RIPRESA ECONOMICA, SBUROCRATIZZAZIONE E AUSPICATA COOPERAZIONE
La corrente emergenza, nata come emergenza sanitaria, in brevissimo tempo si è trasformata in emergenza economica, finanziaria, lavorativa, non risparmiando alcun ambito, men che meno quello pubblico.
Tra le varie conseguenze economiche, il lockdown ha avuto (soprattutto e inevitabilmente) un forte impatto negativo sulla finanza locale, che continuerà sicuramente nei prossimi mesi.
Gli Enti pubblici si trovano in una grave difficoltà fisiologica dovuta alla carenza di liquidità e alle minori entrate. Secondo Il Sole 24 Ore, per il 2020 «i comuni rischiano un buco di almeno 3 miliardi di euro».
L’effetto immediato riguarda le minori entrate relative ai servizi a domanda individuale che in questo periodo sono stati sospesi. Si pensi, ad esempio, al servizio di trasporto scolastico, agli incassi delle biglietterie dei musei ma anche ai proventi delle violazioni al codice della strada che garantivano un flusso costante di denaro in entrata e che non ci sono stati. Da non sottovalutare che molte imprese industriali, artigiane o commerciali (ma anche i lavoratori precari titolari di partita IVA o con contratti di collaborazione che si sono visti cessare gli incarichi) non sono state in grado di effettuare i versamenti per i tributi dovuti (si pensi all’IMU, imposta di natura patrimoniale e il cui presupposto impositivo non cessa con la sospensione di un’attività economica).
A ciò si aggiunga che, durante il periodo di fermo delle attività, gli enti, soprattutto quelli a vocazione turistica, hanno avuto anche un azzeramento degli incassi con impatto negativo sia sulla liquidità che sulle competenze.
Per le Regioni, invece, va sicuramente messa in conto la flessione dell’Irap e delle addizionali regionali sull’Irpef.
Le minori entrate, che hanno interessato gli Enti locali, hanno inciso e continueranno a incidere inevitabilmente sugli equilibri di bilancio in quanto alla riduzione di accertamenti di entrata non sempre corrisponderanno equivalenti diminuzioni della spesa.
Ad esempio, il fermo delle attività di ristorazione ha portato a una riduzione dell’occupazione di suolo pubblico con conseguente perdita di gettito Tosap/Cosap; stesso discorso per la TARI e per l’IMU, le cui somme normalmente dovute per le imprese non saranno versate a causa dello stato di crisi determinato dalla pandemia. Oltre alla parte corrente del bilancio, anche le entrate in conto capitale hanno subito una forte contrazione a causa del fermo delle attività edilizie e del mercato immobiliare per cui anche i pagamenti e gli oneri di urbanizzazione hanno subito un forte calo rispetto al trend ordinario, riducendo quindi la possibilità di finanziare le piccole manutenzioni o gli investimenti comunali.
La situazione emergenziale ha visto, infine, l’Italia totalmente impreparata a gestire in modo ottimale un nuovo metodo di lavoro, lo smart working , che in altri Paesi già da tempo esiste con notevoli benefici sia per i lavoratori che per le aziende pubbliche e private. In Italia, invece, le amministrazioni che si trovano ad affrontare i piani di risanamento finanziari hanno anche difficoltà tecniche e di liquidità per assumere nuovo personale in tutte le categorie dei dipendenti. E’ impensabile gestire uffici tecnici, uffici commercio e servizi sociali con l’80% del personale autorizzato a stare a casa, perché manca una disciplina specifica per verificare la produttività a distanza dei dipendenti.
In virtù di quanto evidenziato, alcune misure correttive sono indispensabili.
In particolare,
– le amministrazioni dovrebbero rivedere le priorità, gli obiettivi e il quadro esigenziale alla luce dello scenario verificatosi rivedendo la programmazione degli enti ed infatti occorrerebbe cominciare ad analizzare, in una prospettiva futura, l’andamento degli equilibri di bilancio del 2020 ma anche di quelli successivi, prevedendo ad esempio l’emanazione di una direttiva a tutti gli uffici comunali affinché vengano quantificate mensilmente le minori entrate dovute al periodo di interruzione di alcune attività e dei servizi erogati, quantificando contestualmente le corrispondenti riduzioni delle spese;
– dovrà procedersi, altresì, a una rinegoziazione dei mutui, al fine di liberare margini nella spesa corrente da impiegare a copertura degli squilibri;
– occorrerà rivedere la regolazione in materia di smart working, al fine di evitare che i comuni e gli enti pubblici rischino la paralisi, insieme all’economia degli enti locali e del paese. Bisogna sfruttare la consapevolezza acquisita durante questo periodo per ottimizzare ciò che fino a qualche mese fa sembrava non potesse essere fatto diversamente, incentivando la digitalizzazione e semplificando le procedure burocratiche;
– bisognerà velocizzare gli iter ed i processi decisionali, sburocratizzando le procedure per agevolare alcuni settori strategici dell’economia come quello dell’edilizia attraverso la semplificazione delle procedure, riduzione dei tempi istruttori e di rilascio delle autorizzazioni ma anche atteggiamento e propensione di positivismo da parte degli uffici;
– per poter avere una ricognizione completa delle voci di bilancio, sarà necessario coinvolgere tutti gli uffici in modo da rendere consapevoli sia i dirigenti che gli amministratori che, terminato il periodo di emergenza, si dovrà inevitabilmente far fronte all’emergenza economica, auspicando che le linee di indirizzo dell’organo esecutivo integrino il piano degli obiettivi in modo da coinvolgere le giunta e responsabilizzare la struttura dell’ente;
– infine servirà pianificare con accortezza le fasi successive sia in termini di liquidità che di competenza, in modo da compensare il minor gettito tributario e patrimoniale degli enti locali.
Di GIULIANA ALBARELLA
Fonti:
Il Sole 24 ore – Enti locali e P.A.; Lavori pubblici.it; Emergenza Covid-19 e P.A.; Rivedere le priorità per uscire dalla macerie.