SEMPLIFICAZIONE E LOTTA ALLA CORRUZIONE. SPUNTI DI RIFLESSIONE

SEMPLIFICAZIONE E LOTTA ALLA CORRUZIONE. SPUNTI DI RIFLESSIONE

«Per prevenire la corruzione si è complicata la vita quotidiana delle amministrazioni, spesso con misure sproporzionate rispetto all’obiettivo e in contraddizione con uno dei primi principi della lotta alla corruzione, quello della semplificazione, perché è nella tortuosità delle procedure che fiorisce la corruzione.» [Sabino Cassese]

La correlazione tra corruzione e burocrazia è fortissima, in quanto complessità e difficoltà di controllo dell’azione amministrativa comportano ulteriori procedure da seguire, con la conseguenza di innescare inevitabilmente pratiche di malaffare

Anche nella scelta delle modalità di prevenzione della corruzione si annida un pericolo.

In attuazione dell’art. 6 della Convenzione dell’ONU contro la corruzione del 31 ottobre 2003, ratificata ai sensi della l. 3 agosto 2009, n. 116, e degli artt. 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione del 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della l. 28 giugno 2012, n.110, la l. n. 190 del 6 novembre 2012 individua, in ambito nazionale, l’Autorità Nazionale Anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare un’azione coordinata, un’attività di prevenzione, di controllo e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

Tale intervento normativo ha operato nella direzione più volte sollecitata dagli organismi internazionali e il suo aspetto caratterizzante consiste nell’articolazione del processo di formulazione e attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione su due livelli.

Il sistema organico di prevenzione della corruzione è oggi così conformato: ad un primo livello, quello “nazionale”, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) approva il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA); al secondo livello, quello “decentrato”, ogni amministrazione pubblica definisce un Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione (PTPC), e questo, sulla base delle indicazioni presenti nel PNA, riporta le analisi e la valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente indica gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

Questa articolazione risponde alla necessità di conciliare l’esigenza di garantire una coerenza complessiva del sistema a livello nazionale e di lasciare autonomia alle singole amministrazioni per l’efficacia e l’efficienza delle concrete soluzioni da adottare.

All’esame delle novità introdotte dalla l. 190 del 2012 giova anteporre una sintetica indicazione delle ragioni sottese all’impostazione di fondo che la connota, quella cioè di affidare il contrasto alla corruzione a una politica di tipo integrato ruotante attorno al rafforzamento dei rimedi di tipo repressivo, all’introduzione nell’ordinamento di strumenti di prevenzione volti ad incidere in modo razionale, organico e determinato sulle occasioni della corruzione e sui fattori che ne favoriscono la diffusione e la promozione di una diffusa cultura del rispetto delle regole e dell’etica pubblica.

Si tratta di ragioni che, riguardanti le dimensioni assunte dal fenomeno corruttivo in Italia e la metamorfosi qualitativa che lo stesso fenomeno ha subito, non solo impongono un ripensamento dell’apparato repressivo ma (forse prima ancora) suggeriscono, come peraltro da tempo indicato dagli organismi internazionali, di elaborare ed attuare una seria ed organica politica di prevenzione, affidata ad un ventaglio di misure amministrative che incidano sulle occasioni della maladmnistration.

Ebbene, la legge n. 190 introduce, in funzione di prevenzione, una serie di barriere interne, destinate ad incidere sull’organizzazione delle amministrazioni pubbliche sull’integrità del singolo dipendente, sulla trasparenza dell’apparato, dei processi decisionali, delle forme di utilizzo delle risorse pubbliche e sul rapporto tra amministrazione e dipendenti.

L’evoluzione della materia ha comportato notevoli mutamenti dal punto di vista della previsione legale dei reati, attraverso l’introduzione di nuove fattispecie e la modifica di altre già esistenti, che consentono di punire nuove forme di manifestazione dei reati.

Le due principali riforme del 2012 e successivamente del 2015 hanno innovato la disciplina in materia di contrasto alla corruzione, non solo con l’aumento delle pene edittali – strumento che non appare di per sé sufficiente – ma anche con la previsione di nuovi reati e la modifica di altri già previsti dal codice penale.

La differenziazione in merito alla corruzione propria e per l’esercizio delle funzioni che sostituisce quella impropria, la distinzione tra concussione per costrizione e il nuovo delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, l’introduzione del nuovo reato di traffico di influenze illecite delineano un panorama normativo vario ed articolato.

Tuttavia non sempre una pluralità di leggi è il migliore strumento per arginare un fenomeno, soprattutto nel caso di questi illeciti contro la P.A.

La corruzione può configurarsi come un reato particolare in quanto, molto spesso, essa è prodromica alla commissione di ulteriori reati, che generano un allarme sociale più marcato, come quelli di associazione a delinquere di stampo mafioso e riciclaggio di denaro.

