SOCIETA’ BENEFIT
Un fenomeno da promuovere
Le ‘società benefit’ – nominate per la prima volta con la legge di stabilità n. 208 del 2015 – rappresentano una nuova forma giuridica di impresa che, oltre allo scopo di lucro, persegue anche finalità di beneficio comune, come sviluppo di idee, progetti imprenditoriali e attività economiche secondo i principi della sostenibilità ambientale e sociale; realizzazione di tecnologie hardware e software utili alla comunità; promozione e diffusione di un uso sano e consapevole delle tecnologie.
Il beneficio comune, con finalità connesse, deve essere indicato nell’oggetto sociale, e deve trovare espressione nello sviluppo organizzativo delle attività che si rivolgono all’esterno con il proposito di realizzare effetti positivi per i diversi portatori di interesse.
A oggi sono circa mille le società che hanno deciso di strutturare in questa direzione il proprio business model, soprattutto nel settore moda, nel quale spicca – tra le altre – ProgettoQuid, che mette a disposizione capi realizzati con tessuti di ‘taglio’ delle più grandi aziende, attraverso il lavoro abile e capace di donne con trascorsi di fragilità.
La CNA Federmoda sostiene e promuove l’opportunità di costituire società benefit per la produzione e il rilancio del settore, quale strumento ulteriore di promozione dell’economica sociale nazionale.
Tra le diverse iniziative, in occasione dell’incontro ‘Le società benefit nell’ordinamento italiano’, ha presentato un servizio di informazione e accompagnamento pensato al fine di introdurre sempre più serratamente il benefit tra le priorità delle aziende italiane. Tra i passaggi strutturali e di progettazione delineati, si è posta l’attenzione sull’importanza di investire nel benefit proprio ora in quanto le diverse esemplificazioni appartengono tutte alle strategie di rilancio del PNRR italiano.
L’attecchire di questi modelli societari dipende molto dalla governance dell’impresa, che deve aderire a standard elevati di responsabilità e di trasparenza, per la creazione di un valore d’impatto positivo sulla società e sull’ambiente, con la misurazione degli impegni da perseguire, dei risultati e degli obiettivi futuri.
Lo sviluppo di questa forma di impresa, che combina finalità economiche e interessi socio-ambientali, merita di essere seguita con attenzione. È un’evoluzione positiva del modello classico imprenditoriale, più adeguato alle sfide e alle opportunità dei mercati attuali.
La fonte di profitto che ingloba servizi alla società e a positivo impatto ambientale presuppone consapevolezza, competenze e legalità, parole chiave sulle quali dovrebbe muoversi ogni iniziativa virtuosa, anche di cittadinanza attiva, per la promozione dell’equità sociale.
L’investimento oggi trova conforto nel riconoscimento a livello tributario di un credito di imposta pari al 50% delle spese sostenute per la costituzione. Serve, però, una strategia di promozione che possa sollecitare l’imprenditore a preferire la società benefit quale strumento sociale di investimento umano e di benessere territoriale e quale percorso agile e fiscalmente agevolato all’inclusione e all’investimento green.
In questo, le società benefit dovrebbero, nel rispetto di standard qualitativi diversi e commisurati alla percentuale benefit che rappresentano, diventare punto di forza della giovane imprenditoria, grazie ad agevolazioni come imposta di registro agevolata o fissa ad € 200,00; credito d’imposta al 50% delle spese di costituzione; contratti di lavoro specifici, con un’agevolazione contributiva al 50%; e non fallibilità per un periodo di anni 4 dalla costituzione. Si aggiungano i fondi provenienti dai piani PNRR destinati all’inclusione, all’evoluzione economica green ed alla digitalizzazione.
In tale prospettiva, le benefit, oltre ad incarnare i principi etici che sovente caratterizzano la natura delle piccole e medie imprese italiane, offrono una risposta concreta e coerente alle istanze di sostenibilità economiche e/o socio-ambientali, recepite nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per come declinate negli obiettivi trasversali (riduzione delle disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali) e nelle sei Missioni che ne costituiscono i pilastri (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, Rivoluzione verde e transizione ecologica, Infrastrutture e mobilità sostenibile, Istruzione e ricerca, Inclusione e coesione, Salute).
L’utilizzo di queste tipologie di start up innovativo lascia, inoltre, presagire una efficace attuazione delle Riforme e Missioni del Piano ove si consideri che le stesse saranno valutate non solo alla stregua del relativo grado di attuazione, ma anche in considerazione dell’impatto sulla capacità del Paese di recuperare il potenziale dei giovani, delle donne e dei territori o di realizzare maggiore sostenibilità ambientale e inclusività sociale.
Sicure conferme a riguardo si rinvengono nell’ultima edizione – la quindicesima – dell’Osservatorio Isnet (patrocinato dal Ministero del Lavoro), tenutasi allo scopo precipuo di aggiornare gli indicatori economici dell’impresa ad impatto sociale, nel cui novero rientrano le società benefit.
L’osservazione svolta ha fotografato l’andamento economico, occupazionale e la capacità innovativa delle società a impatto sociale in relazione ai temi del PNRR e ha offerto risultati confortanti, attestando come le esperienze più diffuse maturate dalle società ad impatto sociale siano riconducibili ai seguenti ambiti di intervento: occupabilità dei giovani M5C1 (72%); servizi socioassistenziali MCC3 (69%); servizio civile orientato all’apprendimento MCC1 (54,5%); sostegno capacità genitoriale delle famiglie vulnerabili MC52.1 (52,5%); imprenditoria femminile MC51 (47,5%). Interpellato sulla consapevolezza del proprio ruolo, ben il 75,5% del Panel ha identificato nel PNRR un’occasione storica e di rilancio dell’economia sociale (43%), a condizione che si innestino forme di «partenariato pubblico-privato» sociale (29,5%). Forme «di partenariato pubblico-privato» sicuramente attuabili, atteso che la disciplina attuativa del PNRR ha imposto l’inserimento nei bandi di gara di affidamento di commesse pubbliche di «clausole sociali e ambientali come requisiti necessari o premiali dell’offerta al fine di promuovere la stabilità occupazionale, l’applicazione dei contratti collettivi, le pari opportunità generazionali e di genere».
Le società benefit sono avvantaggiate nel raggiungimento di questi obiettivi perché portatrici di questi valori individuati sovente tra le loro attività aventi finalità di beneficio comune.
Ulteriore rilevante ambito di intervento delle società benefit è, infine, quello che consente di concretizzare la sfida di Industry 4.0 in chiave di sostenibilità: vi è l’impegno di molte PMI coraggiose che scelgono di investire per realizzare modelli di business innovativi e capaci di migliorare il mondo.
In ultima analisi, se si eccettuano alcune esperienze di Stati Federali Statunitensi, l’Italia è stato il primo Paese al mondo ad aver regolato in modo organico un modo di fare impresa che coniuga il profitto per i soci e la creazione di valore per i terzi, integrando il beneficio collettivo (ambientale, sociale) nella propria catena del valore, il che ci dà la rilevante opportunità di divenire esempio virtuoso a livello mondiale e offre al nostro sistema produttivo l’occasione di cogliere il vantaggio competitivo economico e finanziario proveniente dalle occasioni di rilancio offerte dal Recovery Fund.