Sul taglio pensioni dei medici, Meritocrazia chiede correttivi alla legge di bilancio
Alla luce delle prime anticipazioni giornalistiche, la prossima Legge di Bilancio prevederebbe ingenti tagli alle pensioni per i dipendenti pubblici (personale del settore scuola, giustizia, enti pubblici e settore sanitario, medici e infermieri) che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 e che, sino al 31 dicembre 1995, abbiano maturato un’anzianità contributiva compresa tra 1 settimana e 14 anni e 6 mesi. Si tratta di personale che avrebbe diritto a un trattamento pensionistico misto (retributivo-contributivo).
Il provvedimento dovrebbe ripercuotersi sulla uscita anticipata e sui rendimenti dei contributi versati.
In particolare, il requisito per l’uscita anticipata dovrebbe rimanere fissato a 62 anni di età e 41 anni di contributi, ma con alcune novità peggiorative. L’assegno verrebbe ricalcolato con il metodo contributivo e con un tetto massimo mensile pari a quattro volte il minimo, circa 2.250,00 euro lordi mensili (circa 1.750,00 euro netti). Questo tetto rimarrà fino ai 67 anni, età prevista per il pensionamento di vecchiaia, poi l’assegno verrebbe corrisposto in misura piena. Tuttavia, sono pochissimi i medici che generalmente esercitano tale diritto, sia per la ridotta entità dell’assegno previdenziale, sia per il divieto a svolgere attività libero professionale sino al compimento dell’età di 67 anni.
Il tema più doloroso è costituito dalle penalizzanti modifiche che inciderebbero sui rendimenti della parte retributiva della pensione INPS. Infatti, la Legge di Bilancio pare prevedere la modifica della tabella delle aliquote di rendimento della quota retributiva della prestazione previdenziale, che risale al 1995, peggiorando la rivalutazione della quota retributiva dell’assegno pensionistico.
In tal modo sarebbero colpiti tutti i medici che, sino al 31 dicembre 1995, hanno maturato un’anzianità contributiva da una settimana a 14 anni e 6 mesi. Con la conseguenza che, un medico che andasse in pensione dal 2024, con pensione ordinaria, 67 anni di età e 35 di contributi, con una pensione annua lorda di 30.000,00 euro, subirebbe un taglio di circa 4.432,00 euro all’anno; con pensione annua lorda di 40.000,00 euro subirebbe un taglio di circa 5.910,00 euro all’anno; con pensione annua lorda di 50.000,00 euro subirebbe un taglio di circa 7.387,00 euro all’anno;
Solo i medici dipendenti, che sino al 31 dicembre 1995 abbiano maturato un’anzianità maggiore di 14 anni e 6 mesi, non incorrerebbero nelle predette penalizzazioni previste dalla Legge di Bilancio.
Di fronte a tali penalizzanti ripercussioni economiche, i medici dipendenti, iscritti all’INPS, sono entrati in fibrillazione e i sindacati maggiormente rappresentativi (Cimo-Fesmed ed Anaao-Assomed) sono sul piede di guerra.
Dopo aver assistito agli esigui investimenti stanziati per puntellare il SSN (in buona parte bruciati dal vertiginoso aumento dell’inflazione), i medici rischiano di subire un taglio senza precedenti sulle proprie pensioni future, con una riduzione stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico. Una scelta che, oltre d evidenti dubbi di costituzionalità, incentiva circa 6.000 medici e 13.000 infermieri, che hanno maturato i requisiti per la pensione, ad abbandonare prima della fine dell’anno il proprio posto di lavoro, e che rischia di alimentare ulteriormente l’esodo del nostro personale sanitario verso Paesi disposti ad accoglierli con condizioni di lavoro, salari e pensioni migliori di quelle che l’Italia riserva loro.
Meritocrazia Italia comprende le enormi difficoltà incontrate dal Governo nel tentativo di salvaguardare i conti pubblici, ma chiede correttivi di vera sostenibilità a favore del SSN e di tutti i cittadini italiani, che, in ultima istanza, rischiano di vedere significativamente compromesso il proprio diritto alla salute.
Stop war.