Sull’opzione nucleare, non bagarre politica ma dibattito aperto e onesto
Il nucleare ritorna nelle proposte di Governo, generando, insieme, grandi entusiasmi e forti preoccupazioni per la sicurezza dei territori e dei cittadini.
Dopo che l’energia nucleare è entrata nella tassonomia delle attività sostenibili (EU Taxonomy for Sustainable Activities, il documento ufficiale che definisce per tutti i Paesi membri un sistema di classificazione delle attività che aiutano alla decarbonizzazione, avvenuta nell’aprile 2021), sono partiti in questi mesi diversi finanziamenti dell’Europa.
L’idea alletta anche l’Italia, nonostante i referendum avvenuti negli anni passati.
È anche vero che la ricerca ha fatto passi da gigante sui reattori nucleari e l’Italia partecipa alla progettazione dei famosi reattori di quarta generazione, che utilizzano il piombo come refrigerante anziché acqua o sodio e usano come combustibile il torio. Questa nuova tecnologia serve a ridurre drasticamente il volume dei rifiuti radioattivi prodotti, eliminando la necessità di un deposito geologico per gli elementi transuranici. Ha un uso molto più efficace del combustibile esistente all’uranio, mentre si procede verso l’uso del torio naturale. Soprattutto aiuta a evitare gravi incidenti nucleari, poiché il nocciolo del reattore rimane sempre subcritico e la cascata nucleare può essere interrotta istantaneamente spegnendo l’acceleratore.
Restano le criticità maggiori dei tempi di realizzazione e dei costi.
Si pensa di costruire il primo prototipo tra 5 anni, e poi ne occorrerebbero altri 25/30 per la realizzazione e la messa in sicurezza. A oggi abbiamo realizzato solo 3 reattori di terza generazione
A tutto ciò si aggiungano le problematiche proprie del tessuto italiano, come la mancanza della cultura delle manutenzioni (si pensi all’esperienza del ponte Morandi), le potentissime ecomafie e soprattutto la notoria incapacità di gestire anche un semplice inceneritore diventato radiativo (come quello di Acerra).
Non si sfugge all’esigenza di una strategia energetica a lungo termine.
L’Italia non possiede giacimenti significativi di gas naturale sul proprio territorio o di uranio in Africa. Il “petrolio” del nostro Paese è la posizione geografica, insieme alla morfologia del nostro territorio che permette di utilizzare tutte le fonti green disponibili (solare, geotermico, eolico e mareomotore). Con una progettazione sistemica per il posizionamento strategico di micro centrali e una adeguata legislazione che avvantaggi i piccoli produttori, si potrebbe ottenere una significativa autonomia energetica.
Anche l’idroelettrico è da ripensare, soprattutto a fronte dell’aumento della scarsità di precipitazioni che stanno impoverendo le montagne e le falde acquifere.
Meritocrazia Italia è favorevole a una politica di maggiore autarchia energetica, di autoproduzione eterogenea, che varia da territorio a territorio secondo le specifiche caratteristiche degli stessi e soprattutto, in ossequio all’art. 9 cost., con una produzione energetica a basso impatto sullo straordinario paesaggio della penisola italiana.
La scelta per il futuro energetico dell’Italia richiede un dibattito aperto e onesto, che consideri tutti i pro e i contro di ogni opzione, per garantire un futuro sostenibile al nostro Paese.
Stop war.