Ecco quindi che occorre limitare tale endemica diffusione, oltre che per i danni economici e sociali che produce ogni anno, anche per il collegamento con illeciti di ben più alta gravità.

Dato l’ormai elevato interscambio di beni e servizi fra i Paesi europei, è opportuno che vi sia una co-mune e condivisa politica di lotta sistematica alla corruzione che ha valicato i confini nazionali andan-dosi ad insediare anche all’interno delle istituzioni europee.

I vari rapporti europei di organizzazioni europee rivelano una classifica piuttosto impietosa per il no-stro Stato in merito alla percezione, diffusione e costo della corruzione, ma anche Paesi più virtuosi non possono dirsi privi di tali problematiche.

Varie indicazioni legislative sono venute dall’Europa, anche se vi è stata una tarda attuazione delle stesse, complice anche l’instabilità politica che ha caratterizzato lo Stato italiano.

Se non vengono meno i vantaggi derivanti dal pactum sceleris è chiaro che nessuno avrà interesse a denunciare la sussistenza di questi reati.

Per come sono strutturate attualmente le norme, il soggetto denunciante viene così sottoposto a indagine penale, in tal modo scoraggiandosi una qualsiasi volontà collaborativa tra il corruttore e la giusti-zia.

Potrebbero essere previste delle cause di non punibilità o ancora di drastica riduzione della pena, nei confronti del soggetto che, vincendo il muro dell’omertà, decida di svelare il contratto criminale realizzato.

Per quanto riguarda poi l’applicazione della pena, la stessa non può più essere intesa come custodia in vinculis; il carcere infatti non ha più effetto intimidatorio, preventivo ne tantomeno rieducativo.

La severità dei limiti edittali della pena non ingenera più quel timore nell’animus del criminale che possa trattenerlo dal delinquere.

Difatti anche in Paesi in cui il reato è punito con la pena di morte, si assiste in egual misura alla perpe-trazione dello stesso.

Complice anche un sistema giudiziario fallace e che non sempre riesce a garantire la corretta applicazione della giustizia in tempi ragionevoli, si assiste ad una commissione di reati, soprattutto nei confronti della pubblica amministrazione, senza metus della sanzione.

Potrebbe rappresentare una soluzione, anche per risolvere il sovraffollamento delle carceri, applicare prevalentemente pene alternative che toccano l’individuo nella sfera patrimoniale.

Confisca e interdizione, infatti, incidono sul patrimonio delle persone o sulla loro capacità di occupare posti di potere.

L’aggressione al proprio patrimonio genera un timore più elevato di quello del carcere e quindi, per questa tipologia di reati, potrebbe essere la soluzione più adatta.

Certo il limite di questa soluzione è che non sempre il reo ha dei beni alla luce del sole, che possano essere aggrediti, ma è comunque possibile applicare una sanziona interdittiva.

La pena deve essere inflitta nell’immediato, anche in misura più lieve, ma somministrata nel minor tempo possibile, in modo da garantire anche un impatto sociale apprezzabile.

Inoltre, da un mero punto utilitaristico e pratico, il rispetto delle regole e delle leggi sociali garantisce al soggetto – che agisce secondo i dettami dell’ordinamento – di avere in ritorno lo stesso comportamen-to da parte di tutta la collettività e quindi una molteplicità di servizi, come trasporti, scuole, giustizia e sanità, dotati di grande efficienza e privi di interessi personali.

Infine le nuove forme di prevenzione introdotte dalla legge Severino ed in particolare all’Autorità Na-zionale Anticorruzione.

Tale Autorità gode di elevati poteri che le permettono di incidere sulla vita e sulla sfera patrimoniale di un ente ed inoltre è competente ad emanare atti e direttive, tra cui il più importante è il Piano Nazionale Anticorruzione.

Lo scopo di tale Autorità è quindi quello di contrastare la corruzione prima che questa possa raggiungere proporzioni elevate, garantendo la trasparenza degli appalti pubblici e la non ingerenza della criminalità organizzata o di gruppi di soggetti che utilizzano strumenti corruttivi.

Nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”, finanziato dall’Unione europea, l’Anac (Autorità Nazionale Anti Corruzione) ha lavorato a un ambizioso progetto, puntando a definire un set di indicatori in grado di individuare il rischio di corruzione nella Pubblica Amministrazione. Grazie alle informazioni raccolte , l’ANAC ha potuto redigere un quadro dettagliato delle vicende corruttive in termini di dislocazione geografica, contropartite, enti, settori coinvolti e soggetti coinvolti.

