STRATEGIE DI RIPRESA

STRATEGIE DI RIPRESA

Parola chiave: ‘pianificazione’

Nel primo semestre del 2022, il caro materiali e il caro energia hanno vanificato le attese e le stime originarie, rallentando l’attuazione degli interventi del PNRR.

Gli enti locali, a causa del farraginoso meccanismo di ristori alle imprese di costruzioni previsto dai decreti ministeriali, si sono visti costretti ad attingere dalle proprie risorse di bilancio, mentre le imprese hanno ridotto i ribassi in gara a causa della tensione sui prezzi delle materie prime.
Anche sul versante delle famiglie, lo scenario si prospetta tutt’altro che roseo: in inverno l’energia e il riscaldamento potrebbero essere razionati, le bollette saranno per certo più care e l’inflazione eroderà stipendi, pensioni e risparmi.
Le PMI italiane temono di essere costrette ad aumentare i prezzi finali di prodotti e servizi per riuscire a sostenere la stangata in arrivo, mentre il 26% pensa di limitare gli orari di lavoro e di apertura, ad esempio anticipando la chiusura per consumare meno energia.

Il contesto internazionale ha riportato al centro della scena il tema della sicurezza energetica, tra dipendenza dall’estero e spinta alla transizione. L’Italia, anche a causa della scarsa dotazione di risorse naturali, è tra i Paesi europei energeticamente più dipendenti dall’estero: quasi tre quarti delle materie prime arrivano infatti da Paesi terzi (73% a fronte di una media Ue del 57%).
L’approvvigionamento italiano, inoltre, presenta una forte concentrazione in un numero limitato di Paesi caratterizzati da elevati profili di rischio geopolitico.

Diverse sono le strade percorribili per ridimensionare il problema della dipendenza energetica.
Tra le altre soluzioni vi sono il pieno sfruttamento della capacità di stoccaggio nel brevissimo periodo; il potenziamento della capacità di trasporto del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) e l’incremento dell’effettivo utilizzo dei metanodotti provenienti dal Nord Africa; la realizzazione di nuovi impianti per il gas naturale liquefatto, per consentire una rimodulazione delle importazioni nel breve-medio periodo.
A queste opzioni si aggiunge la necessità di accelerare la transizione verso un sistema più efficiente e meno dipendente dai combustibili fossili, puntando sulle energie rinnovabili.

In un orizzonte di lungo periodo, gli equilibri energetici e geopolitici potrebbero cambiare e alcuni Paesi potrebbero passare da importatori netti di energia a esportatori.
Grazie al posizionamento strategico e alla valorizzazione di reti e porti, l’Italia potrebbe candidarsi a diventare un hub di accesso al gas naturale e, in futuro, anche dell’idrogeno, facendo da ponte tra le due sponde del Mediterraneo e riacquisendo quella centralità che il posizionamento geografico e storico le hanno sempre assegnato.
Nel medio termine sarebbe, infine, opportuno innanzitutto sbloccare i 65 GW di parchi rinnovabili che renderebbero nell’immediato meno dipendenti dal gas russo.
Non meno importanti, la mappatura e l’ottimizzazione dei consumi delle pubbliche amministrazioni, l’aumento degli investimenti in soluzioni di indipendenza energetica come pompa di calore e fotovoltaico e, non per ultima, la tanto attesa predisposizione dei decreti attuativi in tema comunità energetiche.

Ma quel che è ancor prima doveroso è cambiare approccio.
Gli ultimi anni hanno costretto a gestire criticità di grossa portata, in un continuo stato emergenziale.
Il problema va risolto a monte. E la parola chiave è sicuramente ‘pianificazione’.
Perché non ci si continui a trovare impreparati.



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