Scandalo prodotti dop: per il rilancio del Made in Italy, MI chiede una revisione dei sistemi di verifica
Nell’occhio del ciclone nuovi scandali relativi alla certificazione di prodotti dop.
Oggi fa discutere il Prosciutto di Parma, una delle eccellenze del Made in Italy gastronomico, ma il caso – pure molto significativo, interessando circa 2 milioni di prosciutti privi dei requisiti – non è isolato, e si ripete in altri settori (dal prodotto bio, alle colture a marchio d’origine controllato o protetto).
Ripetute violazioni del piano dei controlli, false certificazioni, multe illegittimamente evitate si traducono, sistematicamente, in un inaccettabile inganno a carico dei consumatori, indotti a pagare tra il 30 e il 50% in più per prodotti privi delle caratteristiche portate dal marchio.
Ciò nonostante, gli incarichi continuano a essere affidati ai medesimi enti certificatori più volte sospesi per irregolarità nello svolgimento delle attività di verifica e supervisione. Si aggiunge che, in ogni caso, almeno in base all’esperienza, a fronte di disciplinari molto puntuali, le azioni di controllo non sono quasi mai davvero rigorose, riguardando soltanto una verifica documentale con base di accertamento ‘anno in corso’ (di solito regolare non essendo considerati giacenza iniziale e giacenza finale). La vendita viene rilevata dal registro entrate-uscite, predisposto dall’azienda e sottoposto al verificatore per la convalida. Di solito, poi, gli Enti preposti non effettuano alcun controllo incrociato tra la materia prima ritirata e la disponibilità della stessa a livello nazionale.
Meritocrazia Italia insiste perché siano predisposti controlli non di sezione, ma di filiera, e chiede da sempre che si lavori sulla sicurezza alimentare, a presidio anche della purezza del marchio italiano, con valorizzazione delle potenzialità della tecnologia e implementazione del sistema di blockchain nei comparti nei quali risulta essenziale la tracciabilità e la sicurezza dei dati, comprese le filiere agroalimentari (oltre a waste management, settore idrico, distribuzione di gas, controllo dei consumi, pagamenti, sicurezza digitale, specie dei pagamenti, trasparenza, semplificazione, tracking in tempo reale, e contro sprechi, frodi, evasione fiscale e criminalità).
Soltanto un tassello di un’opera più ampia e complessa.
Il Made in Italy merita di essere rilanciato e protetto, con potenziamento dei controlli interni e sul mercato estero, per una migliore tutela delle proprietà intellettuali delle denominazioni di origine riconosciute e delle indicazioni geografiche italiane. Che sia intensificata la lotta all’italian sounding, contro lo sfruttamento dei termini utilizzati al solo scopo di aumentare la capacità attrattiva del prodotto. Sia data effettività alle disposizioni di cui alla l. n. 55 del 2010, che prevede, per il settore del tessile e della pelletteria, un sistema di etichettatura obbligatoria sul luogo di origine di ogni fase della lavorazione e la possibilità di apporre la dicitura Made in Italy solo su prodotti con almeno due fasi della lavorazione svolte in Italia.
Stop war.