Sul nuovo sistema di reclutamento dei docenti, MI chiede che sia dismessa la logica della ‘riforma dell’ultima ora’

Sul nuovo sistema di reclutamento dei docenti, MI chiede che sia dismessa la logica della ‘riforma dell’ultima ora’

Non si placano le proteste per i nuovi criteri di reclutamento degli insegnanti.

Si assiste, è innegabile, al progressivo deterioramento della qualità del servizio scolastico, affidato a soggetti non sempre adeguatamente formati, perennemente schiacciati dalla scure del precariato e da un’offerta che tende al ribasso rispetto alle esigenze della domanda. E al problema non si risponde con soluzioni davvero efficaci e concrete.

Nello scorso mese di agosto 2023, è stata firmata la nota riforma Bianchi che regola i nuovi corsi di formazione iniziale per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento.
Il decreto articola il percorso per l’abilitazione, il cui conseguimento è indispensabile per accedere al concorso pubblico e diventare insegnanti, in tre fasi: iscrizione ad un corso abilitante di formazione iniziale della durata di 1 anno, corrispondente a 60 CFU; concorso pubblico, e periodo di servizio finale della durata di un anno nelle scuole al termine del quale, previa valutazione positiva anche di quest’ultimo passaggio, sarà riconosciuto il ruolo di insegnante a tempo indeterminato.

Per vero, l’introduzione dei percorsi abilitanti era già prevista dalla l. n. 79 del 2022, ma già questa destava convinte opposizioni per la totale assenza di coinvolgimento, dal punto di vista del sostegno finanziario, dello Stato.
In altre parole, e questo è principalmente il tema su cui si concentrano le polemiche di queste ore, tale decreto non farebbe altro che foraggiare il mercato dei corsi universitari, specie privati e telematici, che di fatto rendono l’accesso alle carriere didattiche una prerogativa di pochi fortunati. Il costo medio di un corso abilitante si assesta intorno ad € 2.500,00. Questo contribuisce ad alimentare lo scoramento di coloro che già sono in condizioni economiche precarie e vivono maggiormente il peso dell’incertezza occupazionale.

Se si ridurrà il numero di insegnanti abilitati (per la barriera all’accesso segnata dall’impatto economico della misura, per le lungaggini della procedura selettiva complessiva), automaticamente si accrescerà quello legato alla carenza di organico e si esaspererà il problema della discontinuità didattica o del sovraffollamento delle aule con il conseguente precipizio sulla qualità dell’offerta didattica.

Meritocrazia Italia insiste affinché si abbandoni l’approccio della ‘riforma dell’ultima ora’ e la corsa all’idea del momento, per ripensare in termini strutturali una riforma organica e sistematica dell’intero ordinamento scolastico, che affronti una volta per tutte le carenze che affliggono il sistema istruzione nel suo complesso e alla radice.
Un approccio parcellizzato e settoriale sui singoli temi coinvolti nel corso degli anni ha solo contribuito ad aggravare i punti deboli del sistema attualmente vigente. È a scuola che si acquisiscono e consolidano le competenze di cittadinanza richieste dal Paese e dall’Europa, e ciò è possibile solo perseguendo con visione la massima qualità possibile dell’offerta formativa, la sburocratizzazione delle procedure di reclutamento, l’ipertrofia normativa a opera dello stratificarsi di decreti d’emergenza, in generale nella non più tollerabile penalizzazione economico-finanziaria dell’intero comparto (dal punto di vista infrastrutturale, dell’edilizia scolastica, delle assunzioni per riportare ad una proporzione adeguata l’utenza e il personale).

Stop war.



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