappresentando questa la nuova via economica concepita per collegare Taranto, la Basilicata e la Calabria.
Urge inoltre provvedere ad una revisione della perimetrazione volta a ricomprendere il territorio del Metapontino, attualmente escluso, costituendo questa una delle aree nevralgiche per lo sviluppo socio-economico della regione inerente i settori dell’agroindustria, del commercio e del turismo.
L’architettura della ZES Interregionale Adriatica Puglia-Molise, comprensiva sul versante pugliese del territorio di Altamura e delle aree industriali di Bitonto, Modugno, Gravina, Monopoli e Molfetta, verrà corredata dalla Zona Franca Doganale Interclusa (ZFD) all’interno dell’area portuale di Brindisi, la cui perimetrazione è stata approvata dal Direttore Generale dell’Agenzie delle Dogane e dei Monopoli lo scorso 04 febbraio 2021. L’iter per renderla operativa è ancora in fase di completamento. Un’adeguata progettazione volta a valorizzare le aree interne ed a far interagire retroportualià, interporti, strade, ferrovie ed aeroporti potrebbe potenziare la funzione tipica di quest’area, da sempre ritenuta “porta dell’Europa” da e per il Mediterraneo orientale.
Il quadro complessivo delle quattro aree ZES presenti in Italia che ne emerge rileva un evidente problema di metodo che, allo stato attuale, paralizza la loro piena operatività e su cui urge intervenire in una triplice direzione:
• procedere ad una modifica della perimetrazione territoriale e revisione strutturale con una pianificazione improntata a criteri di competenza, efficacia ed efficienza;
• procedere congiuntamente all’applicazione di misure atte a valorizzare la vocazione e la naturale specificità dei territori, come ad esempio le zone franche nelle loro varie declinazioni;
• accelerare l’iter per l’attivazione di nuove ZES, soprattutto nel Meridione insulare e nelle aree colpite da calamità naturali al fine di favorire e supportare la ripresa delle attività economiche.
Attraverso l’adozione di adeguati ed efficaci provvedimenti volti a promuovere una reale crescita economica, o quantomeno a mantenere le attività esistenti in condizione di economicità nelle aree di crisi, e facendone emergere le potenzialità nell’ottica delle limitazioni spaziali e temporali presentate per natura dalle Zone economiche speciali, delle specificità caratterizzanti le varie Regioni e delle opportunità legate alla Nuova Via della Seta (ferrovie, porti, poli logistici) le ZES attualmente istituite in Italia potranno finalmente avere piena ed effettiva operatività.