RECOVERY PLAN NON SIA OCCASIONE DI SCONTRO POLITICO – COMUNICATO 10.01.21
L’orologio corre veloce tra le lancette del Next Generation UE e del Recovery Fund e l’Italia non può perdere tempo.
Il Consiglio d’Europa è pronto ad emettere bond comunitari a scadenza 2060 per sostenere la crisi pandemica e per predisporre le basi economiche delle generazioni future, destinando così 750 miliardi di euro di debiti Ue tra condizionalità giuridiche, sottese al rispetto dei principi democratici da parte degli Stati di diritto e condizionalità di soft law, così definite perché non perimetrate da norme di legge ma da indicazioni amministrative riguardanti l’obbligo di destinare le risorse alla crescita, allo sviluppo ed agli investimenti e non alla attività della spesa pubblica corrente dei singoli Paesi.
I primi contributi dovrebbero arrivare nel secondo semestre 2021, ma sullo sfondo resta il potere di verifica riservato all’Unione sulle concrete modalità di destinazione ed utilizzo dei fondi, con conseguente estrema rilevanza dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR) di ogni Stato, attesi per fine marzo metà aprile.
All’Italia spetteranno 209 miliardi,di cui 127 mld di prestiti e 82 mld di fondo perduto, ma, allo stato, è in corso un vero e proprio braccio di ferro in seno alle stesse forze di governo sul contenuto ottimale e concreto degli ambiti di intervento e di effettiva destinazione ed utilizzo dei contributi comunitari, posto che l’esecutivo, dopo aver archiviato il c.d piano Colao predisposto già dal luglio 2020, sembra voler destinare 77 mld al settore della green economy (se pur con l’impiego di soli 6 miliardi nell’implementazione della economia circolare), 49 mld alla digitalizzazione (se pur solo 10 mld per la Pubblica Amministrazione e solo 3 mld per Cultura e Turismo, nonostante risultino tra i settori più colpiti dal covid) 28 mld alle infrastrutture (se pur solo 4 mld per la logistica integrata e nulla per costruzione nuove strade e autostrade), 19 mld per Istruzione e ricerca, 17 mld per Parità di genere 17 mld e 9 mld per il settore salute e sanitario. Inoltre, sembra che i fondi del Recovery Fund siano già stati inseriti dal MEF nel piano pluriennale dello Stato a riduzione della spesa pubblica corrente in sostituzione della emissione di Bot per il contenimento del debito pubblico, con il risultato di impattare a zero sulla crescita e di ottenere solo una minima riduzione degli interessi passivi sul debito pubblico.
In questo contesto di difficile operatività ma di profonda importanza per le sorti del Paese, Meritocrazia Italia, con il consueto spirito propositivo e di ausilio sostanziale, evidenzia come:
– in primo luogo, dovrà essere prestata particolare attenzione ai presupposti condizionanti l’erogazione dei fondi, in quanto l’erogazione delle risorse comunitarie avverrà solo al raggiungimento degli obiettivi di ogni progetto e non in modo automatico, così da imporre non solo una progettazione di dettaglio assolutamente strategica e di rilievo ma sarà necessario anche procedere ad una costante attività di verifica della fattibilità e degli stati di avanzamento dei progetti per poter beneficiare del contributo comunitario;
– in secondo luogo, va considerato come solo il 10% del Recovery Plan sarà erogato entro fine 2021, per avviare i primi progetti, mentre la restante parte, come già detto, condizionata al raggiungimento degli obiettivi economici preconcordati governo e Commissione europea, sarà disponibile entro sei anni, e dunque in tempi non brevi;
– in terzo luogo, non sembrano essere stati previsti progetti per le riforme di Fisco lavoro e giustizia come richiesto dalla Ue in ottica di efficacia ed efficienza delle spese, senza considerare l’assoluto disequilibrio tra settori e progetti di investimento, considerando ad esempio come alla salute va metà dei fondi destinati alla parità di genere.
L’impiego ottimale del Recovery richiede complesse capacità di analisi dei dati, competenze statistico/ economiche, oltre ovviamente a quelle ingegneristiche e, come più volte sottolineato, non avremo nessun regalo perché l’unione europea raccoglie liquidità dal mercato per girarla ai paesi europei, con la consapevolezza che la Commissione dovrà rimborsare agli investitori le somme ricevute in prestito attraverso il bilancio comunitario al quale il piano è collegato e ciò avverrà ovviamente in base ala quota di partecipazione di ciascuno stato all’interno dell’UE, ricordando che l’Italia è il terzo contributore netto.
Oggi più che mai serve serietà, coraggio, unità di intenti e moto d’orgoglio nazionale. E’ un’occasione che non possiamo permetterci di sprecare, per non passare da beneficiari ad esecutati