Il quadro complessivo che emerge dal rapporto testimonia che la corruzione, benché all’apparenza scomparsa dal dibattito pubblico, rappresenta un fenomeno radicato e persistente, verso il quale tenere costantemente alta l’attenzione. Al tempo stesso, occorre rilevare come la prevalenza degli appalti pubblici nelle dinamiche corruttive giustifichi la preoccupazione nei confronti di meccanismi di deregulation quali quelli di recente introdotti, verso i quali l’Anac ha già manifestato perplessità. La sfida rappresentata dalla corruzione è tuttavia di entità tale da richiedere un armamentario variegato, non limitato alla sola repressione. La varietà delle forme di corruzione e dei settori di interessi, non più solo gli appalti pubblici impone un’azione combinata di strumenti preventivi e repressivi.

La disamina (sicuramente non esaustiva) della tematica affrontata, per rispondere al quesito posto in premessa, ovvero se e quanto la lotta alla corruzione sia, in concreto, in contraddizione con il principio di semplificazione, oppure al contrario riesca comunque ad alleggerire gli adempimenti burocratici previsti dai procedimenti, approda ad una duplice considerazione.

La prima è che bisogna prendere atto che contro i fenomeni corruttivi è inevitabile che vi sia da un la-to qualche norma in più e dall’altro ulteriori adempimenti e controlli, collegati anche ad uno specifico regime sanzionatorio, ad esempio in materia di violazione degli obblighi di trasparenza. La trasparenza totale delle amministrazioni è difatti il primo obiettivo da perseguire, al fine di garantire un effettivo controllo dell’attività della pubblica amministrazione.

La seconda è che è evidente che la lotta alla corruzione necessiti sia di ulteriori interventi, legislativi e non, che di una costante attività di sensibilizzazione e formazione, al fine di realizzare quello che Can-tone (ex Presidente dell’ANAC) definiva “uno scatto culturale”. La necessità di uno scatto culturale nasce dalla considerazione che il sistema di interventi e di misure di prevenzione e contrasto della cor-ruzione non sempre coincida con la situazione concreta; se quasi tutte le amministrazioni pubbliche si sono dotate di piani e rispettano le regole sulla trasparenza, ciò non significa che esse hanno “digerito” la logica delle misure; spesso adempiono, invece, con criteri burocratici, persino copiando, ad esempio, gli altrui piani della prevenzione.

Il Presidente dell’ANAC sottolineava inoltre come «questo impianto di misure ha ovviamente bisogno di tempo e soprattutto ha bisogno di uno scatto culturale, che una legislazione per quanto innovativa può certamente favorire ma non certo imporre e pone l’accento sull’importanza della formazione di una nuova classe dirigente».

È dunque una sfida impegnativa e di lunga durata, nei confronti della quale non è consentito desistere e che, forse, come è avvenuto nel crimine organizzato dell’ultimo quarto di secolo, può avere speranze di successo, quanto meno in termini di un considerevole ridimensionamento del fenomeno stesso.

Tra gli strumenti fondamentali introdotti dalla legge anticorruzione, infine, vi è sicuramente la Traspa-renza che di fatto persegue due finalità: la prima garantire il buon andamento dell’amministrazione (consistente nel diritto dei cittadini a conoscere l’operato della p.a.) e la seconda riguardate l’imparzialità della p.a.

La trasparenza nella p.a. di fatto è strettamente correlata all’anticorruzione, metaforicamente si descrive una p.a. trasparente come una sorta di “casa di vetro”, nel ricordo di un celebre intervento parlamentare di Turati nel 1908, volto a rimarcare l’importanza del decoro per la p.a.

Per concludere, si assiste nel nostro Paese ad una endemica e quanto mai diffusa corruzione che, nonostante le condanne e le indagini penali, continua ad permanere e ad avvolgere con le sue spire le opere pubbliche, grandi o piccole.

Pur ammesso che tale fenomeno caratterizza da sempre la vita dell’uomo e non si può pretendere di scardinarlo una volta per tutte, esso può essere già adeguatamente ridimensionato e contenuto.

Attraverso meccanismi di semplificazione legislativa e chiarezza delle norme è possibile ridurre le incertezze e i tempi della burocrazia, andando ad eliminare uno dei principali motivi per cui vengono realizzate condotte corruttive.

Invece di dilatare i tempi della prescrizione, aumentare le pene o creare nuove fattispecie di reato, a volte molto evanescenti, il legislatore dovrebbe operare una seria ed incisiva riforma della pubblica amministrazione improntata alla chiarezza e semplificazione delle norme.

Parallelamente necessiterebbe formulare una seria riforma della giustizia, in modo da garantire il perseguimento certo, ed entro termini ragionevoli, delle condotte illecite al fine di garantire una soluzione giusta e rapida che faccia percepire alla società la volontà dello Stato di reprimere veramente tale crimine.

Paiono sempre attuali le parole di Tacito: Corruptissima re publica plurimae leges.

Di ALESSANDRO SERRAO e VALENTINA PEPE



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