Tra la realtà e la finzione, scegliamo sempre la libertà
In questi giorni ho letto molto sulla storia di Elon Musk, sulle sue origini e sulla sua abilità nell’anticipare alcune sfide del prossimo futuro, dallo sviluppo di nuove forme di intelligenza artificiale, all’organizzazione di viaggi su altri pianeti, alla realizzazione di auto a emissioni ridotte o di nuove strade sotterranee.
Ha fatto tutto questo penetrando progressivamente l’idea politica, prima avvicinandosi ai democratici e poi partecipando attivamente alla campagna elettorale di Donald Trump, con una presa di posizione decisa.
Una missione svolta anche dando supporto ad alcuni Paesi in difficoltà, prendendo la scena a livello internazionale, in Europa e in Giappone. Facilitato dal fatto che i Governi di tutto il mondo hanno bisogno di far leva sullo sviluppo tecnologico per il miglioramento della qualità della vita di tutti.
Insomma, un modo di fare diverso da quello, ad esempio, di Zuckerberg, che ha scelto di occuparsi soltanto del suo mondo virtuale e non ha mai ambito ad affermarsi anche in altri ambiti, nella realtà delle dinamiche politiche e di governo.
Ma può una persona soltanto, per quanto capace e visionaria, avere in mano le redini del futuro dell’umanità?
Il pragmatismo spinto di questi tempi fa dimenticare che le civiltà crescono soprattutto grazie ai sogni e alle speranze. Sono sempre i sentimenti a muovere l’Uomo verso i traguardi più alti. La tecnologia è solo uno strumento.
Calamandrei, De Gasperi, De Mita, Andreotti, Spadolini, così come artisti del livello di Botticelli e Michelangelo, tra gli altri, non si sono serviti della tecnologia, ma della propria immaginazione, per creare qualcosa di nuovo e di utile per tutti.
Voglio dire che non sono certo che l’innovazione tecnologica basti a garantire il raggiungimento di livelli adeguati di vero benessere. Non sono certo che affidarsi a robot incapaci di provare emozioni possa favorire davvero la nostra crescita.
Ci stiamo già abituando a un mondo senza sentimenti, a un mondo di haters.
Se questo fenomeno della progressiva disumanizzazione delle relazioni non trova freno nelle resistenze culturali di chi crede nell’uomo e non nella tecnologia, sarà perso per sempre anche quel senso di fratellanza che può consentire di conservare gli equilibri nel mondo.
Disorienta i cittadini vedere che anche le Istituzioni, di estrazione sociale popolare, cedono al fascino di una personalità come Musk, al quale si attribuisce così un potere immenso. Un potere tale da far sì che si senta legittimato a criticare aspramente i nostri organi di giustizia, mettendone in discussione la matrice stessa.
Tutto questo deve far pensare, deve aprire a una riflessione che si traduca in azioni a beneficio della comunità.
Una sana indignazione deve far risvegliare la società, pesare quanto c’è di positivo e di negativo in quello che accade intorno. Per capire se davvero Musk può essere scelto dal popolo come saldo punto di riferimento.
Serve una crescita culturale diversa, perché solo con la cultura si vincono le battaglie comuni. Diversamente, non saremo mai davvero liberi. Saremo sempre incudine, e non conteremo mai nulla. Resteremo del tutto ininfluenti.
Il sopravvento della tecnologia fa davvero parte del futuro che vogliamo?
Una realtà artificiosa, in cui non c’è sacrificio, tutto è già pronto e odori e sapori non si sentono più, è davvero quello che ci serve per stare meglio?
Forse è soltanto quello che desidera chi da tutto questo trae incredibili guadagni.
Mi meraviglia l’indifferenza dei tanti che non si interrogano su questo, e si fanno bastare, passivamente, quello che sta accadendo perché non hanno tempo per il confronto e per dare un contributo alla creazione di un pensiero differente.