Timmermans-gate: la transizione green deve essere riportata a un progetto autentico

Timmermans-gate: la transizione green deve essere riportata a un progetto autentico

Il c.d. “Timmermans-gate” rischia di scuotere alle fondamenta la credibilità della Commissione Europea e del progetto di transizione verde, alimentando dubbi sulla trasparenza delle politiche ambientali comuni.
Se confermate, le accuse di collusione con le lobby ambientaliste getterebbero un’ombra pesante su quello che era stato presentato come un modello di sostenibilità e innovazione. Il Green Deal, pensato per coniugare progresso economico ed un equilibrio socio-ambientale, potrebbe rivelarsi uno strumento al servizio di interessi economici, lontano dai bisogni concreti delle comunità, e tutto questo vanificherebbe lo sforzo compiuto finora per avviare un reale cambiamento dei processi produttivi in direzione di una maggiore sostenibilità.

L’ambizione di ridurre l’impatto ambientale è necessaria e condivisibile, ma non può essere perseguita attraverso misure che ignorano le diversità territoriali e le capacità di adattamento delle economie dei Paesi membri, soprattutto di quelle più fragili. La corsa verso l’elettrificazione, simbolo di questa transizione, sembra più guidata da strategie industriali e geopolitiche che da una visione realmente sostenibile.

L’Europa rischia di sostituire una dipendenza strategica con un’altra, soprattutto nei confronti di giganti come la Cina, leader nella produzione di batterie e materie prime.
Dall’altra parte dell’Atlantico, la politica climatica degli Stati Uniti, con il neo eletto Presidente Donald Trump, caratterizzata da un ritorno ai combustibili fossili e da una visione di sfruttamento predatorio delle risorse naturali, rappresenta l’altra estremità di una contraddizione globale.
L’interesse per la Groenlandia e le opportunità economiche legate allo scioglimento dei ghiacci artici simboleggiano chiaramente un approccio che sacrifica la tutela ambientale in nome del profitto immediato. Laddove l’Europa rischia di cedere alla retorica green delle lobby, gli Stati Uniti scelgono di ignorare le sfide climatiche, creando così due modelli altrettanto problematici.

Meritocrazia Italia invita a una riflessione equilibrata. Non si tratta di rinunciare all’ambizione della transizione green, ma di ricondurla a un progetto autentico, che tenga conto delle specificità territoriali e delle necessità sociali ed economiche dei Paesi. L’Europa deve investire nella propria autonomia tecnologica, produttiva e di risorse, riducendo le dipendenze strategiche e garantendo maggiore trasparenza nell’utilizzo dei fondi pubblici.
Sul piano sociale, è indispensabile che le politiche superino la disconnessione tra istituzioni, cittadini, imprese e territori, coinvolgendo tutti gli attori in un dialogo costante e superando l’approccio top-down.

Meritocrazia chiede a tutte le forze della società di unirsi in un dibattito costruttivo e trasparente, per ripensare le politiche ambientali e restituire all’Europa la capacità di agire per il bene comune, senza cedere alle pressioni di interessi opachi. Allo stesso modo, auspica che gli Stati Uniti abbandonino l’approccio miope e unilaterale e riscoprano il valore della cooperazione internazionale

Stop war.



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