Sono le azioni che contano

Sono le azioni che contano

I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformate in azioni.

Mahatma Gandhi, filosofo, politico e avvocato indiano vissuto tra 1869 e 1948, diceva ‘Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo’. Un monito sempre attuale. Se vogliamo veramente che le cose migliorino, i primi a cambiare abitudini e comportamenti dobbiamo essere noi.

Alla fine del XIX secolo la Gran Bretagna consolidava il suo impero coloniale in India, la più vasta e importante delle colonie europee in Asia. In quegli stessi anni si faceva strada il pensiero rivoluzionario di Gandhi, il Mahatma, come fu soprannominato dai suoi seguaci in tutto il mondo. Attraverso nuove forme di lotta, come la disobbedienza civile, la non violenza e la resistenza passiva, Gandhi seppe guidare il popolo indiano al raggiungimento dell’indipendenza nel 1947, liberandosi per sempre dal dominio dei coloni.
Accade spesso di guardare con indignazione al mondo in cui viviamo, criticando le mancanze e le ingiustizie, senza di fatto muovere un passo. Abbiamo l’impressione che la realtà scorra al di fuori di noi, senza alcuna possibilità di cambiamento, come se a guidare gli eventi fossero soltanto ‘i potenti’ o il naturale decorso delle cose. Ma alla domanda ‘Possiamo con le nostre azioni forgiare il mondo in cui viviamo?’, la risposta di Gandhi è risoluta e non lascia scampo ad alcuna giustificazione. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Dipende tutto da noi, dai nostri gesti, dalle nostre parole, dalle scelte che compiamo ogni giorno, dalle grandi decisioni alle più piccole e apparentemente insignificanti.
Incarnare il cambiamento è quanto di più difficile ci venga richiesto dalla società, perché implica un lavoro quotidiano con il nostro io. Per decidere in quale direzione andare, bisogna prima conoscere se stessi, limare le rigidità, ascoltare, cogliere i bisogni di chi ci circonda, per tracciare infine un percorso da seguire con tenacia e costanza. Solo così potremo forgiare una società giusta ed essere parte di un reale cambiamento.

Il desiderio di cambiare, di dare una svolta alla propria vita; l’esperienza della fragilità o quella di una vita vissuta fra mille sofferenze, sono circostanze comuni a molti.

Per intenderci, stiamo vivendo un’epoca di mutamenti straordinari che preannunciano una profonda riconfigurazione del sistema politico e sociale mondiale. Le conseguenze geopolitiche sono davanti agli occhi di tutti e il vuoto europeo non fa altro che proiettare sulla scena mondiale l’America e la Russia.
È chiaro che il vuoto europeo stia alimentando il duopolio Usa-Russia, generato dall’assenza di uno specifico ruolo di potenza, anche militare, dell’Europa, che non è né unita né armata. Ciò che succede da tempo in Ucraina, nella striscia di Gaza, in Siria è la conseguenza dell’essere stati incapaci di creare un sistema di pace mondiale, dove la potenza devastante americana è impossibilitata da sola a dominare il mondo, la Cina cresce in aggressività e potenza militare (ma non anche economica), e la Russia e gli Stati europei devono trovare un accordo nonostante le sanzioni Usa.
A soffrire per questi cambiamenti è il mondo intero, che sembra aver dimenticato gli insegnamenti legati alle ragioni di Stato e alla diplomazia, che garantivano prosperità e stabilità dalla seconda metà del novecento soprattutto in Europa. E la triste verità è che il cuore della crisi è proprio l’Europa, perché l’elemento che caratterizza il sistema internazionale è quello dell’instabilità, che si genera, prima che del rapporto esistente tra gli Stati, dagli Stati stessi, tutti scossi da una compressione e marcata inefficienza dei sistemi istituzionali.

