SOLIDARIETÀ POLITICA, ECONOMICA E SOCIALE, DOVERE INDEROGABILE – 24 LUGLIO 2022
Alla continua ricerca della felicità nel superfluo, decoriamo il quotidiano di frasi fatte e belle parole. Difficilmente ci sforziamo di dare concretezza ai buoni propositi.
Con questo spirito si invoca da più lati e in ogni occasione l’art. 2 della Costituzione.
«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
Riconosce. E garantisce.
Eppure, nella realtà, la realizzazione delle personali aspirazioni e ambizioni finisce per essere una lunga corsa a ostacoli.
L’Uomo vive come individuo, come singolo, ma sviluppa la sua personalità nelle formazioni sociali, insieme agli altri. Da sempre. È certo, però, che in contesti di agio le individualità emergono con prepotenza sulla socialità. Il benessere economico porta al desiderio di nuovo benessere economico, al bisogno di perfezione. Non è troppo diverso in situazioni di minore fortuna e maggiore disagio.
Per tutti, la felicità sembra misurabile in moneta e diffusa è la disabitudine alla socialità.
È altrettanto certo, però, che non tutti hanno le stesse possibilità di realizzare le intuizioni e valorizzazione i propri talenti. E che spesso, anche quando in astratto vi sarebbero, le opportunità non vengono colte, perché il torpore delle coscienze e l’ignavia dilagante portano a preferire la sopravvivenza al sacrificio necessario per raggiungere stabili equilibri.
Il compito dello Stato dovrebbe essere quello di intervenire a garanzia della valorizzazione della capacità, per consentire a ciascuno di scoprire il proprio ruolo nella comunità e dare espressione alle proprie abilità. Anche in questo consiste la promozione della solidarietà che dà contorni decisi al disegno costituzionale. Nel consentire l’affermazione delle personalità, a prescindere dal contesto di appartenenza.
L’errore sta nel credere che la crescita di ciascuno non possa che avere dimensione individuale e consista nell’affermazione di sé, che il benessere abbia una natura appropriativa, che si calcoli in beni che si possono acquistare e non in cose che si possono fare.
Questa continua tensione a una vita migliore ha finito per farci diventare peggiori. Ci ha fatto dimenticare che cosa conta davvero. Ci induce a concentrarci sul lavoro, puntando a un week end in barca o a vacanze costose, magari su aerei di lusso o nei posti più dimenticati o esclusivi.
Così non solo non si contribuisce al miglioramento del contesto condiviso, ma si favorisce il divario sociale, la creazione di mondi diversi e contrapposti.
La prima attenzione per i diritti fondamentale parta dai cittadini, che sono individui ma vivono nella relazione delle comunità.
Perché lo Stato siamo Noi.
In un quadro di accesa iniquità, è fondamentale riscoprire la sensibilità, per restituire effettività alla natura relazionale dell’essere, a quella solidarietà sociale che lo Stato riconosce e che dovrebbe garantire nei fatti, non nell’astrazione delle norme.
Da qui parte l’opera di Meritocrazia Italia, che si impegna a incoraggiare un modo di vita compatibile con le esigenze della socialità. Più ci si sa donare agli altri più si è felici anche nella propria individualità, e più si riesce a godere delle bellezze dell’esistenza.
Sembra un paradosso, ma è nella semplicità delle cose. Il benessere vero, quello che dà soddisfazione e dura nel tempo, quello sostenibile, non è nella possibilità di acquistare l’auto più costosa, ma nell’opportunità di dare concretezza alle parole con le quali tutti, tutti i giorni, abbelliamo la nostra esistenza.