TURISMO SOSTENIBILE: MODELLI DI FATTIBILITÀ
L’Italia ha mostrato per lungo tempo difficoltà nello sviluppare politiche coerenti e durature sul turismo. Ma può ancora affermare e far riconoscere il valore del proprio patrimonio, se le politiche di sviluppo sostenibile rappresentassero una strategia condivisa e si puntasse sul diffondere, misurare e fare percepire benessere equo e sostenibile (BES); questo articolo spiega come fare.
L’Italia, per trarre pieno beneficio dalla forte espansione di flussi in attesa nei prossimi anni, che come prevede l’UNWTO (l’Organizzazione Mondiale del Turismo) attende di crescere in media del 3,3% all’anno fino al 2030 (https://www.e-unwto.org/doi/pdf/10.18111/9789284420605), dovrebbe migliorare le proprie politiche turistiche per un posizionamento strategico convergente tra imprese e comunità e, di conseguenza di programmare, in modo allineato, le azioni pubbliche e private. Diverse ricerche, non ultime quelle della Banca d’Italia (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2019-0505/QEF_505_19.pdf), affermano che tali sforzi dovrebbero:
– adottare una visione a 360° per orientarsi sullo sviluppo capace di collegare il turismo agli altri settori rilevanti, come ad esempio i trasporti, l’agricoltura ed il terzo settore;
– promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo, anche per far conoscere aree satelliti, tuttora poco note, per contenere l’impatto del sovra-turismo nelle città di maggior richiamo;
– migliorare la collaborazione tra le strutture turistiche, che in Italia sono rappresentate da piccole imprese, spesso a gestione familiare e potenziare il livello di istruzione dei lavoratori e dei manager, attualmente posizionato al livello più basso della media europea.
Adottare una visione a 360° implica saper andare oltre la visione solo ambientale, puntando non solo sull’evitare qualcosa, in termini di sfruttamento, esaurimento e alterazione irreversibile, bensì sul valorizzare la creatività umana, la cultura, la capacità di rispondere in modo flessibile ai bisogni di benessere dell’ospite. Ed è qui che l’Italia può cogliere le opportunità per il suo posizionamento strategico, da un lato perché può enfatizzare i valori dell’ospitalità mediterranea (della convivialità, del bello, sano, buono e del rispetto delle diversità), dall’altro perché è il primo paese dell’Unione europea e del G7 ad includere nella propria programmazione economica – oltre al Prodotto Interno Lordo (PIL) – l’indice di Benessere Equo e Sostenibile (BES) per monitorare l’evoluzione di diverse dimensioni del benessere che deve essere fatto percepire dai turisti, ma anche preservato per le generazioni future.
Il riferimento al «benessere equo e sostenibile percepito» eleva l’asticella a cui le imprese devono tendere. Non solo migliorare il loro impatto ambientale e rendere credibile l’impegno assunto con certificazioni di parte terza (es. certificazioni di sistema e di prodotto: ISO 14001, EMAS, ECOLABEL, CARBON FOOT PRINT,…), per dimostrare la capacità di ridurre l’inquinamento ed avviare l’economia circolare con progetti di riuso/riciclo/recupero come ad esempio il recupero dell’olio di frittura per la produzione di biocarburanti o il riutilizzo delle plastiche per contribuire positivamente allo sviluppo delle economie locali). Ma anche valorizzare chi è capace di gestire in modo equilibrato tutte le risorse, tangibili ed intangibili ed impegnarsi sui temi fondamentali quali: organizzarsi per rendere i loro prodotti/servizi accessibili in modo equo; prestare attenzione ai diritti umani, alla salute, alla sicurezza dei lavoratori e dei clienti e ai loro bisogni di provare emozioni di benessere.
Far conoscere aree satelliti ancora poco note e contenere l’impatto del sovra-turismo richiede capacità di superare l’approccio di programmazione esclusivamente basato sul PIL portando l’attenzione sull’effetto delle politiche sulla qualità della vita delle comunità locali. Strategia fattibile con la l. n. 163 del 2016 che ha riformato la legge di bilancio, infatti, e che richiede ai territori di utilizzare l’indice BES a supporto della programmazione finanziaria (come ad esempio ha fatto la Regione Puglia con la l. 31 ottobre 2019, n. 47) e reso facilmente accessibile anche per i piccoli comuni nella Guida per il rapporto del BES organico per comuni, scritta da Demetrio Miloslavo Bova e pubblicato da Franco Angeli (https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?ISBN=9788891787125).
