SCIOPERO DA EVITARE PER IL BENE DEL PAESE – COMUNICATO 16.10.21
Le devastanti delocalizzazioni aziendali, la precarizzazione in continuo aumento, e le esternalizzazioni dei settori privati e pubblici attraverso la pratica di appalti e sub-appalti portano oggi a una mobilitazione generale dell’intero mondo del lavoro.
Alla base legittime preoccupazioni.
Tra le questioni da affrontare ora e non più rinviabili, sono:
a) Sicurezza sul lavoro
Quello delle morti sul lavoro è un problema che diventa esponenziale.
Lo scorso 30 settembre, 2021 l’Inail ha pubblicato i dati su infortuni e malattie professionali relativi ai primi otto mesi del 2021: tra gennaio e agosto sono state 349.449 le denunce presentate, con un incremento del 8,5% rispetto al 2020. In 772 casi l’esito è stato la morte.
È misura insufficiente e forse inadeguata quella dell’inasprimento delle pene, perché il fenomeno trova spiegazione in un complesso intreccio di fattori organizzativi, culturali e comportamentali ancora fortemente radicati.
Più utile sarebbe intervenire in direzione promozionale e preventiva.
Vero è che proprio l’eccesso di regolamentazione statuale, il formalismo giuridico fine a se stesso e i tanti vincoli culturali alla modernizzazione del diritto del lavoro hanno finito, il più delle volte, per disincentivare il sistema delle imprese – specie quelle di piccole e medie dimensioni –, a cogliere e realizzare gli aspetti sostanziali, di natura organizzativa e comportamentale, che rendono effettivo il rispetto delle leggi vigenti.
La vera battaglia per ambienti di lavoro più sicuri e decenti passa ancora una volta dalla porta della modernizzazione dei contesti organizzativi e dei modelli gestionali del lavoro, perché vincoli obsoleti e norme inesigibili spingono inevitabilmente nella direzione degli abusi e della improvvisazione, alcune delle principali cause delle tante tragedie sul lavoro.
Utile un rafforzamento del sistema dei controlli.
L’Ispettorato dovrebbe accorpare le funzioni di vigilanza di Ministero del Lavoro, Inps e Inail, impiegando maggiori risorse umane e informatiche, tra le quali una banca dati condivisa. Un passo fondamentale per poter fare in una volta sola controlli incrociati sulla regolarità complessiva dell’azienda e sulla posizione contributiva, assicurativa e di sicurezza dei lavoratori. Attualmente, ogni Ispettore guarda alla materia di sua competenza e il coordinamento è affidato alla buona volontà dei singoli e a un accesso parziale alle banche dati di Inps e Inail relativamente alle informazioni sulle aziende controllate.
Poi c’è il problema del coordinamento con le Asl, alle quali spettano i controlli su salute e sicurezza e che non sono ancora capaci di far rete, non avendo raccolte dati in comune con Inps e Inail (indispensabili al fine di evitare duplicazioni o triplicazioni delle attività).
Il Ministro del Lavoro ha preannunciato che sono in arrivo 2.100 nuovi ispettori, i primi 822 entro fine anno, gli altri subito dopo con altri concorsi. Questo, però, non significa che il numero dei dipendenti crescerà in modo analogo, dato che buona parte delle assunzioni andrà a coprire le uscite per pensionamento.
Occorre un piano coraggioso di potenziamento sia in termini di risorse umane sia di tipo infrastrutturale, poiché i Paesi i cui sistemi sanitari e di sicurezza sul posto di lavoro sono inefficaci impiegano risorse preziose per far fronte a infortuni e malattie evitabili.
b) Livello salariale minimo
Il salario minimo e la stabilità dei contratti di lavoro sono necessari per garantire ai lavoratori una adeguata retribuzione, condizioni di vita e di lavoro equilibrate e per costruire società ed economie eque e resilienti.
Il salario minimo, inoltre, garantisce l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, dato che la maggioranza dei lavoratori che percepiscono un salario minimo è costituita da donne.
È fondamentale che tutti possano accedere a salari minimi, attraverso contratti collettivi o salari minimi legali.
c) Riduzione del carico orario lavorativo a parità di salario
«Lavorare meno, lavorare meglio e lavorare tutti». Dall’Islanda, passando per la Spagna e la Scozia, fino agli Stati Uniti e al Giappone, si allarga la platea di Paesi che studiano la settimana lavorativa breve, a parità di salario, scommettendo sulla riduzione di un giorno o di alcune ore per il benessere dei dipendenti, la maggiore produttività aziendale e l’aumento dell’occupazione.
Un punto fermo è la necessità di ridistribuire il lavoro in maniera equa, perché a oggi la metà delle persone lavora troppo e l’altra metà non lavora affatto.
A beneficiare della diminuzione della disoccupazione sarebbero inoltre le finanze pubbliche, che dovrebbero sostenere minori spese sociali. Si migliorerebbe l’equilibrio tra vita privata e lavoro, mettendo al centro le persone e andando oltre i classici benefit aziendali. Lo stacanovismo ha portato a bassa produttività, poco tempo da dedicare alla famiglia e conseguente calo demografico. In altre parole, ha portato a una società che fatica a sostenersi e un’economia praticamente immobile.
Meritocrazia Italia è convinta che, piuttosto che indugiare in inutili scontri, sarebbe più proficuo collaborare per riprendere la rotta, superando un approccio passivo e di resa al presente, un attendismo perverso ed involutivo. Non si può pretendere un domani migliore senza consapevolezza del sacrificio necessario per la costruzione.
La linea del dialogo e del confronto è sempre preferibile a quella delle rivendicazioni, specie in un contesto economico come quello attuale fatto di fragilità di sistema e tensioni sociali. Riconquistare la capacità di dialogo con il Governo è oggi essenziale.
Le risorse contenute nella legge di Bilancio, insieme a quelle predisposte dal PNRR, sono un’imperdibile occasione per gli investimenti tecnologici e infrastrutturali, per la digitalizzazione dei processi e per la formazione degli addetti, fattori essenziali al rilancio del nostro Paese, per decenni governato solo da una logica di sacrifici e riduzione costi che ha portato a situazioni ingestibili.
Vi sono preziosi spiragli di luce, ma serve il coraggio di lottare. Occorre tornare al senso del dovere, alla consapevolezza che, per avere, bisogna anche dare. Bisogna riscoprire il senso e la dignità dell’impegno e il valore del contributo che ognuno può dare al processo di costruzione, dell’oggi e soprattutto del domani.