
Storica sentenza della Corte costituzionale sulle adozioni: MI chiede interventi anche sulle procedure
Con una pronuncia destinata a lasciare un segno, la Corte Costituzionale sancisce un principio di giustizia di straordinaria portata: anche una persona single può adottare un minore straniero in stato di abbandono.
Cade così un limite che per lungo tempo ha resistito in nome di una concezione tradizionale della famiglia, superato in favore di un valore superiore e inderogabile. Il diritto del bambino a crescere in un ambiente sicuro e amorevole non può essere subordinato allo stato civile di chi desidera offrirgli protezione e stabilità.
Per lungo tempo il nostro ordinamento ha delimitato l’accesso all’adozione sulla base di parametri formali, talvolta trascurando la capacità effettiva di offrire affetto e stabilità. Oggi questa impostazione viene ripensata. La Consulta afferma con limpida determinazione che il diritto di un bambino a crescere in un contesto familiare non può essere condizionato da vincoli ormai anacronistici.
Meritocrazia Italia accoglie con favore questa decisione, che segna un avanzamento verso una concezione più ampia e inclusiva della genitorialità, capace di riconoscere il valore autentico delle relazioni umane al di là di ogni convenzione. Ma una pronuncia, per quanto significativa, non è sufficiente. È necessario che il legislatore ne colga il senso profondo e lo traduca in una riforma organica, che renda le adozioni nazionali e internazionali più rapide, meno complesse nell’iter burocratico ed economicamente più accessibili, nel rispetto dell’unico principio che davvero conta: garantire a ogni bambino il diritto a una famiglia, a una guida, a un affetto stabile e duraturo.
Per questo Meritocrazia torna a chiedere
– una deburocratizzazione delle procedure d’adozione, da riportare a uniformità sull’intero territorio nazionale, con riduzione dei termini per le adozioni internazionali, intervenendo sia sul tempo che corre tra domanda di disponibilità e idoneità (in media di 10 mesi), sia sul periodo tra il conferimento dell’incarico all’ente autorizzato e l’effettiva adozione (che per lo più dipende dai Paesi stranieri);
– una Commissione per le adozioni internazionali effettivamente operativa, con incontri calendarizzati e sollecita nel confronto con le delegazioni straniere, disposta ad aprirsi anche a nuovi Paesi e a mantenere rapporti diplomatici efficaci, e capace di promuovere missioni all’estero per discutere di adozioni internazionali e patti bilaterali;
– maggiore trasparenza, con l’istituzione di una banca dati nazionale dei minori italiani adottabili, e la pubblicazione annuale dei dati relative alle adozioni internazionali, con indicazione precisa del Paese di origine e dell’età dei bambini che arrivano in Italia;
– la riduzione dei tempi di permanenza dei minori presso le case famiglia o le comunità educative, tenuto conto della provata maggiore probabilità di ritardi psicofisici e nello sviluppo cognitivo rispetto ai coetanei collocati in famiglia adottiva;
– interventi sul ‘post adozione’, con la costituzione di èquipe multiprofessionali quali punto di riferimento dopo l’ingresso in famiglia e nel tempo, comprensive di psicologo dell’età evolutiva, psicologo della famiglia, pedagogista, neuropsichiatra e pediatra;
– preparazione e formazione specifica per gli operatori che lavorano a diverso titolo in questo ambito, con percorsi specifici fin dal periodo universitario;
– l’attivazione di percorsi di gruppo per i genitori adottivi (o anche gruppi misti con genitori non adottivi) di potenziamento e di arricchimento, per valorizzare le risorse e trasmettere le competenze, per creare rete tra genitori e reti con il contesto sociale e con i servizi del territorio.
Stop war.