Ma se da un lato c’è chi valuterà gli effetti delle politiche pubbliche, a monte chi si occuperà di progettare e pianificare iniziative sostenibili?
Ad aiutare le imprese a specificare questi requisiti ambientali, sociali ed economici, ci pensa ad esempio la ISO 21401 «Turismo e servizi correlati – Sistema di gestione della sostenibilità per strutture ricettive – requisiti» (https://www.iso.org/standard/70869.html), come strumento per migliorare la gestione sostenibile sia nel settore ricettivo che nell’industria del turismo nel suo insieme. Ma per far sì che il turismo sostenibile sia veramente una via per lo sviluppo, occorre andare al cuore della problematica facilitando il modo con cui gli attori territoriali si organizzano per creare progetti di ospitalità.
Migliorare la collaborazione tra le strutture turistiche significa saper riconoscere il loro posizionamento strategico puntando sul valore identitario differenziante; potenziare la «capacità collettiva di agire ed innovare in un determinato spazio»; misurare i risultati ottenuti, facilitare il racconto delle scelte fatte ed educare i consumatori a percepirne il valore in termini di benessere individuale e collettivo.
Tenendo conto che alcuni consumatori, definiti, «Lifestyles of Health and Sustainability», già considerano il benessere e la salute del pianeta, come un vero e proprio stile di vita, e cercano prodotti/servizi capaci di rispondere alle loro aspettative. Avendo una elevata cultura della sostenibilità, sanno che alcune scelte sostenibili portano con sé riduzione dei costi (es. efficienza energetica, share economy, …) quindi si aspettano di nutrire corpo, mente e anima ad impatto zero ad un giusto rapporto qualità/prezzo. Molti altri consumatori devono però essere ancora educati ad apprezzare la cultura della sostenibilità.
Ma attenzione anche al modo con cui si educa.
A nessuno piace che gli siano imposti comportamenti, seppure corretti. Enunciare regole e principi è controproducente, occorre saperli indurre facendo provare un’esperienza di valore. Il turismo è esperienza di accoglienza e tutto deve essere ragionato in questa ottica. Il turista vuole stare bene, non esser giudicato. Ma è sempre disposto ad imparare dalla sua esperienza. Per questo è importante che siano diffusi progetti di ospitalità territoriale.
Su queste esigenze, nasce il modello di sviluppo sostenibile partecipato LICET® che aiuta le imprese e le amministrazioni a ‘parlare’ la stessa lingua del consumatore (cittadino/turista). LICET® è anche un marchio collettivo collaborativo, messo a punto dall’Associazione culturale Aregai-Terre di Benessere (https://aregai.it/) per affrontare le sfide di sostenibilità, con un sistema di governance intelligente, basato su un’evoluzione del ‘command and control’ verso lo sviluppo di un sistema partecipato che valorizza la proattività ed il merito.
La condizione base con cui LICET® misura il merito è definire il valore delle scelte e azioni secondo i 5 seguenti aspetti, le cui iniziali compongono la parola latina LICET che significa è possibile.
LICET® consente alle amministrazioni, alle aziende e alle persone che operano sul territorio di avviare un processo evolutivo basato sull’equilibrio tra il valore prodotto e percepito relativamente al Legame con il territorio, all’Innovazione, alla Competitività, all’Eco-sostenibilità, alla Tutela della sicurezza e salute dei consumatori e dei lavoratori.
Il modello LICET® è stato confrontato con altri modelli europei, americani e cinesi, risultando il più completo per la sua visione a 360°. Anche valutato da UNESCO per la didattica, ha dimostrato di avere una identità italiana unendo alle classiche tre dimensioni della sostenibilità, il valore della storia e del senso del luogo e quello dell’innovazione, della flessibilità e della creatività.
Il modello prevede un percorso di condivisione, misura, comunicazione e crescita e strumenti di certificazione del merito per creare una nuova cultura secondo l’approccio al ciclo di vita del prodotto/servizio, attraverso:
– la SMART LABEL LICET® che fotografa la proattività e la capacità di gestire in modo equilibrato le risorse con la proiezione di diagrammi di facile comprensione ed una sintesi che evidenzia in modo trasparente punti di forza e di miglioramento.
