Rilocalizzazione delle emissioni di carbonio: essenziale una migliore regolazione del mercato degli ETS
Cogliere la sfida climatica non è una scelta. È una necessità insopprimibile.
Tra i nodi più difficili da districare vi è quello della ‘rilocalizzazione delle emissioni di carbonio’.
Sono tante le aziende che decidono di spostare la produzione in Paesi meno esigenti e competere in posizione di vantaggio con aziende europee sottoposte invece ai costi ambientali. Questo comporta, in uno, la perdita di investimenti in attività produttive e un fallimento di tutti nella battaglia per la salvaguardia dell’ecosistema.
Il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) rappresenta un passo importante verso la creazione di un’Unione europea climaticamente neutra entro il 2050, in linea con l’accordo di Parigi.
Il CBAM comunque partirà nel 2026 e sarà pienamente introdotto entro il 2034. Per i settori interessati, le quote gratuite alle industrie nell’ETS saranno gradualmente eliminate come segue nell’arco dell’intero periodo. Un accordo provvisorio sulla revisione dell’ETS dello scorso dicembre risolve questioni chiave come l’aumento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, la creazione di un ETS II per gli edifici e il trasporto su strada e l’aggiunta di nuove condizioni per beneficiare delle quote gratuite.
A oggi, non è stato messo in atto alcun meccanismo di tutela delle esportazioni, ma la Commissione europea è chiamata ad aver conto del caso delle esportazioni di prodotti europei la cui competitività è condizionata dalle tasse pagate nell’ambito dell’ETS, quando tali esportazioni sono destinate a Paesi in cui prodotti equivalenti non sono soggetti a normative ambientali. Entro il 2025 la Commissione valuterà il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio per le merci prodotte nell’Unione destinate all’esportazione in Paesi terzi e, se necessario, presenterà una proposta legislativa conforme all’OMC per affrontare questo rischio.
Restano tantissimi dubbi da risolvere.
Occorre dare risposta immediata a un problema che ha a che fare con la tutela della concorrenza e con la salvezza dell’ambiente. Ed è giusto intervenire sul mercato.
Il mercato ETS interessa migliaia di aziende operanti nei settori dell’elettricità e generazione di calore e di industrie energivo-re (raffinerie, industria dell’acciaio, cemento, vetro e carta, etc.) o d’aviazione commerciale, e gradualmente coinvolgerà nei prossimi anni altri settori: trasporti marittimi, edilizia, trasporti su strada e carburanti. Considerata l’incontrollata fluttuazione dei prezzi del mercato delle quote e le evidenti distorsioni degli ultimi anni, poi, oltre ai necessari interventi strettamente emergenziali, Meritocrazia Italia chiede da sempre che venga istituito un organismo di sorveglianza e tutela, per evitare irragionevoli disparità di trattamento e ingiustificati sprechi di risorse, che possa operare anche a supporto e in sinergia con l’Autorità di vigilanza europea sui mercati finanziati.
Per altro verso, tuttavia, Meritocrazia resta convinta che un’autonomia economica nazionale sia possibile soltanto investendo in cultura e ricerca, anche a fini del miglioramento della tecnologia oggi a disposizione. Ci si chiede che cosa accadrebbe se si rendesse necessario perseguire obiettivi ambientali più ambiziosi di quelli consentiti dei mezzi attualmente a disposizione per la riduzione delle emissioni. Per altro verso, è essenziale rendere le aziende italiane capaci di reperire le risorse adeguate per l’acquisto della dotazione tecnologia indispensabile al raggiungimento degli obiettivi europei, e rendere il mercato globale ca-pace di recepire il costo tecnologico inizialmente pagato dalle aziende.
Stop war.