Remare insieme, sempre, controcorrente

Remare insieme, sempre, controcorrente

La storia del protestantesimo è la storia del rapporto tra cultura e sottocultura, del ruolo della mano invisibile della fede e dell’impatto di modelli di vita di tipo industriale. Lo spirito del capitalismo è stato oggetto di ampia discussione, già nel primo decennio del 900 e si leggono con interesse le pagine, ancora molto attuali, tra gli altri, di Max Weber e di ErnstTroeltsch.
Si cercava, fin da allora, di riportare l’attenzione sul contributo della internazionalizzazione della formazione, sulla direzione della modernità, sul concetto di capitale, su quello di attività popolare, tolleranza religiosa e rapporto tra Stato e chiesa. Al centro anche temi come l’autonomia individuale e la libertà di valutazione.
Un primo tentativo di sbloccare le coscienze, al quale poi, per la verità, non è stato dato gran seguito.
Il resto è noto. Facendo un salto nel presente, lo stress portato dall’ansia di accumulo di capitale ha portato all’annichilimento di ogni tipo di spirito intellettuale e culturale.

Ma, in concreto, la Cultura, della quale tanto si sente il bisogno, cos’è?
Non è raggiungere valutazioni alte in percorsi formativi, di acquisizione di sterili nozioni. La Cultura è volontà, è curiosità e desiderio di verità e approfondimento.
Se tutti ci limitassimo ad attingere parassitariamente dalla conoscenza e dall’impegno altrui, tutto stagnerebbe.
Invece, con un fare proattivo, dovremmo cercare di ravvivare la ragione e di combinarla con l’altra componente fondamentale della Cultura, che è lo spirito.
È in questo il motore di tutto.

Fermiamoci un momento, guardiamoci allo specchio e chiediamoci che cosa siamo riusciti a realizzare fino a oggi. Ciascuno nel suo. Ma facciamolo con spirito critico, per comprendere se ci basta quello che abbiamo costruito nel nostro percorso individuale e quanto di più potremmo ricavare da viaggi di condivisione come quello di Meritocrazia Italia.
Sarebbe importante riuscire a soffermarsi sul lato etico della nostra crescita.

Mi piace molto guardare ai risultati ottenuti in questi anni da Meritocrazia, anche in termini di numeri e seguito, perché danno ragione all’idea secondo la quale le grandi rivoluzioni sono quelle che si fanno smuovendo le coscienze, poco a poco. Diffondiamo, al nostro modo, un pensiero diverso, contagiamo con l’esempio virtuoso di chi non subisce passivamente ma reagisce a quello che non va.
Così si contribuisce a trasformare una società mediocre in una società migliore.
Così si vincola lo spirito all’evoluzione necessaria del capitalismo.

Lo storico valdese Giorgio Tourn ritiene che il protestantesimo non si sia mai prefisso di dare una nuova forma di società, ma che si sia limitato soltanto a sollecitare un certo ragionamento sul modo propositivo di vivere la fede o l’ateismo. In tale maniera, quasi invisibile, induceva a essere diversi e a portare indirettamente vantaggi alla comunità.
Si tratta di un metodo utile anche oggi a scoprire e curare le ferite che sta procurando alla società un capitalismo che corrode la cultura.

L’intelligenza artificiale rischia di sostituire il lavoro umano; si può correre ai ripari riaffermando in concreto un fare eticamente responsabile in ogni settore. Parimenti si può riaffermare la pace, contro la piaga dei conflitti mondiali, riacquistando sensibilità e lavorando all’equità sociale.
Riporto questi temi all’attenzione di Meritocrazia per far comprendere anche a chi fatica di più a trovare tempo ed energie da dedicare alla causa che partecipare alla definizione di una diversa visione della modernità è responsabilità di tutti, non di alcuni.

Se non partiamo da qui, non saremo mai in grado di restituire competenza ai ruoli istituzionali e di governo, e riportare la coscienza popolare lontano dall’odio e dalle forze divisive.
Alla fine, l’Umanità ce l’ha sempre fatta a superare i momenti di disfattismo e disfacimento. Ce la può fare anche questa volta, ma ha bisogno che qualcuno sia pronto a remare controcorrente.



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