In questo scenario, si lancia un allarme generale anche per le economie mondiali, che riguarda, tra l’altro, proprio l’insostenibilità dell’indebitamento statale, che, dall’Europa agli Usa, è diventato un problema finanziario importante, con rischi inflazionistici al rialzo, tassi di interesse finora al livello record (anche se in diminuzione) e conti pubblici evidentemente precari.
L’Italia segue Germania e Francia nella classica dei Paesi con l’economia più forte all’interno dell’Eurozona, risultando all’ottavo posto nella classifica mondiale. Eppure si trova nella forte la necessità di riequilibrare le spese e le entrate con riforme efficienti. Bankitalia ha specificato che questo balzo è stato causato soprattutto dall’aumento del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche.
Le decisioni di finanza pubblica italiana si basano sul Documento di Economia e Finanza, il c.d. def, suddiviso in tre sezioni, che riporta le strategie di lungo periodo individuate dal Governo sul piano economico e finanziario, dai modi e i tempi di risanamento dei conti pubblici agli obiettivi di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti a Bruxelles.
Si tratta di un documento importante che anticipa la legge di bilancio e che delinea il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo. Insomma, il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, posto all’interno di un’attività di coordinamento delle politiche economiche degli Stati europei. Viene presentato a marzo dell’anno prima, per poi essere aggiornato a metà settembre, e consente alla Commissione europea di esaminare preventivamente i documenti di finanza pubblica dal cui esame possono scaturire procedure di infrazione per deficit e debito eccessivo. Si pensi che, per il 2024, è stata già aperta una procedura di infrazione che probabilmente comporterà una nuova manovra fiscale, ma a differenza del passato l’Italia, trovandosi sotto procedura di infrazione per debito eccessivo, non potrà ricorrere al deficit per finanziare le varie voci della manovra. Questo significa che, se viene prevista una determinata spesa, nella colonna di fianco dovranno essere indicate uguali voci credibili di entrata e, per fare un esempio, in caso di una spesa per confermare il taglio al cuneo fiscale, dovrà essere indicato da dove verranno prese le risorse, non essendo più possibile ricorrere a misure generiche come la lotta all’evasione fiscale. In altre parole, vanno indicate le entrate sicure come tagli alla spesa o nuove tasse. Le prossime leggi di bilancio dovranno mirare a non aumentare il debito pubblico e il motivo conduttore degli anni a venire sarà quello di ridurre il debito pubblico, che, troppo elevato, rappresenta un fattore di vulnerabilità. L’obiettivo avrà delle conseguenze sugli interventi che si possono o non possono dare e quelli in disavanzo, ovviamente, saranno molto limitati. Ridurre il debito pubblico è un piano ambizioso, che darà l’opportunità di disegnare un futuro più roseo per il nostro Paese.
Quello che è certo è che l’Italia ora è tra i Paesi più indebitati, e, proprio come le persone e le aziende, anche il Governo prende in prestito denaro per promuovere la crescita economica e migliorare il benessere del Paese. L’aumento del debito pubblico riduce gli investimenti delle imprese e rallenta la crescita economica, aumenta le aspettative rialziste sull’inflazione e i livelli di sfiducia, motivo per il quale le scelte dei governi devono impedire che gli squilibri di bilancio danneggino l’economia e le famiglie.

Per finanziare le attività dello Stato esistono diversi metodi: imposte e tasse su tutto. E, quando le uscite superano le entrate, lo Stato può ricorrere a strumenti finanziari, creando così il debito pubblico. In casi come questo, il Ministero dell’economia e delle finanze, per ristabilire l’equilibrio, vende titoli di Stato sul mercato finanziario incentivando soprattutto i risparmiatori privati. Il denaro preso in prestito diventa parte del debito pubblico nazionale e rappresenta quanto denaro il Paese deve ai propri finanziatori, che possono essere altri Governi, società o anche cittadini privati. Attualmente, il debito pubblico italiano sfiora i tre miliardi di euro, per questo bisogna seguire con attenzione il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, essendo un impegno finanziario estremamente pesante, per il debito contratto direttamente nei confronti della Unione europea, a fronte di vantaggi al momento ancora incerti.

Si sente parlare sempre più di frequente dell’inefficienza della pubblica amministrazione, con dati statistici che in pochi giorni risultano già superati da nuovi. Per intenderci, il vero deficit pubblico è rappresentato proprio dall’inefficienza della pubblica amministrazione, e la vera risposta è migliorare i servizi amministrativi, riorganizzandoli su base informatica per accrescere la produttività complessiva. L’infrastruttura pubblica deve puntare a obiettivi di qualità elevata, deve ridurre i tempi di risposta della burocrazia.

Il viaggio di Meritocrazia Italia trasmette il coraggio di cambiare e comunica la necessità di rinnovarsi, stimolando un percorso di ricerca che è all’esistenza di tutti i grandi cambiamenti.
Serve il ritorno alla politica buona, che guardi principalmente alle comunità e non ai profitti dei singoli individui.



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