– Il MARCHIO COLLETTIVO COLLABORATIVO LICET® che valorizza chi applica metodologie di progettazione e valutazione partecipata (autovalutazione, valutazione tecnica e analisi dei feedback) per ascoltare e soddisfare specifici bisogni di benessere della comunità e attuare un miglioramento sistemico certificabile, anche in correlazione con il BES (Benessere Equo e Sostenibile), con gli obiettivi SDG dell’agenda ONU 2030 e con le principali normative internazionali ISO sullo sviluppo sostenibile.
Il metodo di valutazione partecipata permette di coinvolgere i vari attori del ciclo di vita di un prodotto/ servizio, anche le realtà più piccole che difficilmente sono interessate ai sistemi di certificazione ISO (qualità, ambiente, energia…) favorendone così la piena integrazione nel progetto/programma di miglioramento.
AREGAI sta dimostrando le potenzialità di questo modello concentrando l’attenzione sul ciclo di vita del pasto convinta che nel piatto tutti possano vedere e percepire il valore del comportamento umano e della proattività delle azioni per garantire benessere equo e sostenibile. Dalla valutazione di cosa c’è nel piatto si determina la qualità di vita del territorio, la sua organizzazione ed il ruolo del ristoratore come ‘Alfiere del Territorio’, che non solo cura e propone le tipicità territoriali, bensì ne migliora la food experience, trasformando il luogo in destinazione turistica.
Per capire come funzione l’osservazione in chiave LICET immaginiamo di indossare un paio di occhiali con cinque lenti di colore: marrone per il legame con il territorio (es. offerta enogastronomica con prodotti locali, a filiera corta e a valenza storico-culturale); giallo per l’innovazione (es. menù variegato con piatti per tutti i gusti e flessibilità per personalizzare l’offerta anche sulle modalità di consegna); rossa per la competitività (es. staff preparato, materie prime di qualità ad un prezzo per ogni tasca e modalità di pagamento); verde per l’eco-sostenibilità (prodotti stagionali e attenti alla biodiversità, processi non inquinanti, gestione dei rifiuti, riduzione degli sprechi e uso di risorse rinnovabili); blu per la tutela delle persone (pasti etici e nutrizionalmente bilanciati, attenti ai bisogni speciali da consumare in un clima conviviale).
La validità del modello LICET® per il monitoraggio della sostenibilità generata su un territorio, si distingue per:
– l’utilità di misurare risultati in itinere, essere fruibile anche da piccole realtà ed essere propedeutico ad altri sistemi di certificazione;
– la capacità di condurre amministratori pubblici ed imprenditori ad adottare un’economia di obiettivi sostenibili scalabili, in termini di generazione di benessere per l’azienda, la società ed il visitatore;
– la sua semplicità di lettura e comprensione per il consumatore, in quanto utilizza un linguaggio condivisibile e comune;
– il suo spettro di applicabilità, sia verso il settore privato che pubblico, in quanto basato sulla condivisione di obiettivi e su una visione olistica d’insieme.
Il modello LICET® è stato utilizzato in numerose esperienze, come:
– dal 2010 quando è stato applicato per la prima volta alle cucine dell’ospedale di Asti per dimostrare come le scelte virtuose di una pubblica amministrazione si riflettano sul valore percepito di accoglienza e benessere territoriale anche in situazioni di emergenza (https://www.youtube.com/watch?v=meg0gg6YxIk);
– alla ‘colazione monferrina’ come format per la comunicazione e la collaborazione per l’ospitalità di un territorio (http://www.mediterraneaconsulab.com/2019/11/24/ospitalita-sostenibile-due-progetti-in-itinere-ed-un-metodo-concreto-per-monitorare/);
– al premio nazionale BEZZO (https://aregai.it/blog/il-premio-bezzo-raccontato-dal-gruppo-crai/) vinto negli anni dal Comune di Casale Monferrato per il capitolato di appalto di ristorazione collettiva, da Ginger People & Food del Comune di Agrigento e che 2020 vedrà il coinvolgimento degli istituti scolastici Alberghieri e della Ristorazione per la valutazione della sostenibilità dei PTOF (Piani Triennali dell’Offerta Formativa).
Di ENZA LARETTO
[Immagine da Pixabay]